Iscriviti alla FLC CGIL

Home » Rassegna stampa » Rassegna stampa nazionale » Unità: Se chiude l’Università

Unità: Se chiude l’Università

Nicola Tranfaglia

19/01/2007
Decrease text size Increase text size
l'Unità

Il significato simbolico e materiale, per così dire, della rinuncia da parte dell'Università di Firenze di celebrare con la solita cerimonia aperta alla città il prossimo anno accademico (2006-2007) è chiaro a tutti. Le condizioni economiche dell'ateneo, che già in passato era stato in difficoltà finanziarie, sono tali che ogni anno per chiudere i bilanci in pareggio l'università fiorentina deve vendere parti del suo patrimonio.

Ora la grave crisi è dovuta probabilmente ad errori e sprechi compiuti da tempo ma anche di sicuro al peso di una legge finanziaria come quella ultima che ha sottratto alle università italiane nel loro complesso un miliardo di euro, dovuto in gran parte agli aumenti degli stipendi del personale che lo Stato non interviene almeno in parte a inserire nel fondo finanziario ordinario.

Del resto, il caso di Firenze non è lontano da quello in cui si trovano numerosi piccoli e grandi atenei e il pericolo è quello che la scelta di molti rettori di non invitare più i ministri in carica persista e che a ciò si aggiunga la decisione di sospendere tutte quelle cerimonie di cui la celebrazione del nuovo anno accademico è, per molti aspetti, la più importante. Non c'è dubbio, infatti, che la vittoria elettorale dell'Unione otto mesi fa, dopo cinque anni di governo della Moratti e di Berlusconi che proclamavano ogni giorno la scarsa importanza del settore universitario e che di fatto insistevano su una visione aziendale delle strutture educative del paese,aveva suscitato un'aspettativa straordinaria e speranze assai forti nel governo Prodi.

Ma dopo otto mesi in campo universitario si attende che il ministro Mussi esponga un programma complessivo e intervenga con adeguate risorse per rispondere alle esigenze più forti degli studenti come dei docenti e far capire all'opinione pubblica italiania che la cultura e l'educazione a tutti i livelli sono nei primi posti delle preoccupazioni del governo Prodi. Ho avuto la possibilità di leggere la parte essenziale del discorso che l'on. Mussi ha fatto nell'incontro della maggioranza a Caserta e ne ho tratto un'impressione positiva come di un grande impegno a livello universitario da parte dell'attuale governo. Ora sarà necessario seguirne l'attuazione e i tempi nei prossimi tre anni ma mi pare che ci siano le premesse perché finalmente le cose nelle nostre università possano cambiare se ci sarà anche da parte dei docenti e dei giovani la disponibilità a collaborare con chi ha steso i programmi presentati a Caserta.

Indicherò i punti essenziali o almeno quelli che si sembrano più significativi.

1) Il primo riguarda la ricerca scientifica. Siamo agli ultimi posti in Europa sia per lo scarso sforzo dei governi da sempre ma con particolare accentuazione negli ultimi anni.I nostri investimenti sono all'1,10 del Pil contro l'1,81 dell'Europa a 25, i l2,68 degli Stati Uniti e il 3,15 del Giappone. Per raggiungere la media dell'0ecd, dobbiamo raggiungere almeno il 2,25 per cento,cioè più del doppio degli attuali investimenti. Negli anni 2008-2009,dopo lo sforzo insufficiente della Finanziaria,dobbiamo trovare le risorse almeno 500 milioni e non sarà facile trovarle anche con la collaborazione di imprese e delle organizzazioni sindacali.

2) Il progetto su i ricercatori di fronte alla scarsità attuale e alla loro media di età troppo alta. Il ministro prevede di investire 200 milioni nel 2008,260 milioni nel 2009 da confermare nei due anni successivi. Si prevede, d'altra parte,con l'uscita di ruolo per limiti di età di 9000 docenti nelle università entro il 20011 e di altri 13.000 entro il 20016 l'esigenza assai forte di rinnovare il personale docente e c'è dunque la priorità assoluta di reclutare nuovi ricercatori. Gli obiettivi saranno dunque quelli di assumere nel primo quinquennio 15mila nuovi ricercatori, di aumentare di un venti per cento le retribuzioni e cambiare lo stato giuridico dei ricercatori.

3) Norme specifiche con adeguati investimenti per il diritto allo studio,aumento limitato delle tasse ma crescita del numero e dell'importo delle borse di studio universitarie e incentivi per costruire le residenze degli studenti e per la loro mobilità a livello nazionale e internazionale.

4) Innovazioni che qui sarebbe troppo lungo raccontare ma mi sembrano significative sul piano didattico e che riguardano sia la laurea magistrale su cui soltanto da poco si è incominciato a riflettere, suggerendo modifiche anche nel mondo culturale e universitario e sulla creazione del terzo livello, cioè del dottorato che ha bisogno urgente di veder ridefinita la propria funzione e il proprio riordino a livello interno come esterno.

5)Si interverrà con varie misure sul capitolo importante della formazione permanente che era stata un'idea positiva del primo centro-sinistra ma che è rimasta per larga parte inattuata e che resta rispetto agli altri paesi europei un altro fattore di arretratezza dell'Italia nel contesto occidentale.

Insomma il piano di Mussi è ambizioso ed impegnativo. Gli investimenti sono limitati ma si pensa di poterli accrescere se ci sarà lo sviluppo a cui mira l'attuale governo. Ma questo mondo è in condizioni difficili e ha spesso la sensazione che tutto proceda troppo lentamente