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università e ricerca per la crescita del Paese

di Maria Cristina Messa

03/05/2021
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Corriere della sera

Gentile Direttore,

le persone sono il centro del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, dell’Italia di domani che dobbiamo costruire oggi. Ne sono il centro sia come destinatari sia come attori: spetterà a tutti noi, ai giovani in particolare, guidare il Paese verso una crescita competitiva, innovativa, internazionale, e, allo stesso tempo, inclusiva ed equa. Oggi bisogna lavorare perché ciò sia possibile.

Di questa straordinaria opportunità — data dal PNRR ma che non si esaurisce in esso — le università, le istituzioni per l’alta formazione artistica e musicale, il mondo della ricerca sono motori fondamentali.

Dei ritardi e dei divari accumulati nel tempo dall’Italia rispetto ai Paesi che riteniamo nostri «competitori» si scrive e discute da decenni: dalla modesta partecipazione dei giovani ai percorsi universitari alla non differibile necessità di nuove e diffuse competenze, all’ancora non raggiunta parità di genere nel mondo scientifico. Dai bassi livelli di investimenti in ricerca e innovazione, all’insufficiente interazione tra università, enti di ricerca e industrie, un’interazione fondamentale per rappresentare una «massa critica» competitiva a livello internazionale, soprattutto nei settori delle nuove tecnologie e delle frontiere della ricerca.

L’impegno

Dobbiamo lavorare tutti perché nel sistema della formazione e ricerca torni o si rafforzi la fiducia fra le persone, docenti, tecnici, ricercatori,

manager, amministrativi

Così come conosciamo i divari, altrettanto chiare sono le misure che dobbiamo mettere in campo per raggiungere quegli obiettivi di crescita, rilancio, innovazione fissati per il medio-lungo periodo. Stiamo migliorando le politiche di orientamento per aumentare il tasso di transizione dalla scuola all’università così come le misure per il «welfare studentesco», dagli alloggi alle borse di studio; dobbiamo aumentare, qualificare e innovare i percorsi universitari e di dottorato, alcuni dedicati alla transizione digitale e ambientale; stiamo lavorando per rafforzare la ricerca, diffondendo modelli innovativi, sia per quella fondamentale sia per quella applicata, condotta sempre più in sinergia tra università, conservatori, accademie, enti di ricerca e imprese; dobbiamo fare in modo che sia meno complicato di quanto è oggi creare un ponte tra la conoscenza scientifica generata in infrastrutture di ricerca di alta qualità e il settore economico.

Per trasformare queste intenzioni in obiettivi davvero raggiungibili, accanto agli investimenti (che dovranno essere costanti e stabili nel tempo, anche oltre il termine della «piattaforma temporanea» data dal Recovery) servono semplificazioni e riforme. Senza queste ultime, pure se avessimo una disponibilità illimitata di risorse, non riusciremmo a risolvere alcune croniche storture del sistema. Semplificazioni e riforme per aumentare e sostenere la mobilità e dare vita a una sana «circolazione di cervelli» che non sia più né «fuga» né «rientro»; per rendere più flessibili meccanismi oggi ingessanti che spesso frenano ogni tentativo di innovazione; per rivedere le classi di laurea in modo che siano sempre più in linea con le esigenze del mondo del lavoro e alcune lauree abilitanti; per rafforzare i percorsi di dottorato. Nei prossimi mesi servirà, e io sono la prima a volerlo, il contributo di molti, attraverso un dialogo sano e costruttivo sui diversi temi, per «mettere a terra» questa strategia che punta a costruire un sistema integrato della conoscenza. Serve un confronto onesto, che aiuti a costruire un Paese alla portata della nostra Next Generation e che accompagni tutti i cittadini a comprendere quanto la «buona» ricerca, ovvero quella che segue il metodo scientifico ed il confronto fra pari, possa arricchire ogni giorno la comunità.

Dobbiamo lavorare, soprattutto, perché nel sistema della formazione e ricerca torni — laddove si sia persa — o si rafforzi la fiducia fra le persone, i docenti, i ricercatori, i tecnici, i tecnologi, i manager, gli amministrativi. E la fiducia cresce quando si dimostra che impegno, dedizione e merito sono adeguatamente valutati, quando in modo trasparente si mettono a disposizione, soprattutto come professori e ricercatori, i risultati del proprio lavoro perché si vuole rendere conto alla società degli investimenti fatti. È una grande responsabilità, individuale e collettiva.

Ministro dell’Università e della Ricerca