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Unità: «Statali? Colpirne uno per educarne cento»

Brunetta minaccia i «fannulloni» con toni terroristici. I sindacati chiedono i contratti

13/05/2008
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l'Unità

di Felicia Masocco/ Roma

COME MAO «Colpirne uno per educarne cento». Ci va giù duro Renato Brunetta, neo ministro della Funzione pubblica. Prende in prestito da Mao Zedong le parole (tristemente note anche per l’uso che ne fecero le Br) per dire che i dipendenti pubblici fan-
nulloni verranno «semplicemente licenziati». I nullafacenti, gli imboscati, sono detestati innanzitutto dai colleghi che il proprio dovere lo fanno, peccato che queste persone spariscano nella generalizzazione del «male» di chi punta l’indice contro «il pubblico», tanto da centrodestra, quanto dal centrosinistra. E l’assenza è talmente evidente che sorge il dubbio che nel mirino ci sia «il pubblico» in quanto tale, i servizi resi dal welfare, più che i parassiti che rendono un pessimo servizio all’utenza e al Paese. E comunque il ministro non fa mistero di voler «cominciare a privatizzare pezzi della pubblica amministrazione, oppure a metterli in concorrenza».
L’offensiva contro il parassitismo è di gran presa sull’opinione pubblica. Brunetta lo sa: «La gente si aspetta cose drastiche, non sprechiamo questo momento emozionale», dice. E chiama in causa i sindacati e gli stessi dipendenti per un «grande patto per cambiare il Paese». Il fannullone fa presa, molto più della notizia che tre milioni di dipendenti pubblici, insieme ad altri 7 milioni del settore privato, sono senza contratto: hanno cioè le buste paga in balia del caro-vita. Così se il segretario della Uil Luigi Angeletti replica a Brunetta dicendo che il sindacato difende «le persone che lavorano», Guglielmo Epifani sprona il governo a chiudere «a breve» quella parte di contratti di sua competenza.
Sono le prime schermaglie di un confronto che non sarà facile. Ieri i direttivi di Cgil, Cisl e Uil hanno varato la piattaforma per la riforma del modello contrattuale che ora verrà discussa dai lavoratori. Il documento è parte integrante dell’altro, varato in novembre, su fisco e salari, a sostegno del quale Cgil, Cisl e Uil avevano proclamato uno sciopero generale contro il governo Prodi se non avesse dato risposte sui redditi da lavoro dipendente e pensioni. Ieri Epifani lo ha ricordato: come dire, quello sciopero è ancora in piedi. Il leader della Cgil ha espresso preoccupazione per le dichiarazioni di intenti del governo sulla impossibilità di restituire l’extragettito a favore dei lavoratori dipendenti, il timore è che quelle risposte su salari, pensioni, prezzi e tariffe, non arrivino. Per Epifani «il confronto non si presenta facile, neanche con Confindustria». Ed è già botta e risposta con il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi: «Mi auguro che Epifani non voglia rinnovare comportamenti pregiudiziali tenuti dalla Cgil in passato» commenta il ministro riferendosi all’ex segretario Sergio Cofferati. Comunque non si accetteranno «veti da nessuno». Sempre Sacconi chiede che il contratto nazionale sia «molto più leggero»; definisce la detassazione degli straordinari «fondamentale per un nuovo modello di relazioni industriali» e ripete che un calo delle tasse generalizzato «può costare molto e dare solo una tazzina di caffè». Insomma, il governo ha una linea diversa da quella contenuta nella piattaforma sindacale. Ma questo non sminuisce l’ottimismo del segretario della Cisl, Raffaele Bonanni, che dice di vedere «tanto spazio e disponibilità al confronto» e parla di «un clima diverso nel governo rispetto ad altri momenti». Ma, riconosce, il sindacato vuole il taglio delle tasse «attraverso detrazioni fiscali su salari e pensioni e la detassazione sul secondo livello».