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Unità: Teresa, l'insegnante senza studenti. La scuola mi rifiuta

Dramma del lavoro. Nella Provincia di Siena in un anno hanno perso il posto 2500 persone «Finora nessuno mi ha chiamata nemmeno per un’ora di supplenza. Vorrei avere dei figli ma come si fa? Meno male che mi aiutano i miei genitori»

30/04/2010
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l'Unità

Teresa, trentacinque anni, una laurea il lettere moderne presa ne 1999, un compagno con cui convive a Siena in un appartamentino di quaranta metri quadri, ama insegnare. Ama la scuola, ma la scuola, intesa come struttura politico- burocratica, non ama lei. «Quest' anno non mi hanno chiamato né dal provveditorato agli studi per qualche incarico annuale e neanche dalle scuole per poter fare qualche supplenza ». Niente di niente da una scuola pubblica nella quale si è tagliato e si taglierà ancora. Una politica che passa per essere una riforma. La professoressa è una delle tante persone che, in questo periodo di crisi, hanno perduto il lavoro. Sono in tutto 2.500, secondo le stime della Camera del lavoro di Siena. Un’emorragia silenziosa che fa poco notizia. Ma la sua è una storia comune a tante persone, soprattutto giovani e donne, al di là del tipo di lavoro che svolgono. «Alla scuola - racconta Teresa - sono arrivata abbastanza tardi. Dal 1999 ho lavorato e studiato come consulente aziendale nel settore delle risorse umane». Ma, come capita spesso, senza assunzione. Prima una collaborazione coordinata e continuativa, poi una a progetto. Soluzioni contrattuali meglio conosciute con le sigle Cococo e Cocopro. Il risultato però è stato sempre lo stesso: lavoro precario. «Contratti che nonti danno diritti» sospira. La usuale trafila di un lavoro incerto e sempre a rischio. «L'ultimo incarico del genere l'ho avuto in una società senese che ha però deciso di tagliare una decina di persone me compresa che ero passata al settore commerciale». Nel 2006 si apre la possibilità dell' insegnamento, sfruttando quella laurea in lettere rimasta nel cassetto. «Ho lavorato in varie scuole di Grosseto. Otto mesi di supplenza ma senza avere l'abilitazione. In molti mi dicevano: vedrai che avrai a possibilità di lavorare nella scuola, di avere un posto sicuro. Era vero,ma fino all'anno scorso. Comunque, per cercare di restare nell'insegnamento, per crearmi un'altra possibilità,mi sono rimessa a studiare. Ho fatto la Sis, la scuola di specializzazione, con sacrificio, anche in termini finanziari. Non è stato facile tornare sui libri dopo avere svolto un altro lavoro. Lo scorso anno ho preso l'abilitazione in italiano, storia e geografia nelle medie e nelle superiori. E poi anche quella per il sostegno ai bambini con problemi ».Mala chiamata a scuola che pensava fosse quasi sicura non è mai arrivata. «Avendo un punteggio alto ci speravo. E invece niente di niente». Di nuovo la ricerca di qualche occupazione che le permettesse una vita dignitosa e di pensare a programmare il suo futuro. Una via di uscita nella sua ricerca di un'occupazione le è arrivata dal sostegno ai bambini con handicap. Ma è un lavoro ancora sotto il segno del precariato che le permette di continuare a fare l'insegnante. «Mi sono accorta che l'esperienza fatta come consulente aziendale mi è molto utile anche per quello che faccio ora. I bambini con problemi li seguo il pomeriggio a casa loro. Certo, è ancora un lavoro in nero che mi viene pagato dalle famiglie che sono davvero molto disponibili. Lo stato in questo settore non c'è, non ci sono strutture private per chi è in difficoltà. Io lavoro con bambini che hanno disturbi dell'apprendimento o che hanno problemi anche per svitare soltanto il tappo di una bottiglia perché vogliono bere. Ma lavorare con loro mi dà davvero soddisfazione: mi piace». Ma è una vita complicata quella di Teresa che deve stare attenta anche ai conti . «Ma meno male che mi aiutano i miei genitori. Ora vivo con il mio compagno e vorrei avere dei figli , ma non me la cavo molto bene con quello che faccio. Sto cercando qualche altra attività. Non mi vergogno a dire che per lavorare mi sono rivolta anche a qualche ristorante». Una vita nell'incertezza che fa emergere una forte sfiducia nel presente e soprattutto nel futuro. «Noto apatia nelle persone, soprattutto quelle della mia età. Davvero c'è una sorta di sfiducia che porta a non reagire. Anche io ne ho pochissima. Ma a volte bisognerebbe reagire davvero. Una persona come me che ha studiato, che ha preso la laurea, si vede tagliare le gambe. Manon voglio sembrare antipatica o spocchiosa. Per quanto mi riguarda farei qualsiasi tipo di lavoro perché ogni lavoro la sua dignità. Però l'insegnamento resta la mia passione ».