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Unità-Senza contratto 5 milioni di lavoratori

Senza contratto 5 milioni di lavoratori Il pubblico impiego è in attesa da sette mesi. I diritti prima della concertazione Roberto Rossi MILANO Oltre 5 milioni di lavoratori i...

17/07/2004
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l'Unità

Senza contratto 5 milioni di lavoratori

Il pubblico impiego è in attesa da sette mesi. I diritti prima della concertazione

Roberto Rossi

MILANO Oltre 5 milioni di lavoratori in attesa di un rinnovo che tarda ad arrivare. Sette categorie in attesa di un nuovo contratto che ancora non c'è.
Non c'è e ha rischiato di non esserci per lungo tempo. Sacrificato sulla via della concertazione. "Perché è proprio questo che Guglielmo Epifani ha evitato alzandosi dal tavolo il 14 luglio scorso - spiega Carlo Podda, della funzione pubblica Cgil -. Il segretario ha evitato che a quel tavolo Confindustria mettesse in discussione il modello contrattuale in un momento in cui ci sono categorie che attendono da mesi il rinnovo. Con il risultato che il nostro contratto sarebbe stato il primo a saltare".
Il primo di una lunga lista, si potrebbe aggiungere. In coda anche il trasporto locale, i bancari, l'artigianato, i lavoratori del legno, delle piastrelle e del vetro. Senza contare che il biennio dei metalmeccanici è in scadenza. Il pubblico impiego, in attesa da sette mesi, è quello che coinvolge il più gran numero di persone, circa tre milioni, ed è quello che potrebbe fare da apripista anche agli altri. La richiesta unitaria dei sindacati parla di incrementi retributivi nell'ordine dell'8%. Molto di più di quanto offerto dal governo (il 3,6%), secondo il quale le retribuzioni di fatto sono cresciute nel periodo 1999-2003 del 17% a fronte di un'inflazione effettiva del 12%. "È dal 3 giugno, giorno dell'ultimo incontro, che stiamo aspettando di essere convocati - ha detto ancora Podda -. Finora nessuno si è sentito. Se non arriverà nessun segnale saremo costretti a partire da settembre a riprendere il conflitto".
In verità il segnale atteso dalla Cgil avrebbe potuto slittare se non si fosse consumato lo strappo. Se fosse passato la proposta avanzata da Confindustria di rimodellare gli assetti contrattuali, se, come scritto nel documento di un'intesa che ancora non c'è, l'aumento dei salari fosse stato "collegato alla crescita della redditività delle imprese da perseguire attraverso innovazione e ricerca di efficienze".
Diverse invece la priorità della Cgil. Prima di discutere il modello contrattuale, fanno sapere dal primo sindacato, occorre affrontare il nodo della politica industriale. La riflessione sulla politica industriale non può essere, quindi, avviata se non saranno chiusi tutti i contratti aperti. Una posizione che non ha trovato rispondenza all'interno della Cisl. Non a caso Savino Pezzotta, qualche tempo fa, aveva espresso una posizione chiara e di tutt'altro segno: "Ritengo che il modello contrattuale ha bisogno di essere innovato perché sono passati dieci anni".
Eppure anche alla Cisl non è sfuggito il pericolo nascosto dietro al tavolo sulla concertazione di lunedì scorso. Far saltare il rinnovo non gioverebbe al sindacato di Pezzotta che ha nel pubblico impiego il suo zoccolo duro. "Ma non esiste un rapporto diretto tra quello che è successo lunedì e il rinnovo dei contratti - spiega Rino Tarelli, segretario della funzione pubblica della Cisl -. Non è possibile isolare questo ragionamento. Detto questo però devo ricordare che la Cisl non accetterebbe di mercanteggiare sul contratto, che se non verranno rispettate le scadenze prenderemo in considerazione tutte le possibili iniziative sindacali".
E mentre si spera ancora nel rispetto delle scadenze le reazioni alla presa di posizione della Cgil non si sono fermate. E se Tiziano Treu, responsabile del lavoro della Margherita, parla di due livelli di contrattazione "quella nazionale di garanzia e quella territoriale aziendale, che sia di stimolo alla produttività e alla distribuzione dei salari", Vincenzo Visco, si scaglia contro le vecchie logiche con le quali si accusa sempre la Cgil di isolarsi. "Tutti si devono rendere conto che la concertazione non è un optional, soprattutto, in una fase in cui c'è una crisi economica molto seria alla quale si aggiunge una crisi politica. Da quanto si legge sui giornali - osserva Visco - è stata fatta qualche forzatura, non so quanto suggerita dai settori più oltranzisti del governo e c'è stato l'errore della Confindustria nel prospettare certe ipotesi. Bisogna uscire - aggiunge - dalla logica politicista del conflitto con la quale si tenta di riprodurre l'immagine di una Cgil isolata ed è un invito che rivolgo a Cisl, Uil, Confindustria e in parte alla stessa Cgil. Si è continuato a fare lo stesso gioco di uno che sgambetta all'altro".