Vari kataweb:«L’Istruzione dev’essere di tutti»
Prima uscita pubblica nel ricordo di don Milani. «Gli insegnanti? Un pilastro» Il neo ministro Fioroni: il governo investirà sulla scuola
ROMA. No all’esclusione sociale attraverso la scuola, ma al contrario dare la parola a chi l’ha perduta e formare il maggior numero di giovani alle sfide della vita e del lavoro. Sono questi i valori che orienteranno il neo ministro dell’Istruzione, Giuseppe Fioroni, alla sua prima uscita pubblica, la marcia di Barbiana in ricordo di Don Lorenzo Milani.
«Sono a Barbiana - ha detto - come ministro della scuola di tutti, perchè questo e non altro vuol dire l’espressione pubblica istruzione». Se l’agenda degli impegni più complessi, dal futuro della controversa riforma Moratti alle legittime istanze del corpo docente, è in elaborazione, Fioroni ha già dato un chiaro segnale anche commentando l’intervento che il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha fatto incontrando gli studenti venerdì scorso al Quirinale: «La scuola è il patrimonio sul quale questo Paese deve investire per tornare ad essere competitivo», con gli insegnanti, «pilastro senza il quale è impossibile costruire».
Una strada che per ora non vuole andare incontro alle polemiche, da qualsiasi parte vengano, e che non a caso ha visto Fioroni a Barbiana, primo ministro dell’Istruzione a rendere testimonianza nei luoghi di don Milani: «Chi sale a Barbiana non può non tornare indietro senza un significativo insegnamento: il no all’indifferenza».
E il riferimento del neo ministro è alla perpetuazione di quei «percorsi di esclusione sociale che, per tanti decenni, hanno attraversato la scuola ed il mondo della formazione».
Fioroni ha ricordato come, ogni anno, decine di migliaia di ragazzi escano dalla scuola media senza il conseguimento del diploma, mentre circa il 25% non consegue diplomi o qualifiche professionali: «Questo - ha spiegato - è un punto sul quale è mio fermo proposito intervenire con politiche adeguate perchè in nessun modo la scuola sia un luogo di esclusione» per «non lasciare indietro nessuno». Ciò non solo per una pietà «che in una società segnata per tanti aspetti dall’empietà è certamente una laica e nobile virtù», ma per un interesse «a formare il maggior numero di giovani possibile ad impegni di vita e di lavoro degni di essere vissuti e tali da costituire una base di certezze umane e produttive per il futuro del nostro Paese».