Unità: Tra i fantasmi dell'ISPRA scaricati dallo Stato
Vicino Roma i lavoratori dell’Istituto superiore per la ricerca ambientale hanno sono saliti sul tetto per protestare contro il mancato rinnovo del contratto atempo determinato per 250 dipendenti.
Felicia Masocco
Eradicare. Significa estirpare, all’Ispra lo usano per dire «licenziare ». È scritto su una circolare in cui si parla di soluzione del problema del precariato tramite “eradicazione”. Sarà perché all’Ispra si fa ricerca e protezione ambientale, dunque c’è qualche attinenza con la flora. Oppure perché è inesatto parlare di licenziamento per lavoratori che non sono stati mai assunti. E i200 ricercatori che a dicembre non avranno il contratto rinnovatononsono assunti pur svolgendo lo stesso lavoro per otto, nove anni presso lo stesso datore che poi è il ministero dell’Ambiente. È ovvio che non ci stanno e in un crescendo di proteste l’altro ieri sono saliti sul tetto dell’istituto a Casalotti, hinterland a nord di Roma. Hanno sistemato tende e sacchi a pelo e anche una webcam (www.nonsparateallaricerca. org) per documentare la protesta in presa diretta. Resteranno lì, promettono, fintanto che non avranno garanzie per il loro lavoro, ma anche per la ricerca e la protezione ambientale in Italia. Due cose che marciano insieme. Il taglio di 200 contratti segue il taglio di 250 del giugno scorso e di altri 30 in gennaio su un totale di 1500 ricercatori quindi un terzo, conun evidente svilimento dell’attività dell’Istituto, il solo in Italia che, tra l’altro, vigila su 11mila chilometri di coste. I ricercatori sul tetto provengono dall’Icram, facevano e fanno ricerca e protezione marina. AMBIENTE? NO, CEMENTO Con l’Infs (fauna selvatica) e Apat (agenzia protezione ambiente) dal luglio2008sono confluiti in Ispra, ente nuovo di zecca voluto dal governo. È stato uno dei suoi primi atti e un segnale chiaro: l’Ispra non ha uno statuto, a capo ci sono tre commissari straordinari, insomma non è il massimo se si ha a cuore l’ambiente. «Forse perché questo è il governo del ponte sullo Stretto, del nucleare, dei porti, del cemento - ipotizzano i ricercatori - e meno ostacoli ci sono e meglio è». Loro ci sono quando si tratta di alghe o mucillagini, ma anche se a fondo ci sono le navi dei veleni. Fanno ricerca e controllo: si pensi a cosa significa in fatto di prevenzione dell’abusivismo. «Non facciamo ricerca accademica, pura, la nostra è applicata ai problemi che incontriamo e a cui contribuiamo a dare soluzione», spiegano. I tagli ai contratti non possono essere giustificati con risparmi di spesa. «L’Ispra percepisce 6 milioni di euro l’anno di finanziamenti pubblici che bastano a pagare i 90 dipendenti a tempo indeterminato e le bollette. Ma ha un bilancio di 40 milioni: gli vengono dal mercato. Ha una grande capacità di attrarre risorse », spiega Salvatore Porrello, uno dei pochi ad avere un contratto stabile. La ricerca dunque potrebbe non essere assistita. Potrebbe. Accade invece che contratti milionari vengano messi a repentaglio. Come? CAVILLI E CONTRATTI «Scoraggiando i progetti e le missioni, attaccandosi ai cavilli pur di non fare». Un esempio: c’è un contratto con l’Eni di 1 milione e mezzo per i prelievi che si fanno dalle piattaforme in Adriatico. È prevista e obbligatoria la presenza di Ots, operatori tecnici subacquei. L’Ispra li chiama da fuori, costano 2 mila euro: «Ma si fa fatica a far autorizzare la spesa e il contratto con l’Eni rischia di andare a monte», spiega Pierpaolo Giordano, 35 anni, precario da 9. Accanto a lui c’è Isabel Mercatali, che da 9 anni va avanti con assegni di ricerca, «eppure è un lavoro a tutti gli effetti, con tanto di cartellino da timbrare anche solo per alzare la sbarra all’ingresso», aggiunge Simone Canese. Affissa sulla macchina del caffé c’è la lettera di solidarietà del Pd della zona. E in Parlamento Walter Veltroni e Alessandro Bratti hanno incontrato una delegazione di precari sollecitando risposte e impegni dal ministro Stefania Prestigiacomo. Per il resto l’unica altra sigla esposta nel palazzo è quella dell’Usi-Rdb, il sindacato autonomo a cui la protesta fa riferimento. E mentre a Casalotti è un via-vai di ricercatori, Claudio Argentini della segreteria nazionale Usi fa trapelare la notizia che il ministero dell’Ambiente «rimetterebbe in discussione i 250licenziamenti». Ovviamente si attende una conferma. «Sarebbe il risultato della nostra iniziativa ha proseguito Argentini -, la nostra determinazione è di attendere una trattativa vera sulla continuazione e sulla natura dei contratti».