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Unità: Un governo impotente

Concita De Gregorio E ora la scuola

27/10/2008
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l'Unità

E ora la scuola. La piazza di sabato - la piazza «terapeutica» di cui parla qui accanto Francesco Piccolo - passa il testimone alla «ola» di occupazioni, assemblee, sit-in che dalle scuole elementari alle università percorre il paese e che culminerà nella manifestazione di giovedì a Roma. I blog su Internet sono invasi. Gli appelli corrono per sms.

Genitori e bambini hanno passato ieri la domenica nelle aule delle elementari. Alle medie arrivano con torte fatte in casa e poi cantano in coro, Maria Zegarelli ha passato un giorno con loro. Gli studenti delle superiori sono da giorni fuori casa coi sacchi a pelo, si danno il turno coi docenti. A Roma in Sapienza i ricercatori di Fisica hanno fatto lezione ai decenni arrivati per mano ai genitori. Sembrava uno spettacolo di magia, racconta Federica Fantozzi, i corpi che si attraggono e si respingono, che volano, i bambini a bocca aperta.

Era una protesta, invece, in forma di teatro: sceneggiatura di Newton. Silvia Ballestra difende le madri che portano i figli alle manifestazioni: meglio forse lasciarli in casa davanti alla tv? Meglio crescerli obbedienti, certo: clienti della merendina del momento. Berlusconi dimentica di quando Araba Dell’Utri, figlia di tanto padre, capitanò la protesta contro chi voleva «togliere i Puffi» alle sue tv. Varò una legge ad hoc in omaggio alla piccola Araba e a se medesimo, come gli viene facile fare. Dimentica anche quando annunciò dal palco di San Giovanni «siamo due milioni». Era il 2006, non molto tempo fa. Per una bizzarra legge della fisica, sconosciuta a Newton e anche a noi, a San Giovanni ci stanno due milioni di persone, al Circo Massimo ce n’entrano trecentomila.

Sarà che in quella piazza magnifica ho passato i miei anni universitari (nella memoria, i migliori) ma vedere gli striscioni sugli affreschi della Normale, a Pisa, mi pare il segno esatto del punto in cui siamo: «Sull’orlo del baratro, questa legge un passo avanti», dice uno degli slogan. La Normale non si occupa, è inoccupabile: gli studenti hanno lì dentro le loro stanze, ci vivono. È «occupata» sempre. La Normale è il tempio dell’eccellenza negli studi. Se gli «assegnisti», i dottorandi della Normale sono in assemblea permanente - come racconta Roberto Monteforte - siamo davanti a qualcosa di più della annuale protesta d’autunno. È un momento critico, delicatissimo: siamo in bilico davvero. O si va avanti o si precipita indietro, dopo risalire la china sarà durissima. Dice Adriano Prosperi, docente pisano, di essere «stanco di scrivere lettere per i giovani che si presentano a concorsi all’estero». Scappano tutti. Scappano i migliori. Viviamo in un paese familista dove anche per fare il netturbino, non solo il notaio, devi essere amico, meglio parente di qualcuno. Marina Berlusconi entra in Mediobanca. Risulta difficile immaginare che sia per meriti propri. Brunetta vuol mettere i «tornelli» ai magistrati che vanno al lavoro. Perché non mettere mano alle regole dei concorsi pubblici, già che si trova all’opera? Anche quelli dei ministeri, anche quelli delle università. Questo governo è impotente di fronte alla «fatica di pensare alle generazioni future», dice oggi Luigi Manconi. È tutto qui.