Iscriviti alla FLC CGIL

Home » Rassegna stampa » Rassegna stampa nazionale » Unità-Trentenni come mozzarelle che scadono

Unità-Trentenni come mozzarelle che scadono

Trentenni come mozzarelle che scadono Bruno Ugolini Il tema è ricorrente. È quello della formazione continua, permanente, per poter viaggiare nel mondo dei nuovi lavori con una certa sic...

27/06/2005
Decrease text size Increase text size
l'Unità

Trentenni come mozzarelle che scadono

Bruno Ugolini

Il tema è ricorrente. È quello della formazione continua, permanente, per poter viaggiare nel mondo dei nuovi lavori con una certa sicurezza. Una specie di patente da aggiornare senza sosta. È un obiettivo che studiosi, sociologi, politici, dirigenti sindacali raccomandano ad ogni piè sospinto e che dovrebbe essere al centro d'ogni impegno programmatico del centrosinistra che si accinge ad una sfida decisiva per il futuro di un Paese che fa acqua da tutte le parti.
Questa convinzione che noi crediamo assolutamente giusta, spesso e volentieri cozza, però, con una realtà ben diversa. Quella di giovani, donne e uomini, ai quali la preparazione, il "sapere" accumulato non è richiesto. Altre doti sembrano più interessare gli imprenditori, quelli che "offrono lavoro". L'ultima testimonianza in questo senso l'abbiamo letta su un sito che raccoglie "racconti di lavoro" (www.raccontolavoro.com), voluto e organizzato da Alessia Rapone che si occupa di pubblicità, comunicazione interna per le aziende, corsi di formazione e pubblica articoli e saggi. Qui troviamo un'intervista ad una bibliotecaria (Elena) che lavora a Pisa e ha un contratto a tempo determinato. Scrive Elena ad un certo punto: "La cosa più crudele è che gli attuali trentenni hanno ricevuto un'educazione che considerava lo studio e la specializzazione come valori positivi; adesso che il nostro percorso di formazione è finalmente giunto al termine, ci viene detto che tutto questo non serve più, che è meglio essere flessibili e spigliati piuttosto che avere acquisito negli anni un'adeguata preparazione teorica. Il nuovo motto sembra essere: abbasso i secchioni e viva i giovani intraprendenti! Dietro questa filosofia, in realtà, si nasconde il tentativo di sfruttare manodopera giovane e poco specializzata, e dunque a basso costo, a fronte dei costi più alti che un personale specializzato richiederebbe. Una visione miope che non porterà a niente di buono".
Un'annotazione amara che potrebbe essere riportata, tale e quale, in altri settori del mondo del lavoro, affollati di giovani dall'occupazione incerta. La verità è che quella "patente" di cui dicevamo, fatta di formazione permanente, dovrebbe essere posta al servizio di un sistema produttivo basato sulla "qualità" e non su bisogni congiunturali. Con datori di lavori capaci di possedere non una visione miope, bensì lungimirante. Fatto sta che procedendo di questo passo cresce una generazione umiliata e offesa. La bibliotecaria di cui parliamo ha un incarico che scade il 30 giugno. Poi si vedrà, dice, sperando in un rinnovo. Sarà però al massimo lungo un anno e poi si troverà di nuovo a spasso. Il suo non lo considera "un impiego qualunque". Opera in una biblioteca, che raccoglie, conserva e rende disponibili libri, riviste e cd-rom. Che custodisce "tante storie di vita e infiniti segreti, finché qualcuno non decide di raccontare qualcosa e di togliere un po' di polvere". Collabora anche al sito di altri come lei: www.bloogs.com/biblioatipici/index.shtml. E così incontra colleghi con un elevato grado di preparazione professionale. Vittime di un paradosso: hanno seguito corsi di laurea specialistica in biblioteconomia, corsi d'aggiornamento professionale, master, eccetera. Ed è calata clamorosamente la disponibilità di posti di lavoro sicuri e dignitosamente retribuiti. Scrive ancora Elena: "Avere un'occupazione saltuaria, mal retribuita, che si accetta firmando un contratto senza garanzie e con la data di scadenza, come se fosse una mozzarella, può essere una soluzione temporanea ma non può diventare una condizione di vita abituale. Alla lunga si crea un senso di tensione, di scoraggiamento, d'ansia continua che rischia di minare l'intero equilibrio di una persona. E, soprattutto, manca la possibilità di crescere professionalmente, di progettare e perfezionare le proprie competenze. Saltando continuamente da un posto all'altro s'impara a diventare disinvolti e, talvolta, a vendere fumo, ma non si ha davvero il modo di maturare".
C'è da chiedersi di fronte a questa denuncia, a queste persone trattate come mozzarelle scadute, se tutto questo sia giusto è anche produttivo. Non parliamo solo dei problemi di una donna come Elena, privata di un futuro certo. Parliamo del sistema di lavoro entro il quale lei opera e che non trarrà beneficio da quest'andirivieni di personale. Insomma, parliamo dell'Italia del Duemila e dei suoi rischi di naufragio.

ATIPICIACHI