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Unità: Scoprono una galassia, pubblicano su Nature Ma quei ricercatori restano precari

ISTITUTO DI RADIOASTRONOMIA DI BOLOGNA

21/10/2008
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l'Unità

Gestisce una vera e propria rete di telescopi, che hanno il compito di intercettare i segnali radio che provengono dai corpi celesti, fonte di informazioni preziosa, se si vuole carpire qualche segreto in più dall’Universo. Si tratta dell’Istituto di Radioastronomia di Bologna (Ira), che nei giorni scorsi ha ricevuto lustro, proprio grazie ad un suo gruppo di giovani ricercatori che hanno fatto nuove scoperte su «Abell 521», un gigantesco sistema di ammassi di galassie in collisione. Una scoperta di grande portata, tanto da trovare spazio sulla prestigiosa rivista scientifica Nature.

Uno dei telescopi della rete si trova a Medicina, vicino a Bologna; ha un diametro di 32 metri e ha appena compiuto 25 anni. Una seconda antenna si trova a Noto, in Sicilia e un’altra ancora è in costruzione in Sardegna, e avrà un diametro di 64 metri. L’ultimo nodo della rete è il telescopio «Croce del Nord», il più «anziano», con oltre quarant’anni di vita. Si chiama in questo modo proprio per la forma con cui lo hanno costruito. A dire il vero non è andata proprio così: la croce era sì la forma che avrebbero voluto dargli, ma la mancanza di risorse finanziarie ha impedito di costruire l’ultimo braccio dello strumento, che ha preso la forma definitiva solo di una «T».

La mancanza di fondi sufficienti rimane ancora oggi la nota dolente dell’Istituto, che può contare sulla presenza stabile di una ventina di ricercatori confermati; tuttavia, buona parte della ricerca viene svolta grazie al prezioso contributo di un gruppo di assegnisti di ricerca, vittime del precariato, che vivono nella speranza di potere, prima o poi, trovare una stabilizzazione definitiva. «In effetti qui all’Ira c’è un bassissimo turn over», spiega Franco Mantovani, ricercatore confermato. «Chi va in pensione - prosegue - non viene rimpiazzato da giovani ricercatori, per mancanza di concorsi. Questo comporta un forte impoverimento nella ricerca scientifica, ci lasciamo sfuggire giovani di grande valore, che si vedono costretti ad emigrare all’estero per poter contare su una carriera dignitosa».

La stessa scoperta approdata su Nature è lo specchio fedele di questa situazione. L’hanno infatti condotta due giovani ricercatrici di Bologna, precarie, di cui una appena emigrata all’estero. Le due ragazze hanno guidato, insieme ad altri colleghi bolognesi, un gruppo internazionale di scienziati in una scoperta che ha aperto la strada alla rivelazione di aspetti dell’universo non ancora conosciuti. Rossella Cassano è, delle due ricercatrici, quella che non si è ancora arresa all’idea di essere per forza costretti ad andare all’estero, per svolgere una carriera dignitosa. È al secondo anno di un assegno di ricerca presso l’Inaf-Ira. E poi? Al termine di quest’anno? «Mi aspetta un periodo poco roseo, fumoso. Certo, spero in un concorso per ricercatore, ma chi può saperlo? Ti dai da fare, sei lanciata in una continua corsa a produrre, senza poter contare su una stabilizzazione vera. Mi auguro che l’Italia capisca quanto sia importante investire in noi giovani».

L’Ira è nato come Istituto del Cnr nel 1970, da un pre-esistente laboratorio universitario formato da ricercatori, ingegneri e tecnici, che avevano progettato e costruito la «Croce del Nord». La progettazione fu condotta sotto la guida di Marcello Ceccarelli, considerato il padre della radioastronomia italiana. Dal gennaio 2005, l’Ira fa parte dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf). Grande scuola, insomma, che la mancanza di risorse rischia di disperdere poco a poco. Tra le altre, l’Ira (www.ira.inaf.it) ha una missione ben precisa: quella di avvicinare il più possibile le persone ai misteri del cielo. Questo ce l’ha proprio a cuore, tanto che ogni anno si impegna in una serie di attività di divulgazione indirizzate a tutti, adulti e bambini. E ci riesce davvero bene in questa missione, se è vero che l’anno scorso sono passate dal solo Centro visite Ceccarelli oltre 5000 persone. Tutte interessate a quei misteri dell’universo che, nonostante tutto, l’Ira vorrebbe continuare ancora a svelare.