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Unità: Schegge di fascismo tra i banchi di scuola

Marina Boscaino

25/11/2007
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l'Unità

La Costituzione italiana vieta qualunque recrudescenza di fascismo. Nonostante ciò le scuole romane - e non solo, ne sono certa - sono state recentemente teatro di episodi che contraddicono apertamente questo divieto. Episodi agghiaccianti, come quello verificatosi durante il corteo nazionale del 12 ottobre, al termine del quale uno studente è stata ricoverato con 15 punti di sutura in testa; oppure l’aggressione agli studenti del liceo Tasso «ad opera di chi sostiene di volantinare, ma lo fa armato di cinghie e manganelli»; o ancora il pestaggio di tre ragazzi in un parco di Ostia. Per non parlare delle scritte intimidatorie comparse davanti al liceo Aristofane all'indirizzo di due ragazze lesbiche, firmate da celtiche e svastiche.
Questa allarmante recrudescenza di neofascismo è stato il tema di un incontro presso la Casa della Memoria e della Storia, organizzato dall'Anpi e da alcune associazioni studentesche: un momento importante, che concretizza in maniera significativa un simbolico «passaggio di testimone» tra generazioni lontane. E la necessaria, lungimirante consapevolezza che solo coinvolgendo i più giovani sarà possibile continuare a far vivere realmente come fondativi della democrazia nel nostro Paese i valori incarnati dalla Resistenza. L'incontro si è concluso con un appello indirizzato al ministro Fioroni «affinché siano predisposte adeguate misure per far sì che non possano esserci, nelle scuole, propaganda e rappresentanza studentesca con idee di matrice evidentemente neofascista». E al quale hanno già aderito Alessandro Portelli (storico e delegato del Comune alla memoria), Rosario Bentivegna (medaglia d'oro della Resistenza), il filosofo Gianni Vattimo, l'ex calciatore del Livorno Cristiano Lucarelli, politici del centrosinistra tutto, i Cobas scuola e l'Arcigay Roma.
È innanzitutto una contraddizione stridente, oggi, parlare di fascismo e scuola. Perché è la Costituzione stessa che rimarca la funzione che la scuola pubblica ha in quanto veicolo di democrazia. La scuola in quanto «luogo privilegiato di cultura e partecipazione» non può essere «terreno per una propaganda vergognosa e squallida che tenta, sfruttando la crisi di memoria storica, di riportarci nei periodi peggiori della nostra storia».
Già, la crisi di memoria storica. Un vero e proprio delitto contro l'umanità. L'umanità di bambini e ragazzi, che saranno cittadini di domani: sollecitati prevalentemente ad essere consumatori acritici da un mercato che la fa da padrone, su tutti e su tutto; destinatari di messaggi mendaci, di un'informazione che disinforma; distratti da sogni che per lo più li porranno davanti alla propria inadeguatezza, alle ambizioni sbagliate. Perché saranno pochi a realizzare i propri sogni, tutti storicamente e televisivamente determinati dalla mancanza di idealità e di un progetto che non omologhi l'esistere con il possedere materialmente.
La crisi della memoria storica implica anche, stridentemente, il fatto che svastiche, celtiche, spranghe, catene sono disperati tentativi di autoaffermazione più che frutti di opzioni consapevoli, per quanto scellerate. Sono scelte di campo casuali, determinate più dalle schegge impazzite dei destini individuali di un mondo senza valori, che dalla ricerca e dalla metabolizzazione di conoscenze e convinzioni basate su di esse. È difficile contrastare l'ondata massificante della scelta di campo per omologazione e ignoranza. Quasi più che quella basata sul convincimento e la conoscenza.
La scuola pubblica - per sua stessa natura, resistendo quanto può alle sirene suadenti del mercato, alle quali pure non è sorda, che la intrigano, la tentano, indebolendola inevitabilmente, complice anche una politica che disinveste economicamente e culturalmente - deve esercitare la propria funzione di intransigente baluardo contro questa deriva di inciviltà e di ignoranza. Perché l'esercizio della memoria prevede vigilanza, convinzione, motivazione; la consapevolezza e la costanza delle proprie ragioni, che solo autorevolezza e determinazione - nonché un'interpretazione squisitamente politica nel senso letterale del termine del nostro lavoro - possono sottrarre a lusinghe di carattere differente. Sarebbe importante che politica e amministrazione potenziassero con atti concreti questa funzione.
Riconoscendo alla scuola pubblica - non solo a parole, ma anche con un investimento sul rafforzamento delle modalità di trasmissione delle competenze di cittadinanza - il ruolo che può e deve avere. Nessuna iniziativa pure pregevole - viaggio della memoria, giorno della memoria - potrà mai avere un effetto analogo alla mobilitazione permanente della scuola, alla vigilanza intransigente; al recupero, attraverso la cultura - le culture - e la relazione educativa di consapevolezza e di ricerca di senso che fanno dell'uomo una persona e un cittadino migliore. Investire nella resistenza della scuola alle seduzioni dell'indifferenza e del disimpegno. Investire nella resistenza all'oblio della Resistenza e dei valori sui quali la democrazia italiana è stata fondata.