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Unità: Ricerca, «patto» con la Germania per non perdere il treno dell’Europa

Mussi sigla accordi su super-staminali e alta tecnologia: «Non possiamo negarci il futuro». In ballo 53 miliardi di euro dell’Ue

09/11/2006
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l'Unità

di Marco Bucciantini inviato a Heidelberg (Ger)

Soldi. Sempre quelli, maledetti e subito: «Sapete quanto spende l'università della California?», domanda il ministro della Ricerca e dell'Università Fabio Mussi. «Un miliardo di dollari». Si tratta della ricerca sulle cellule staminali totipotenti. Cioè in grado di fare molto, se non proprio tutto. E soprattutto senza complicazioni etiche, perché derivate da quelle adulte, per buona pace degli embrioni, che ancora giacciono nelle celle fredde, bloccate - in Italia - dalla legge 40 del centrodestra, congelata dalle divisioni sulla materia del nuovo governo. Si studiano anche in Europa, ad Hedeilberg, dove adesso servono almeno 25 milioni di euro chiesti ai due più affezionati soci di questa ricerca: Italia e Germania. «Dobbiamo fare la nostra parte. Un passo indietro, oggi, è come negarsi il futuro».
La ricerca è un patrimonio che non riesce a esprimersi: idee, talento, voglia. Qualità che vanno foraggiate. Così in questo viaggio in Germania Mussi s'attacca al telefono di prima mattina: «Cerco il ministro Padoa-Schioppa». Non lo trova, poi si parlano in serata, una notizia buona (qualche milione in più in Finanziaria per la ricerca) una drammatica (tagli quattro volte maggiori alle spese del ministero). Se parlano gli occhi, a Mussi il conto non torna. Dovrà impoverire gli enti di ricerca, che è sempre il peggiore dei delitti: «In Italia ci sono 67 mila ricercatori, pochi se confrontati con gli altri paesi. E i nostri sono i terzi al mondo per produttività pro-capite. Ci fossero centomila ricercatori, e si dedicasse alla questione un millesimo del tempo perso a parlare delle pensioni saremmo una potenza mondiale... ».
Le belle notizie non trovano posto nei giornali. «La ricerca in Italia non va sottovalutata, né ridicolizzata - dice Vincenzo Dovì, addetto scientifico della nostra ambasciata a Berlino - Il centro di Modena che sperimenta le staminali per la cura degli occhi ha curato 300 pazienti, totalmente ciechi, che hanno ritrovato la vista». Quella università, insieme ad altre quattro del nostro paese, collaborerà con le «sorelle» tedesche in progetti di ricerca che si praticheranno ad Heidelberg, nell'istituto europeo di biologia molecolare, «nel quale l'Italia crede, finanziando il fondo per il 14%», ricorda Mussi. Da scrivere nella voce investimenti, con la «I» maiuscola. Per fare un esempio sempre ad Heidelberg c'è Centro nazionale per i tumori. Ogni anno arrivano circa 7500 nuovi pazienti (400 dei quali italiani). In questa regione tedesca - dove il rapporto fra investimenti nella ricerca e Pil è del 4% - si usano macchine per la radioterapia innovative, che attraggono «clienti». E salvano vite.
Questa trasferta in Germania è servita a rilanciare la partnership con i tedeschi, alla vigilia del semestre Ue guidato dal cancelliere Merkel che coincide con l'avvio del settimo programma quadro dell'Ue sulla ricerca: «ballano» 53 miliardi di euro in sette anni per vari settori. «Un risultato fondamentale, dopo anni di disinteresse», fa il ministro dopo l'incontro con la collega tedesca Annette Schavan. Con la Germania sono già in corso vari progetti comuni, soprattutto nell’aerospaziale, «dove - spiega Mussi - consumiamo il 40% dei soldi della ricerca, perché è un settore con forti ricadute nelle nuove tecnologie». Ci sono nuove sfide: «Ho dichiarato - annuncia il ministro - l'intenzione dell'Italia, anche su sollecitazione tedesca, a partecipare a due progetti di grandi infrastrutture di ricerca, che sono il laser ad elettroni liberi di Amburgo e la macchina ad adroni di Darmstadt».
Ci sono spazi - in senso lato - da prendere e coltivare. Gli studi confermano che ogni dollaro speso in ricerca ne produce quattro. C'è un ministro dall'altro capo del telefono che deve fare i conti e sistemare il debito, ci sono professionisti della lacrima che chiedono, chiedono, e poi tengono stretta la mano in tasca: «I privati investono nella ricerca. Serve per loro, per la nazione dove devono fare affari. In Europa per ogni euro investito dallo Stato ce ne sono due messi dagli imprenditori. In Italia è l'opposto: un euro lo Stato, mezzo i privati».