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Unità-Tornerà la scuola di classe? Sì, se non fermiamo la deriva

Del resto essa è più funzionale a corrispondere alle esigenze di una società competitiva in cui il mercato si va sostituendo al sapere.

20/03/2006
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l'Unità

Luigi Galella

«Lotte di classe» vola in Sardegna, a Tempio Pausania, dove un giovane lettore dell'Unità del Liceo “Dettori” ha organizzato un'assemblea nel suo istituto su “Scuola e democrazia”. Mi ha invitato a dibatterne con Mario Capanna, leader del movimento studentesco del ’68, e con un preside romano, Mario Rusconi, ideatore di recente di un “Manifesto per la scuola europea”. Si chiama Mattia Cugini, ha diciassette anni ed è il rappresentante degli studenti del suo Liceo. La sera, in albergo, si svolge il nostro primo colloquio. Mattia parla con passione e competenza di qualsiasi argomento che abbia qualche implicazione politica, come accade di rado tra i suoi coetanei. Non che sia ingenuo o velleitario, al contrario. Ma gli manca quel «senso della realtà», che produce in una gran parte di ragazzi di oggi un ambiguo miscuglio di paura, disincanto e indifferenza. Suprema indifferenza, soprattutto, verso la politica. Come se nulla, i giovani, potessero aspettarsi di nuovo o di meglio. Anime morte accidiose o inerti, di fronte al vuoto che i loro comportamenti, fuggendo, determinano.
La prima domanda che gli rivolgo, quindi, è una provocazione: «Se domani mattina i tuoi compagni non fossero costretti a partecipare all'assemblea, quanti effettivamente sarebbero presenti?» Lui risponde con un sorriso lieve, che rivela consapevolezza e imbarazzo: le cose qui vanno come altrove, certo, ma questo evidentemente non incide sulla sua voglia di fare. Non lo motiva alla rinuncia ma all'azione.
Sarà proprio lui, la mattina dopo, nella grande aula che ci contiene, di fronte a un pubblico di circa trecento ragazzi e insegnanti, a moderare la discussione. Si è preparato minuziosamente, apprenderò più tardi che durante la notte per l'emozione non ha dormito. Per ognuno dei relatori cita un libro o articoli di giornali, che ha raccolto in questi mesi. Giorgio Bocca, ad esempio, per Capanna; un ritaglio del “Corriere della Sera” per il “caso” del preside Rusconi, rimosso dal “Tasso” con conseguente protesta e minacciata occupazione da parte degli studenti. Giunto il mio turno, dovendomi presentare, usa una pagina tratta da un volume dello psichiatra Vittorino Andreoli, “Lettera a un insegnante” (Rizzoli editore), in cui si parla della figura del professore ideale, che «non vuole emergere ma far emergere i suoi ragazzi, vederli crescere, non occupare troppo spazio mentale diventando ingombrante». E che sa «dire e ascoltare, e ascoltare dopo aver detto». Un testo uscito recentemente, di cui mi ripromettevo di parlare in una delle mie rubriche. Ma lui mi ha preceduto. Ringrazio delle parole lusinghiere ed espongo le mie brevi note sul tema. Che sono critiche. Perché critica a mio avviso è la realtà della scuola. Soggetto debole, in un contesto in cui la democrazia si è trasformata in videocrazia. Di questo, in realtà, dovremmo parlare: del regno dell'apparire e del potere pervasivo dell'immagine. Di quel mondo nuovo nel quale un po' tutti fatichiamo a ritrovarci, studenti, genitori e insegnanti. E dei modelli di scuola e delle ipotesi di riforma che nei paesi democratici, compreso il nostro, stanno iniziando a mettere in discussione lo stesso concetto di istruzione di massa. Di scuola come pari opportunità.
Tornerà la scuola di classe? Se non fermiamo la deriva sì. Del resto essa è più funzionale a corrispondere alle esigenze di una società competitiva in cui il mercato si va sostituendo al sapere. I ragazzi talvolta ci chiedono: a che cosa ci serve conoscere la storia o la matematica? Non sanno, quelle nozioni, come spenderle, se non magari in un telequiz televisivo presentato da Mike Bongiorno dedicato ai piccoli “geni”. In cui il “sapere” è un sapere prima degli altri la risposta. Non esattamente il modello socratico di conoscenza che ha plasmato l'occidente. Declino inarrestabile? No, se la politica decide di invertire la rotta. Con atti concreti e vigorosi. La nuova politica. Che faccia da pendant all'entusiasmo e alla fiducia di Mattia. Al suo crederci, nonostante tutto.luigalel@tin.it