Unità: Spermatozoie ovociti nati in laboratorio
La rivista Nature dà conto della ricerca effettuata in California: cellule staminali embrionali umane create dagli scienziati. Un passo in avanti anche contro l’infertilità
Pietro Greco
erto, sono riusciti a far differenziare cellule staminali embrionali umane e a ottenere cellule germinali primordiali e gameti apolidi: in altri termini spermatozoi maschili e ovuli femminili. Ma, per sgombrare il campo da ogni equivoco, non è possibile dire che da domani potremo far nascere bambini senza una mamma e senza un papà. Loro sono Kehkooi Kee e un gruppo di collaboratori, tutti in forze alla Stanford University School of Medicine di Palo Alto, in California. Appartengono a un gruppo di ricerca tra i migliori al mondo in fatto di cellule staminali embrionali umane. E mercoledì scorso, 28 ottobre, hanno pubblicato sul sito on line della rivista scientifica inglese Nature un articolo in cui illustrano un nuovo, parziale, ma significativo successo nella conoscenza di base della biologia dello sviluppo, che solo in prospettiva potrà avere ricedute significative sulla clinica medica. Insomma, solo in un futuro più o meno lontano e a prezzo di una ulteriore e imprevedibile quantità di studi potrà trovare applicazione nella cura di malattie, come l’infertilità. Ma partiamo dall’inizio. Come si sa, le cellule staminali embrionali sono le cellule base – insomma, la materia prima – da cui si sviluppano tutti i 200 e più diversi tipi di cellule di un organismo adulto. Comprese le cellule germinali, gli spermatozoi e gli ovuli. In natura, in ogni momento, cellule staminali si trasformano in cellule germinali. Finora in laboratorio i biologi non c’erano riusciti. Ovvero non erano riusciti a “convincere” le cellule staminali embrionali a differenziarsi e a diventare cellule germinali. In realtà diversi tentativi erano stati esperiti sia su cellule staminali embrionali di topo che di uomo e si era riuscito a ottenere cellule germinali primordiali inefficienti, ovvero incapaci di svilupparsi ulteriormente, di crescere, di moltiplicarsi. Ebbene, Kehkooi Kee e i suoi colleghi ora hanno trovato il “cocktail” giusto di proteine che, facendo esprimere alcuni geni e silenziandone altri, hanno portato quattro diverse linee indipendenti di cellule staminali embrionali umane, due femminili e due maschili, a differenziarsi in cellule germinali primordiali e in gameti apolidi, ovvero in cellule con un unico corredo genetico: in altri termini spermatozoi maschili e ovuli femminili. «Finora – ha spiegato Renee A. Reijo Pera, uno degli autori della ricerca, in una dichiarazione di agenzia – avevamo studiato solo i topi per comprendere i passaggi necessari alla differenziazione delle cellule germinali umane. Ma non è lo stesso. Questa è la prima prova che si possono creare in laboratorio cellule germinali umane funzionanti ». In realtà si era studiato, in un recente passato, anche cellule staminali embrionali umane. Ma in presenza di cellule di topo (usate come bioattivatori), con un grosso rischio di contaminazione. Ora questo rischio non c’è più. Si tratta di un discreto passo avanti in un lungo percorso teoricamente già previsto, iniziato da tempo ma ancora lontano dall’obiettivo conclusivo: ovvero lo sviluppo di spermatozoi in grado di fecondare e di ovuli in grado di essere fecondati. Le cellule germinali ottenute da Kehkooi Kee in laboratorio non sono ancora “perfette”, non sono ancora in grado di comportarsi come le cellule germinali sane prodotte in natura. Ecco perché i commenti degli scienziati sono positivi, ma nessuno indulge al clamore. I risultati si annunciano promettenti per lo sviluppo delle conoscenze di base. Ma non (non ancora, almeno) per le applicazioni pratiche. In altri termini se la tecnica messa a punto presso l’università di Stanford funziona, i biologi avranno a disposizione grandi quantità cellule germinali allo stato primordiale – finora difficile da osservare in natura, perché difficili da estrarre dal feto. Ma i medici non potranno utilizzare queste cellule per le tecniche di fecondazione in vitro. Non nasceranno bambini (non per ora, almeno). Gli scienziati avranno più possibilità di studiare i meccanismi dello sviluppo delle cellule germinali sia fisiologici che patologici. Otterranno informazioni utili per capire la cause dell’infertilità, sia maschile che femminile. Ma non potranno fecondare ovuli femminili con gli spermatozoi ottenuti con la tecnica di Stanford, né far fecondare da spermatozoi gli ovuli ottenuti con la tecnica di Stanford. Non per ora, almeno. Certo, questo almeno è già in grado di far superare la soglia dell’attenzione a molti bioeticisti. Perché, sia pure in prospettiva, un giorno potrebbe essere possibile utilizzare cellule germinali ottenute da staminali embrionali umane per processi di fecondazione. Ma non c’è nulla di allarmante. Sia perché esistono già svariate tecniche di fecondazione in vitro, che naturalmente impiegano cellule germinali efficienti ottenute da donatori sani e adulti. Sia perché esistono già svariate possibilità di utilizzare cellule differenziate adulte ottenute in laboratorio da cellule staminali, a loro volte adulte. E in tutto il mondo, con qualche parziale eccezione, si sta lavorando per rendere possibile l’utilizzo di cellule differenziate adulte ottenute da staminali embrionali. Se davvero, un giorno ancora lontano, sarà possibile impiegare nella pratica clinica cellule germinali efficienti ottenute da staminali embrionali umane non saremo di fronte a una novità concettuale. Di più. L’esperimento è importante perché costituisce un piccolo passo avanti lungo la strada più generale, che mira a ottenere cellule differenziate adulte efficienti da cellule staminali embrionali. Infatti a Stanford non pensano affatto che la prossima mossa sarà quella di tentare di ottenere bambini con occhi azzurri e capelli biondi. Quanto, piuttosto, di cercare di istruire le staminali embrionali per ottenere cellule della pelle. Certo, si possono ipotizzare - e qualcuno già lo sta facendo – utilizzi eticamente discutibili e persino non accettabili di queste ricerche .Ma ciò vale per qualsiasi tecnica, nuova o persino vecchia. Anche un coltello può essere utilizzato per uccidere, invece che per tagliare il pane. Ma nessuno si sogna di abolire i coltelli o di impedirne il miglioramento.