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Unità: Scuola, la Camera dà fiducia a Gelmini

È la sesta del governo in 4 mesi. Fioroni: un fatto senza precedenti nella storia repubblicana

08/10/2008
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l'Unità

di Federica Fantozzi / Roma

LA SESTA FIDUCIA del governo in quattro mesi di vita arriva a fine giornata, tra i banchi vuoti e le scintille Casini-Fini. È la prima sulla scuola, «senza precedenti nella storia repubblicana» ricorda Fioroni. Esito scontato: passa con 321 sì, 255 no e 2 astenuti.
Dopo il maxiemendamento sostitutivo dell’intero decreto Gelmini, la giornata di oggi sarà dedicata agli ordini del giorno. Giovedì pomeriggio il voto finale con diretta tv e big al microfono.
Intanto le dichiarazioni di voto filano come da copione. Annunciano il no IdV, Udc e Pd: si chiama riforma Gelmini ma dietro c’è solo Tremonti. Al punto che l’ex ministro dell’Istruzione medita nel suo intervento di giovedì di rivolgersi solo al ministro dell’Economia. La maggioranza difende il decreto, anche la Lega ingoia i malumori che pure avevano fatto slittare i tempi. Sembra infatti che la graduatoria degli insegnanti resterà su base nazionale anziché locale, consentendo ancora i trasferimenti di prof dal Sud al Nord, e il Carroccio non ha gradito.
La dipietrista Silvana Mura riprende le parole del leader: «Una riforma che vende fumo negli occhi e ruba l’arrosto. Uno spot luccicante ma vogliono rottamare la scuola».
Poi la centrista Santolini: «L’unico criterio di urgenza che c’è alla base è venire incontro ai tagli di Tremonti». Maria Coscia del Pd denuncia «un attacco di gravità inaudita». La Gelmini, dice, «non ha mai cercato il confronto, non ha voluto tenere conto delle nostre proposte».
Si asterrà la Svp: Karl Zeller avverte che a Bolzano non approderà nessun maestro unico e definisce «l’ormai frequente accoppiata decreti-fiducia un vulnus nei rapporti tra Parlamento e governo».
Poca suspence in aula, banchi del centrodestra mezzi vuoti e del governo totalmente deserti (si riempiranno solo per il voto, con le due ministre Carfagna e Gelmini a chiudere ai lati). Veltroni chiacchiera con Pina Picierno, Fioroni con Alessia Mosca (entrambe in giallo), Lapo Pistelli abbraccia Marianna Madia. Nel settore forzista, l’ex sindaco di Aulla Barani ostenta il garofano rosso all’occhiello. Il capogruppo del PdL Cicchitto, con un piede ingessato, arriva sulla sedia a rotelle.
Fabio Garagnani, per il PdL, insiste sulla fretta: «La sinistra arroccata su posizioni estreme e ideologiche ci obbliga alla fiducia» e poi «nessun taglio ma una razionalizzazione». L’esecutivo spinge l’acceleratore. Il pacchetto scuola scade il 31 ottobre. E il clima, tra manifestazioni anche ieri davanti a Montecitorio, e minacce di occupazioni, non promette bene.
Proprio sull’«atmosfera strisciante» irrompe nel dibattito Casini con un duro attacco a Fini: il leader di An che presiede l’aula si becca del «qualunquista» dall’ex e ormai remoto collega di «subgoverno» .
Affonda Casini: «Si sta radicando un sentimento che se il Parlamento viene espropriato non è male perché è un ingombro al decisionismo del governo» Poi mellifluo: «Se un uomo intelligente come il presidente della Camera invita i deputati a lavorare di più sottintendendo che battono la fiacca alimenta il qualunquismo». Fini replica gelido «grazie per l’attestazione di stima, sa che è ricambiata» ma si arrampica: «Il mio invito non significa delegittimare il Parlamento ma dare il buon esempio».