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Università-Alba Sasso: La riformicchia della precarietà

Università Alba Sasso: La riformicchia della precarietà E' un'arte quella di dire enormi bugie, come se fossero verità, anzi quasi credendoci. E' lo stile del premier, ma Letizia Moratti non gl...

03/11/2005
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Università
Alba Sasso: La riformicchia della precarietà
E' un'arte quella di dire enormi bugie, come se fossero verità, anzi quasi credendoci.
E' lo stile del premier, ma Letizia Moratti non gli è da meno. Tutto il mondo dell'Università e della ricerca si è dichiarato in disaccordo rispetto alla sua proposta sull'Università. Martedì 25, durante la discussione alla Camera dei deputati, un imponente corteo di studenti, ricercatori, professori manifestava il proprio pacifico dissenso, eppure Letizia Moratti continuava a dire di aver interpretato desideri e bisogni di docenti e studenti, di avere la condivisione e l'assenso dell'intero mondo universitario. Ma al di là del linguaggio pubblicitario della signora Moratti, al di là dell'incapacità di ascoltare e di capire che cosa avviene in mondi complessi come quelli dell'università e della scuola, resta il fatto drammatico che - come dice Walter Tocci - questi cinque anni sono passati invano per l'università italiana.
E resta il fatto che questa proposta, presentata circa due anni fa come la grande riforma che avrebbe premiato il merito, risolto e reso trasparente il reclutamento, bloccato la fuga dei cervelli, favorendo un ingresso massiccio dei giovani nel sistema universitario, è in realtà una riformicchia.
Facciamo alcuni esempi. Scompare dal testo il sistema nazionale di valutazione che avrebbe dovuto valutare ricerca, innovazione scientifica, attività didattica dei singoli e degli Atenei per "premiare, appunto, il merito". Scompare perché, dice il Ministro, questa norma sarà prevista dalla finanziaria. Ma anche dalla finanziaria, in questi giorni in discussione al Senato, la norma è stata cancellata. Ci sarà una legge apposita - dichiara successivamente il ministro, sollecitata dall'opposizione, nel dibattito parlamentare -, lasciando attoniti quelli che l'ascoltano. Una cosa davvero insensata che rende chiaro che, nonostante le dichiarazioni di principio, in questa legge al riconoscimento del merito si è rinunciato.
E così pure il tanto dichiarato inserimento dei giovani è diventato un lungo cammino di precarietà. Dopo il dottorato, dopo l'assegno di ricerca, dopo eventuali contratti a titolo gratuito, un contratto rinnovabile per non più di sei anni, poi il concorso di ricercatore. Ma dopo quanti anni di lavoro precario e sottopagato i giovani, ormai non più giovani, potranno andare in cattedra? E' questa la strada per contrastare la fuga dei cervelli?
E ai ventimila ricercatori oggi in servizio non solo non è stato garantito il riconoscimento della loro funzione - con l'istituzione della terza fascia della docenza -, ma il loro ruolo è stato dichiarato esaurito dal 20013. In cambio, il contentino di poter avere il titolo di aggregato, ma solo quando si ha un incarico di insegnamento. Tutto questo non è certo la valorizzazione del lavoro dei tanti che in questi anni hanno permesso con la loro attività di ricerca e di didattica il funzionamento delle Università.
E ancora, il ministro e i deputati della maggioranza continuano a parlare di concorso nazionale, come strumento per superare il nepotismo e rendere trasparente il reclutamento. Ma questa legge non prevede un concorso nazionale ma una idoneità nazionale che come recita la legge "non comporta diritto all'accesso alla docenza". Saranno poi i concorsi locali a valutare e a decidere le nomine.
Partita dunque da premesse e promesse di grandi ed epocali cambiamenti, questa legge si rivela un guazzabuglio di norme pasticciate e contraddittorie, un occhieggiare a vecchi interessi di 'bottega', per guadagnare qualche consenso in campagna elettorale. Si parla di merito e si premia l'anzianità. Si parla di attivare concorsi ma di fatto si prevede un blocco degli stessi per almeno due anni, visto che ci vorrà tempo per i decreti attuativi. Si parla di investimenti e non si prevedono 'nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica', per dirla col freddo linguaggio legislativo.
E così miseramente finisce l'avventura del centro destra sul terreno dell'università.
E invece. L'università italiana ha grandi problemi, ma grandi potenzialità. Si tratterà allora di costruire una proposta di cambiamento in una approfondita discussione tra i soggetti che hanno dato vita in questi anni e in queste ore a una forte opposizione a alle miopi e insensate politiche del centro destra. Dai rettori agli studenti. Si tratterà di ricominciare a ragionare, non di piccoli e lobbistici interessi, ma di restituire significati a parole messe da parte, come diritto allo studio, come qualità della ricerca e della didattica, come ruolo delle università per lo sviluppo e il futuro del paese. Si tratterà di costruire proposte per l'Università, che siano in grado di guardare avanti, che siano in grado di scegliere come punto di vista il futuro dei giovani, la qualità degli studi, la dignità dei luoghi del sapere
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