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Unità: Stiamo attenti, la scuola è stanca

Marina Boscaino

09/05/2008
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l'Unità

Quale strano destino perseguita la scuola italiana? Era questa la domanda di due anni fa. Ora bisogna ammettere che se Fioroni era un neofita, la neoministro Maria Stella Gelmini può vantare un curioso curriculum che la rende minacciosa per la scuola pubblica. Efficientismo manageriale, privatizzazione, ammirazione per il modello Lombardia, cattolicesimo oltranzista: un pedigree di tutto rispetto per chi si accinge a guidare il ministero della Pubblica Istruzione, dell’Università e della Ricerca Scientifica; perfetta per restaurare la “scuola delle 3i” e appoggiare il più possibile la devoluzione leghista: i due punti del programma del Partito delle Libertà. Il rapporto di causa-effetto tra quella finalità e la nomina della Gelmini (nella sua estraneità - o forse proprio per la sua estraneità - al sistema dell’istruzione) è evidente. Un compito relativamente semplice, il suo, considerato che la “politica del cacciavite” ha solo parzialmente disattivato l’ordigno morattiano con i sei decreti legislativi della legge 53, in buona parte attuati. La motivazione del centro-destra è tenace: si basa sulla consapevolezza che la scuola restituisce e accredita un modello di società; in chi la frequenta, da studente e da lavoratore. Non solamente per i contenuti delle materie (che pure sono un potentissimo strumento di penetrazione, il come e il cosa insegnare); ma per i principi che la informano. È per questo che la vocazione manageriale e interventista del ministro impaurisce: perché rischia di ridurre ad una logica di profitto il sistema-scuola, fiaccandone la funzione intenzionalmente volta a rimuovere gli ostacoli di carattere socio-economico-culturale che impediscono l’uguaglianza tra i cittadini. Che fine farà l’obbligo scolastico innalzato a 16 anni? Quali saranno le posizioni sul reclutamento dei docenti, sulla formazione, sulla valorizzazione della professione?
Oggi i Cobas della scuola scioperano, manifestazione nazionale a Roma: contro la riduzione degli organici, la banalizzazione del lavoro dei docenti, gli stipendi da fame. L’adesione si preannuncia alta: la scuola è stanca. In un articolo apparso qualche tempo fa su «Valore scuola» Gianna Cioni della Flcgil chiedeva: «impegno a far crescere la qualità in tutto il mondo della conoscenza utilizzando la valutazione come elemento di regolazione anche delle risorse, ma contemporaneamente programmando ed investendo risorse in un processo che migliori insieme i risultati dei processi educativi e le competenze degli addetti alla formazione e alla ricerca». I sindacati cominciano finalmente a uscire dalla nicchia del corporativismo e persino la Cgil parla di valutazione. L’esigenza di ridare un senso e una dignità alla professione è sentita: il rischio è però di avallare involontariamente le derive arbitrarie che a questo proposito la destra da sempre sostiene e la Gelmini ha esplicitato nella sua proposta di legge («L’attuazione concreta nella società italiana del principio del merito»). Spaventa poi la vocazione confessionale, privatistica, che potrebbe minacciare il rispetto dei valori costituzionali della laicità e della libertà di insegnamento. Preoccupa la pervicace rincorsa al federalismo, che la candida ad assecondare le vergognose richieste leghiste.
Ma la preoccupazione maggiore è che tutto ciò possa non trovare nella scuola reale un rigurgito di opposizione fiera e consapevole, come è accaduto in passato. Perché la nostra è - oggi più che mai - anche la scuola di “bidellopoli”. È la scuola della dispersione, come ci raccontano i dati Istat. È la scuola che arranca a trovare spazi di controffensiva nei confronti di una realtà esterna aggressiva, volgare, banale. Alla quale troppo spesso preferisce omologarsi. Il punto è capire chi e che cosa farà massa critica oltre l’inerzia. Perché nell’inerzia sarà più facile sostituire definitivamente alla scuola dello Stato un servizio a domanda individuale. Difendere la scuola pubblica e contribuire a restituire motivazione e dignità ai suoi lavoratori è un compito al quale la Sinistra non più parlamentare non può sottrarsi. Ma che a maggior ragione chiama in causa una forza politica che si accinge a nominare un governo-ombra. E alla quale si chiede un impegno concreto e costante.