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Unità: Voci dalla scuola che resiste al governo

Chi perde il lavoro, chi la cultura

19/03/2009
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l'Unità

Sono le storie di una scuola costretta a difendersi dallo Stato. Triste, incredibile, ma è così. Professori che non ce la fanno, che in nome diuna scuola che resiste, che vogliono migliore hanno deciso di perdere sessanta euro del loro magro stipendio di milletrecento euro al mese. Così i ragazzi al loro fianco. Qui sotto leggete alcune storie. Storie che raccontiamo da mesi, storie che non ci stancheremo di raccontare finché si potrà rappresentare una società civile che si batte per un diritto sacrosanto, spesso trascurato anche dai politici: quello all’istruzione. Il governo lo sta inesorabilmente cancellando. Le persone che la scuola la fanno, a mani nude, cercano di resistere. Sosteniamoli.

«Perderò posto e stipendio a causa della riforma Gelmini»
Non sono solo i cervelli dei ricercatori italiani a fuggire all’estero, anche quelli di noi docenti precari, altrettanto preziosi. Ho fatto un lungo percorso per raggiungere la professionalità che ho acquisito: una laurea in Lettere Classiche, i corsi per avere l’abilitazione al sostegno, anni di supplenze.
Quando decidi di fare l’insegnante, lo fai con passione e determinazione. Amo il mio lavoro, insegnare è bellissimo. Con i tagli della finanziaria Tremonti e la riforma Gelmini dal prossimo anno non so se riuscirò ancora a lavorare, sarà molto difficile. E non perderò solo il mio posto: anche lo stipendio. Quindi ho deciso di andarmene all’estero, sfruttando le abilità che ho. Ancora non so dove, so solo che in Italia non ci voglio restare». A.L.

«Facevo sostegno all’handicap. Ora non so cosa succederà»Dopo la laurea mi sono iscritto alla Ssis. Da due anni sono un precario della scuola, uno di quelli chiamati a fare supplenze. Mi occupo di sostegno e credo che si possa fare tanto nelle scuole per gli alunni disabili. Con il nostro lavoro possiamo aiutare chi ha difficoltà a superarle. Dal prossimo anno tutti gli alunni certificati saranno passati al vaglio da neuropsichiatri. Il Governo vuole togliere quante più certificazioni possibili, per pagare meno docenti di sostegno. Gli alunni che avranno diritto ad un aiuto saranno quelli ritenuti invalidi, quindi con danni permanenti. I dislessici o i ragazzi con problemi comportamentali, come gli iper-attivi, saranno esclusi. Nella mia scuola, su 26 alunni certificati, 19 verranno decertificati. Quindi lasciati soli e senza possibilità di migliorare». A.L. Va bene tagliare gli sprechi ma così si distrugge la scuola pubblica»Perché stai protestando?

«Sono insegnante precaria da 14 anni, spero di lavorare l’anno prossimo, vedo tantissimi miei colleghi messi peggio di me nelle graduatorie e sono preoccupata anche per loro».

Quale è la cosa che più ti fa paura?

«Il tentativo del governo di decostituzionalizzare la scuola. Ok ridurre gli sprechi, ma così si distrugge l’istruzione pubblica. Si toglie a intere generazioni gli spazi di libertà e istruzione».

Dove può portare questa mobilitazione?

«A creare un grande fronte di protesta e solidarietà, per opporsi alla legge Gelmini. Nella scuola media dove insegno io genitori, studenti e insegnanti condividono forme di auto-organizzazione per tutelare la formazione dei ragazzi».

T.GAL Non smetteremo di lottare contro questa pseudo riforma»Come sta il movimento studentesco? È in salute?

«Con queste proteste stiamo dimostrando di esserci. A Firenze tra le scuole superiori è nato un coordinamento permanente, e sono in arrivo alcuni forum. Non vogliamo mollare le lotte contro questa pseudo-riforma, anche se non è facile».

Temete per la vostra formazione culturale?

«I tagli mettono in discussione il nostro diritto alla cultura e all’istruzione. Vogliamo più scuola pubblica e che le università non diventino fondazioni di privati. Per fortuna c’è un fronte compatto tra noi, i genitori e i docenti».

In chi riponi più speranze e fiducia?

«Nella Cgil. Sono quelli che più stanno facendo opposizione alle scelte della Gelmini».

T.GAL