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Unità: Visalberghi e il suo sogno:

È MORTO ieri a Roma, all’età di 89 anni, il pedagogista che innovò l’approccio ai problemi dell’educazione. Credeva in un istituto scolastico capace di assicurare una effettiva uguaglianza delle opportunità di conoscenza e di crescita

13/02/2007
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l'Unità

Visalberghi e il suo sogno:
una scuola laica e democratica

di Benedetto Vertecchi

Q
uarantacinque anni fa l’opinione pubblica si divideva attorno alle ipotesi di riforma della scuola media. Si contrapponevano da un lato un orientamento conservatore, che continuava a considerare il primo segmento dell’istruzione secondaria come un’opportunità di élite, da riservarsi a quegli allievi che mostrassero di possedere più evidenti attitudini per lo studio, e dall’altro un orientamento aperto all’innovazione, che non si limitava a considerare la questione solo da un punto di vista unicamente scolastico, ma collegava strettamente lo sviluppo della scuola a quello più generale della società. Per tanti aspetti l’Italia stava cambiando, ma il profilo culturale del paese restava profondamente arretrato. Dopo la scuola elementare solo una minoranza di allievi proseguiva nel percorso di studio, malgrado la Costituzione del 1948 avesse sancito l’obbligo dell’istruzione per almeno otto anni. Aldo Visalberghi ebbe un ruolo di primo piano in quel dibattito, fornendo ad esso gli elementi di consapevolezza che venivano dal suo impegno di studioso.
La sua era una figura atipica di pedagogista, in cui si fondevano la sensibilità sociale acquisita attraverso l’impegno politico antifascista e l’attenzione ai cambiamenti che nel campo dell’educazione si erano verificati e stavano verificandosi in altri paesi. Gli studi alla Normale di Pisa gli avevano fornito una solida preparazione teorica, sulla quale si erano innestate le suggestioni ricavate dalla sua esperienza di borsista Fulbright negli Stati Uniti. Proprio negli Stati Uniti aveva approfondito la sua conoscenza del pensiero di John Dewey e si era accostato a quegli orientamenti di ricerca che, altrove già affermati da tempo, avevano subito in Italia l’ostracismo da parte della cultura idealista. Visalberghi contribuì con una monografia alla diffusione in Italia della proposta filosofica e pedagogica di Dewey, di cui tradusse anche una delle opere più impegnative e più dense di implicazioni per lo sviluppo della ricerca empirico-sperimentale, Logica, teoria dell’indagine. Al pensiero di Dewey si ispirava il saggio Esperienza e valutazione (1958), nel quale Visalberghi delineava un percorso di conoscenza che avrebbe potuto consentire alla ricerca pedagogica italiana di riprendere il contatto con quella internazionale. Intanto si era preoccupato di diffondere in Italia modelli e pratiche altrove già molto affermate, in particolare per quel che riguarda la valutazione e le sue tecniche: nel 1955 aveva pubblicato il volume Misurazione e valutazione nel processo educativo, col quale introduceva nella cultura educativa sensibilità e tecniche che, quando non del tutto ignorate, erano generalmente considerate con diffidenza. Proprio per questo suo profilo di studioso, l’impegno col quale si prodigò per la riforma della scuola media non poteva limitarsi agli aspetti ordinamentali. La riforma della scuola media diventava l’occasione per promuovere un nuovo approccio ai problemi dell’educazione. Senza in alcun modo disconoscere l’importanza dei contributi che potevano derivare per una migliore definizione degli intenti della riforma dallo scambio dialettico e livello politico e quello accademico, fu fra i sostenitori della necessità di sostenere l’elaborazione di progetti di sviluppo e le decisioni ad essi relative con un impegno rigoroso nella ricerca, dalla quale dovevano venire indicazioni utili sia alla ricostruzione sincronica del quadro in cui la scuola operava, sia all’individuazione di tendenze che nel volgere di tempi relativamente brevi avrebbero potuto costituire nuovi terreni di sfida e di intervento per la scuola. Nel clima favorevole all’innovazione che avrebbe portato all’approvazione della riforma svolse la sua attività la Commissione Nazionale di indagine sullo stato e sullo sviluppo della scuola pubblica in Italia: la monumentale Relazione della Commissione, ai cui lavori Visalberghi dette un contributo importante, costituisce un esempio di ciò che si sarebbe potuto fare e che non si è fatto, di come la ricerca avrebbe potuto sostenere la crescita del sistema scolastico invece di lasciare che a trainarne lo sviluppo nei decenni successivi fosse soprattutto il manifestarsi della domanda sociale d’istruzione.
Quello della ricerca educativa è stato uno dei temi ritornanti del pensiero e dell’impegno politico di Visalberghi. Sviluppare la ricerca era una condizione non solo per assumere decisioni opportune, ma anche per sottrarre il confronto sulla scuola dalle pastoie del moralismo ideologico in cui troppo spesso si trascinava. Visalberghi aveva dell’educazione una nozione laica, per realizzare la quale era essenziale il ruolo dello Stato. Dopo l’approvazione della riforma della scuola media, alla fine del 1962, si fece promotore di indagini capaci di porre in evidenza le connessioni esistenti fra assetto sociale ed educazione scolastica. La raccolta di studi su Educazione e condizionamento sociale (1964) anticipava di vari anni argomenti che sarebbero poi stati al centro della denuncia di Don Milani. Quella per la quale riteneva giusto impegnarsi era una scuola democratica, capace di assicurare una effettiva uguaglianza delle opportunità educative. Per assicurare tale uguaglianza non bastava una sanzione formale del diritto di accedere all’istruzione, ma occorreva assicurare le condizioni perché la cultura capace di qualificare il profilo dei cittadini di un paese democratico fosse realmente acquisita da tutti. Visalberghi condivideva questo impegno con alcuni dei maggiori studiosi europei e americani, che negli anni sessanta, avanzavano linee interpretative dell’educazione tese a sottrarla agli schemi deterministici sedimentati nel senso comune: la scuola veniva meno al suo compito se accettava la predeterminazione sociale dei suoi esiti. Erano le posizioni espresse, con Visalberghi, da Bloom, Husèn, Carroll e tanti altri ricercatori che, sulle due sponde dell’Atlantico, affermavano una comune fiducia sulla possibilità di contribuire attraverso l’educazione al progresso e alla pace. Molti di loro si trovarono d’accordo nel promuovere l’International Association for the Evaluation of Educational Achievement (Iea), che agli inizi degli anni settanta effettuò in un congruo numero di paesi la prima grande indagine comparativa sull’apprendimento scolastico (Six Subjects). La partecipazione italiana a quell’indagine fu sostenuta in modo determinante da Visalberghi, malgrado la mancanza nel nostro paese di strutture specificamente rivolte a sostenere la ricerca educativa: la proposta di istituire un Istituto Nazionale per la Ricerca educativa aveva ricevuto assicurazioni formali alle quali non corrispose, nei decenni successivi, alcun impegno concreto. Eppure che quella indicata da Visalberghi fosse la strada giusta doveva diventare sempre più evidente. I risultati della ricerca Iea segnalavano tendenze negative che le ricerche condotte successivamente, fino alle più recenti rilevazioni Ocse, non hanno fatto che confermare. Emergeva il problema, al quale in precedenza non era stata prestata attenzione, del livello modesto di capacità di comprensione della lettura osservabile negli allievi delle scuole secondarie, ma incominciavano anche a manifestarsi i segno di una debolezza negli apprendimenti matematici e scientifici che oggi è diventata una vera e propria emergenza nazionale. Negli anni ottanta Visalberghi è stato presidente del Cede (Centro Europeo dell’Educazione), continuando ad esercitare quel ruolo di stimolo che è stato costantemente il carattere distintivo della sua azione.
Ora Aldo Visalberghi ci ha lasciati. La cultura pedagogica italiana ha perso una delle sue voci più originali e appassionate. Non è però il momento per esprimere frasi di circostanza: possiamo ricordare Visalberghi solo perseverando nell’impegno per una scuola laica e democratica, capace di riflessione, di analisi e di progetto, che è stato la linea costante della sua vita.