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Unità: Scuole a norma, se no le chiudo, e lotta al precariato

«UN PATTO PER LA SICUREZZA tra Stato, Regioni e Comuni per finanziare la messa a norma del 50% delle scuole». Beppe Fioroni, ministro della Pubblica Istruzione, enuncia la “sua” Finanziaria. Con 200 milioni per le zone sismiche e 167 per le scuole private

18/08/2006
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l'Unità

di Federica Fantozzi / Roma

«UN PATTO PER LA SICUREZZA tra Stato, Regioni e Comuni per finanziare la messa a norma del 50% delle scuole». Beppe Fioroni, ministro della Pubblica Istruzione, enuncia la “sua” Finanziaria. Con 200 milioni per le zone sismiche e 167 per le scuole private .

Ministro, lei ha fatto mettere nel Dpef l’apertura delle scuole nel pomeriggio.Servirà contro la dispersione scolastica che alle superiori viaggia intorno al 25-30%?

«Per un governo di centrosinistra che ha puntato su un percorso di “ritorno a serenità e sicurezza”, il fondamento non può che essere l’autonomia scolastica. In stretto rapporto con le autonomie locali per lo sviluppo del territorio. La partita si gioca intorno al rendere la scuola punto di riferimento e di aggregazione nei piccoli comuni o nelle aree di disagio delle grandi città».

A un ex dc, cattolicissimo, gradito all’Istruzione dalle gerarchie vaticane, la domanda è inevitabile: il modello di riferimento sono le parrocchie?

«Non c’è un modello. Ognuno fa come vuole, autonomamente. Come Forcella e Scampia per i giovani del quartiere. Penso comunque a una collaborazione attiva con il terzo settore».

Risorse: dove le troverà?

«Il progetto è diverso dal prolungamento del tempo unico e dal doposcuola. È un presidio sul territorio. Ci saranno spese vive come luce, acqua, personale non docente, che andranno coperte».

Non sembrano grandi cifre.

«Le pensi per 10.800 scuole che diventano 44mila edifici. Ipotizzando, per esempio, 20mila euro a testa sono 100 milioni di euro».

Intanto però, i genitori si sentono chiedere dalle scuole un contributo per la carta igienica. La coperta è troppo corta?

«No, il bilancio è troppo rigido. Organizzato in modo che le scuole hanno quattro soldi e poi a livello centrale ci sono fondi inutilizzati o usati male. L’autonomia scolastica esiste dal ‘97 ma il bilancio è ancora tutto incentrato sull’organizzazione centrale o regionale. Non c’è un’autonomia di risorse. Servono ben più dei 100 milioni attuali».

Quanti soldi servono?

«Molti milioni in più. Ma la questione non è trovare risorse aggiuntive bensì razionalizzare quelle esistenti. Eliminare inefficienze e sprechi. Ha senso che supplenze brevi siano decise a livello ministeriale? Ha senso che le pulizie siano gestite con appalti regionali? E che gli incentivi e integrativi non siano definiti a livello locale? Più flessibilità di bilancio e decentralizzazione aumenteranno l’efficienza».

Dove altro serviranno risorse aggiuntive?

«Per l’edilizia scolastica. Mi rendo conto dell’importanza di docenti buoni e motivati, ma il 50% delle scuole italiane non è a norma. Ai nostri figli non è garantita la sicurezza, e Berlusconi negli ultimi anni non ha più finanziato la messa a norma. Il governo deve accelerare la costituzione di un’anagrafe delle scuole e quantizzare le somme. Poi serve un patto per cui 1/3 dei soldi venga dallo Stato, 1/3 dalle Regioni, 1/3 dagli enti locali».

Oggi è tutto a carico di comuni e province. Come pensa di riuscire a coinvolgere gli altri?

«Proporrò in consiglio dei ministri di non prorogare i termini della messa a norma finché non sarà attuato questo patto sulla sicurezza e le risorse saranno stanziate. Lo considero moralmente vincolante. È vero che oggi Stato e Regioni non hanno competenze, ma dopo 5 Finanziarie che hanno massacrato comuni e province lo Stato deve intervenire».

Quali le priorità per la scuola in Finanziaria?

«Oltre alla sicurezza, la lotta al precariato. E trovare 200 milioni di copertura delle delibere Cipe sulle zone sismiche e degradate. È un’emergenza vera».

Lei ha bloccato il prezzo dei libri per un anno dopo un accordo con gli editori. Ma gli zainetti pesano 10 kg. Non si può pensare ad accordi tra gli insegnanti?

«Credo in un ministero non dirigistico: la scelta dei testi spetta ai docenti. Con la Funzione Pubblica stiamo lavorando a nuove tecnologie come la lavagna interattiva e sussidi didattici diversi da quelli cartacei».

Ci sono state polemiche sui finanziamenti della Moratti alle scuole private. Invertirà la direzione?

«Le enunciazioni del governo Berlusconi non corrispondono ai fatti. I soldi alle scuole private è un luogo comune, folklore. La legge 62 sulla parità, che io intendo rispettare, l’ha fatta il governo D’Alema e ha fissato i contributi in 500 milioni di euro. Berlusconi li ha ridotti di 167. Chiederò che in Finanziaria vengano ripristinati. Sennò metteremmo in discussione il diritto alla scuola per il 48% dei bimbi delle materne».

In Libano, con quale mandato?

«La missione è un’opportunità straordinaria per costruire la pace nel mondo e in Medio Oriente e una ripresa di centralità Onu e Ue. Tanto più se saprà assumere i connotati di un seme di speranza per risolvere la madre di tutti i problemi che è il conflitto israelo-palestinese».

D’Alema è criticato dalle comunità ebraiche per la foto con un deputato di Hezbollah. Leggerezza o strumentalizzazione?

«Credo che ognuno di noi dia buoni consigli quando non vive di persona i fatti. D’Alema aveva l’obbligo di visitare le zone distrutte e, al di là di una foto che ha colto l’attimo fuggente, c’è il dovere dell’ospite verso chi lo ospita. Mi interesso non del braccio sotto cui stava ma del motivo della sua visita: documentarsi, come ha fatto anche in zone martoriate della parte opposta».

Il PD si è arenato?

«È un’opportunità vera per il centrosinistra. Lo faremo consapevoli che è un percorso a tappe».

Al momento scomparse dall’orizzonte politico.

«Non deve essere un’operazione di vertice ma mobilitare la base. E per motivare nuovi iscritti, oltre al programma di governo, bisogna chiedere l’adesione a una carta di principi e valori».

Tra cui, i valori del cattolicesimo democratico?

«Il PD è una scommessa per dimostrare che da una pluralità di culture può emergere una sintesi feconda. La cultura cattolico-democratica è fondamentale. Sennò non avremo il PD ma riedizioni di soggetti che hanno esaurito la loro funzione storica e che nessuno più ricorda».