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Unità-Speciale scuola-Azzerato il tempo pieno. La scuola diventa un parcheggio

10.09.2004 Azzerato il tempo pieno. La scuola diventa un parcheggio di ma.ta. Il tempo pieno esiste dal 1971 e prima del medioevo morattiano non era mai stato messo in discussione. La rivoluzion...

10/09/2004
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l'Unità

10.09.2004
Azzerato il tempo pieno. La scuola diventa un parcheggio
di ma.ta.

Il tempo pieno esiste dal 1971 e prima del medioevo morattiano non era mai stato messo in discussione. La rivoluzione è datata 24 settembre del 1971: il tempo pieno diventa legge e prevede la presenza di due docenti per classe. L'orario è di 40 ore a settimana, compresa la mensa (45 minuti). L'obiettivo era di permettere anche ai bambini che venivano da strati sociali di basso livello culturale di integrarsi in un progetto didattico. Si diceva che il tempo pieno era una conquista. Una scelta pedagogica, un modo di fare vivere l'infanzia, permettendo ai genitori di lavorare e sapere allo stesso tempo che la scuola si prendeva cura dei figli. Prima del 1971 nelle scuole statali le ore di lezione erano 24 e la maestra era unica. Niente doposcuola, salvo in qualche istituto cattolico.

La controrivoluzione è invece datata 2003 e porta la firma della ministra Letizia Moratti, una che si è sempre vantata di essere una manager, efficiente nel tenere i conti a posto e nel non spendere una lira pardon, un euro di troppo. A discapito, in questo caso, delle necessità degli studenti e delle famiglie, che vedono demolire mattone dopo mattone la conquista del tempo pieno. E per protestare contro questo attacco frontale, ci si è mobilitati. Era il gennaio 2004, quando genitori e bambini scesero in piazza per difendere la scuola pubblica e il tempo pieno. La Moratti, per rassicurare i genitori, indirizzò loro una circolare, sostenendo che il tempo pieno non sarebbe stato intaccato. A nulla valse, la piazza fu invasa lo stesso da migliaia di persone. Padri, madri e figli, tutti insieme, per dire no alla riforma del tempo pieno.

Oltre mezzo milione di bambini frequenta le classi a tempo pieno nelle scuole elementari, su un totale di due milioni e mezzo di alunni. Sono 31.267 le classi, circa il 21 per cento del totale, ma nelle grandi città la percentuale sale al 33 per cento. Nelle medie inferiori i ragazzi che hanno optato per il tempo prolungato sono poco meno di mezzo milione.

Ma cosa prevede la riforma Moratti per quanto riguarda il tempo pieno? Il decreto Moratti stabiliva 27 ore settimanali per elementari e medie inferiori. Un accordo raggiunto nella Conferenza unificata Stato-Regioni aggiorna il decreto Moratti: 27 ore, più tre facoltative e 10 ore di mensa nelle elementari. Ventisette ore, più sei facoltative e 7 di mensa nelle medie. Il tempo pieno viene mantenuto nell'orario complessivo, ma snaturato nella sostanza. Si passerà da 40 a 27 ore settimanali di lezione, più 3 facoltative. Totale: 30 ore settimanali. Per spiegarci meglio, un caso (riferito alle elementari) potrebbe essere questo: entrata alle 8.10, lezione fino alle 12.10 (4 ore). Mensa dalle 12.10 alle 13.10 (quindi 1 ora e non i 45 minuti attuali). Infine 2 ore di lezione, le ultime della giornata, dalle 13.10 alle 15.10. Riassumendo i bambini avranno l'obbligo di 5 giorni settimanali ma non più per 40 ore bensì per 30 più 5 ore di mensa. E la scuola diventa un immenso parcheggio.

Ma questo rivoltare come un calzino l'idea di tempo pieno, presenta pesanti ripercussioni anche per quanto riguarda gli insegnanti. La legge del 1971 prevedeva due docenti per classe: ognuno teneva 22 ore di lezione. Oltre a queste c'erano le ore dedicate a insegnanti specializzati e di sostegno. Non esistono dati ufficiali sul numero delle maestre che insegnano nelle classi a tempo pieno. Moltiplicando il numero delle classi per due, quante sono le maestre titolari, i docenti dovrebbero essere 60 mila. Ma l'arrivo del tutor o maestro prevalente potrebbe rivoluzionare il modulo del tempo pieno, mettendo in discussione il ruolo che hanno avuto fino ad ora. Altre questioni: gli insegnanti di sostegno di fatto non ci sono più. Sono loro ad aver risentito maggiormente dei tagli della riforma. E le mense sono un'incognita. Con la riduzione del personale non si capisce con chi i bambini svolgeranno le cinque ore di mensa e nemmeno si comprende chi debba gestire le mense. L'Anci (Associazione nazionale Comuni d'Italia) è stata chiara: la gestione delle mense non rientra nelle competenze degli enti locali. Né la legge spiega a chi debba toccare questo onere. Un'ulteriore aggravante: la mensa, con la riforma Moratti, non viene più considerata momento didattico. Le conseguenze sono palesi: niente didattica, niente insegnanti. Tagliare, tagliare, tagliare.