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Unità: Università, profondo rosso:«Con i tagli lezioni a rischio»

LA MANOVRA CANCELLA 1,3 MILIARDI (462 milioni da subito) per gli atenei con un taglio indifferenziato: stipendi, borse di studio, assegni di ricerca.

22/07/2008
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l'Unità

LA MANOVRA CANCELLA 1,3 MILIARDI (462 milioni da subito) per gli atenei con un taglio indifferenziato: stipendi, borse di studio, assegni di ricerca. La Crui: inevitabile ricorrere all’aumento delle rette studentesche. A Roma si rischia di non approvare il bilancio. E parte la mobilitazione trasversale rettori, prof e studenti

Università sul piede di guerra. A dir poco. Perchè quello che si sta per abbattere sugli atenei italiani è una finanziaria che per loro prevede molte lacrime e tanto sangue. Oggettivamente troppo, a sentire rettori, ricercatori, sindacato e opposizione, che esprimono seri dubbi anche sulla possibilità di trasformare le università italiane in fondazioni.
Il tutto è contenuto nel decreto legge 112, che in un colpo solo pratica un taglio orizzontale, cioè indefferenziato, di ben un miliardo e trecentomila euro per i prossimi cinque anni, di cui 462milioni per il solo 2009. Come faranno gli atenei a gestire l’ordinaria amministrazione già a partire dall’anno prossimo, è un mistero. E siccome il decreto, come dice il ministro ombra dell’Istruzione Maria Pia Garavaglia, è anche «molto confuso», le ricadute sono imprevedibili. Stipendi, borse di studio, assegni di ricerca, nessun capitolo di spesa è al riparo. Probabilmente per far fronte alle esigenze di funzionamento, gli atenei saranno costretti a far ricadere almeno in parte sugli studenti le conseguenze dei tagli della manovra scritta da Robin Hood Tremonti. È il documento approvato dalla Conferenza dei rettori italiani a dirlo, che in merito al provvedimento del governo, afferma che «determinerà inevitabilmente aumenti delle entrate proprie, ivi comprese le contribuzioni studentesche». E non è finita qui, perchè le prime vittime della limitazione delle assunzioni di personale a tempo indeterminato al 20% del turn over, saranno proprio i giovani ricercatori «le cui possibilità di ingresso nel sistema universitario verrebbero drasticamente ridotte». Insomma, per la Conferenza dei rettori, con il provvedimento il governo porterà «inevitabilmente l’intero sistema universitario italiano al dissesto». Molte università sono già pronte alla battaglia, e se si pensa che per molto meno ai tempi della riforma Moratti i rettori minacciarono le dimissioni collettive, c’è da aspettarsi anche questa volta qualche protesta clamorosa. Già ieri l’assemblea generale straordinaria dell’Università la Sapienza di Roma ha chiesto al governo la sospensione delle misure, con alcune associazioni di docenti e ricercatori che hanno minacciato di non votare il bilancio preventivo per l’anno prossimo e, soprattutto, di bloccare l’anno accademico. Oggi stesso le misure di protesta verranno discusse a Roma in un’assemblea generale nazionale con rappresentanti di Università di tutto il Paese.
La mozione approvata ieri dalla Sapienza arriverà giovedì alla Conferenza dei rettori che contesta anche la possibilità prevista dal decreto di trasformare le università in fondazioni di diritto privato. Secondo la conferenza, infatti, «è impensabile che si possa trasformare responsabilmente un tema centrale e di valenza strategica come quello di un eventuale revisione istituzionale e organizzativa del sistema universitario sotto la minaccia di un tracollo annunciato». Ancora più duro su questo punto il sindacato, che ritiene anzi che sia proprio la privatizzazione il nocciolo del provvedimento del governo. I tagli, secondo Wolfango Pirelli, segretario nazionale della Flc-Cgil, «sembrano fatti apposta per spingere gli atenei verso la trasformazione in fondazioni». Il provvedimento lascia infatti alle università la possibilità di scegliere, ma per rimediare ai tagli, dice Pirelli, «è ovvio che vi saranno costretti». Il risultato sarebbe la scomparsa dell’università da interi territori. «Perchè se i grandi atenei riusciranno a trovare finanziamenti privati - dice la Garavaglia - molto più difficile sarà per quelli medio piccoli». Insomma, dice il ministro ombra del Pd, «tagli, confusione e nessuna prospettiva di sviluppo per un università come quella italiana che in Europa è già fanalino di coda». E mentre l’Università è al «collasso», fa notare Pina Picierno del Pd, il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini sembra «disinteressarsene».

di Luca Sebastiani / Roma