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Unità: Tra i rischi quello di aggravare la crisi economica

La scienza sa poco su questo nuovo virus, se non che in questa prima ondata non è molto «cattivo». Ma basta una piccola mutazione per cambiare tutto

25/07/2009
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l'Unità

CRISTIANA PULCINELLI
C’è da preoccuparsi? I messaggi che arrivano non sono sempre limpidi. Ad esempio, il ministro Sacconi dice che il previsto aumento dei casi in Italia non desta preoccupazione, ma che comunque si metterà in piedi una macchina costosa e complessa per vaccinare nel prossimo inverno 15 milioni di persone. Affermazioni contraddittorie che danno adito a pensare che sotto ci sia qualcosa.
La comunicazione è importante soprattutto quando ci troviamo a governare l’incerto. Meglio mettere tutto sul piatto: quello che sappiamo e quello che non sappiamo. Del virus A H1N1 - comparso sulla faccia della Terra appena tre mesi fa - sappiamo che ha fatto partire una pandemia influenzale. Sappiamo che in tre mesi ha raggiunto quasi il 100% del pianeta. Sappiamo che nessuno ha l’immunità per questo virus. Sappiamo anche che finora non ha una mortalità alta: non è più cattivo del virus dell’influenza stagionale che comunque causa da 250.000 a 500.000 morti l’anno.
Non sappiamo però se questo virus muterà. I virus che hanno causato le pandemie precedenti lo hanno fatto. La famosa Spagnola del 1918-19, ad esempio, si è presentata in ondate diverse. La prima ondata, lieve, è stata seguita da un’onda molto più grave provocata dallo stesso virus leggermente mutato. La stessa cosa è avvenuta con la pandemia del 1968, la Hong Kong, che, pur essendo molto meno grave delle precedenti, con la seconda ondata causò un milione di morti in più rispetto all’influenza stagionale.
Anche se la mutazione non dovesse avvenire, c’è qualcosa che preoccupa l’Oms e i governi del mondo tanto da far stanziare a Obama 1 miliardo e ottocento milioni di dollari per combattere questa influenza: le sue conseguenze sulla società. Non sappiamo quante persone il virus colpirà, forse un terzo della popolazione. Cosa vuol dire? Il prossimo inverno un operatore sanitario su dieci potrebbe essere fuori combattimento, proprio mentre la richiesta di ricoveri aumenterebbe a dismisura anche perché continuerebbe a circolare il virus dell’influenza stagionale. Questo potrebbe mandare in tilt un sistema sanitario. Oppure, potrebbe mettere fuori combattimento il 12% dei ferrovieri o dei guidatori di autobus, un problema per una grande città. E via così, considerando i costi indiretti come le attività economiche ferme, le giornate lavorative perse. E’ per questo che il centro di analisi economiche inglese Oxford Economics avverte che la Gran Bretagna potrebbe perdere il 5% del Pil in sei mesi e che la pandemia potrebbe minare le possibilità di una ripresa dell'economia mondiale in autunno e farla precipitare in una fase di deflazione. Questo vale per la ricca Inghilterra. I danni previsti (anche la perdita di vite umane) sono naturalmente molto più drammatici per i paesi in via di sviluppo.
Che su questo si creino fortune e carriere, come ha denunciato ad esempio l’epidemiologo Tom Jefferson, è senz’altro vero. Ma è anche vero che con le incertezze tecniche dobbiamo fare i conti e stabilire quanto investire per affrontarle.