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Unità-Università,breve storia di un senato umiliato

Fulvio Tessitore La Camera ha approvato la cosiddetta riforma dello stato giuridico della docenza universitaria. Si conclude una vicenda che ha dell'incredibile, se questo ministro dell'Istru...

01/11/2005
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l'Unità

Fulvio Tessitore

La Camera ha approvato la cosiddetta riforma dello stato giuridico della docenza universitaria. Si conclude una vicenda che ha dell'incredibile, se questo ministro dell'Istruzione e dell'Università non fosse egli stesso un personaggio incredibile. Il ministro procede senza nessun interesse per i contenuti delle leggi che avalla col suo nome. Poco importa se siano applicabili, se comportano spese sostenibili, se incontrano o meno l'attenzione, non dico l'approvazione del mondo che devono regolare. Ciò che conta è che si possa dire che è stata fatta la riforma dell'Università, che non comporta spese per lo stremato bilancio dello Stato, che è l'avvento di un regime di modernizzazione contro l'immobilismo del mondo accademico. Serve fornire di ciò qualche dimostrazione? Ma no, c'è sempre qualche ben pensante e qualche "riformista" dell'ultima ora pronto a prendere le difese del provvedimento, perché, finalmente, non si è detto solo no alle riforme, le riforme sono state fatte. E che importa se ciò che si è "riformato" è meglio, molto meglio della riforma? Lo si è visto anche con la Carta costituzionale e con la legge elettorale. Immaginiamo che cosa conta le Scuola e l'Università rispetto ai documenti fondamentali di un ordinamento giuridico!
Qualcuno - ed io sono tra questi - è convinto che la Scuola e l'Università non sono un terreno di scontro ideologico, sono lo spazio di un bene comune, che riguarda tutta la comunità nazionale, non fosse altro perché alla Scuola e all'Università è affidato il processo di modernizzazione del Paese, non solo sul terreno della cultura e della preparazione professionale, ma anche su quello produttivo, se non si vuole dare all'espressione "società della conoscenza" (che designa la società contemporanea) il significato di una affermazione retorica, priva di conseguenza. È un'affermazione di principio, è un'utopia quanto fin qui osservato? Credo proprio di no. E che così sia lo possa dimostrare senza tema di smentita.
Credo che pochi sappiano che cosa è avvenuto in Senato e nella Commissione cultura del Senato nel corso del 2004-2005. Ecco il rapido racconto. Un gruppo di Senatori dell'opposizione, avvalendosi di una figura del regolamento del Senato, chiese al Presidente di Palazzo Madama l'avvio del cosiddetto "affare assegnato", ossia l'affidamento alla commissione competente del compito di trattare una questione rilevante per il Paese. Si trattò, nel caso nostro, della questione universitaria. La richiesta venne accolta e chi scrive fu designato come relatore, pur essendo un senatore della minoranza. La Commissione ha discusso per otto mesi, in numerose sedute, con l'intervento di quasi tutti i componenti della Commissione e di altri senatori che non ne fanno parte. A conclusione il relatore ha elaborato una "risoluzione" (ossia un documento complessivo, di oltre 25 pagine), che è stato approvato all'unanimità dalla Commissione, la quale si dichiarò tanto convinta del lavoro fatto da chiedere che il documento fosse discusso nell'Aula, ossia da tutto il Senato. Ciò è avvenuto ed anche qui il documento è stato approvato all'unanimità, forse caso unico in questa legislatura, a proposito di una questione di rilevante interesse nazionale. Lo stesso ministro è venuto a dare il proprio assenso al documento, che è una rigorosa ricognizione della questione universitaria, senza essere perciò un documento neutrale, ossia privo di scelte precise e di proposte operative. Ebbene, nessuna dico nessuna di quelle proposte ha trovato posto nella legge avallata dal ministro. Ma c'è di peggio. Posta dinanzi al testo sgangherato, quale era uscito dalla Camera, la Commissione del Senato ne aveva iniziato un esame serio, compiendo una serie di audizioni, discutendo ampiamente il testo, illustrando una serie di emendamenti, alcuni dei quali vicini, quando non simili o identici della maggioranza e della minoranza. Ebbene, la Commissione non ha potuto completare il proprio lavoro - interrotto perché la Commissione Bilancio non aveva dato il proprio parere sugli emendamenti - perché il ministro ha preteso che il disegno di legge fosse portato in aula, senza relatore e qui ha fatto porre la fiducia, in modo che nessuno degli emendamenti è stato discusso, inserendo qualcosa nel testo già sbrindellato uscito dalla Camera. La quale ora lo ha approvato, senza modifiche per non perdere altro tempo e consentire al ministro di dire che ha fatto la riforma dell'Università.
Cose del genere non si sono mai viste e sono gravissime non solo in sé, ma per ciò che comportano quanto a comportamento politico. Sono, infatti, convinto che questa cosiddetta riforma - che non è applicabile anche per la mancanza di copertura finanziaria e che le Università faranno bene a non attuare, dando prova della loro dignità - vada abrogata nella prossima legislatura, se la sinistra andrà al governo. Ma questo, che è essenziale, se si vuole davvero mettere mano a quella radicale riforma che serve alla nostra università, non è un bene. È anzi un male che su questioni importanti e di comune interesse si possa instaurare la prassi di ogni maggioranza si fa la legge che le piace. Ciò rappresenta una grave rottura dell'ordinamento istituzionale, ma a ciò questo governicchio ci ha, purtroppo, abituati e costretti.