Università emergenza nazionale
Poche risorse, tanto precariato e diritto allo studio negato. A Firenze assemblea organizzata dalla Flc Cgil. Conclude Maurizio Landini. Diretta dalle 10
di Stefano Iucci
Sempre meno risorse, personale precario, pochi laureati, tasse sempre più alte e forti squilibri territoriali. È “La nuova emergenza università”: titolo emblematico scelto dalla Flc Cgil per l’assemblea che si svolge oggi (19 ottobre) presso l’ateneo di Firenze (scarica il programma). L’incontro giunge in un momento cruciale. La scorsa Finanziaria, infatti, quella del 2023, aveva interrotto un trend che vedeva una seppur lenta ripresa dei finanziamenti per l’università e ciò che trapela dalla prossima non lascia certo ben sperare rispetto a possibili nuovi tagli. Ai lavori partecipano, tra gli altri, la segretaria generale della Flc Cgil, Gianna Fracassi, e il leader della Cgil, Maurizio Landini.
Pochi laureati
Come sottolinea Pino Di Lullo, segretario nazionale Flc Cgil e responsabile dell’università, citando il report realizzato per l’occasione, “il numero di studenti universitari nel nostro Paese è basso, come è basso il numero di laureati dove siamo fanalino di coda in Europa e tra gli ultimi posti tra i paesi Ocse. Se prendiamo la fascia di età 25-34 anni registriamo un dato del 28% di laureati, ben 20 punti meno della media dei 38 paesi aderenti all’Ocse”.
Se poi andiamo a declinare il dato delle immatricolazioni per aree geografiche negli ultimi dieci anni registriamo “Il costante esodo di studenti del Sud verso le università del Nord Italia – osserva Di Lullo – che determina conseguenze negative sia sull’economia di quelle regioni che ricadute dirette sulle università meridionali”.
E le tasse aumentano
Anche in questo caso i confronti sono impietosi. In Danimarca, Finlandia, Germania, Svezia, e Norvegia l’accesso all’università è totalmente gratuito, mentre in Francia è davvero poco oneroso, 200 euro l’anno. Situazione totalmente diversa in Italia, dove il 62,5% degli studenti universitari iscritti alle università paga le tasse che nell’ultimo triennio sono aumentate mediamente del 7,7%, portando il valore medio a 1.463 euro.
Quanto agli alloggi, in Italia su circa 1.800.000 studenti universitari poco meno della metà sono fuori sede e l’attuale disponibilità per alloggi per studenti copre solo l’8% degli studenti fuori sede. Il costo dell’affitto di una stanza singola, che va da più di 600 euro a Milano a poco meno di 500 a Roma, Bologna e Firenze, rappresenta un ostacolo insormontabile per molte famiglie, determinando una e vera e propria selezione di classe.
Risorse? Meno e peggio
Tenendo conto dell’inflazione, il Fondo di finanziamento ordinario dei nostri atenei risulta nettamente inferiore a quello disponibile prima della crisi del 2008. Se consideriamo il solo valore nudo e crudo, ci sono voluti 10 anni per tornare a livello precrisi e comunque nel frattempo si sono persi 5 miliardi di finanziamento. Ma non si tratta di un fatto solo quantitativo: negli anni la composizione del fondo è drasticamente cambiato.
Nonostante la sua funzione sia quella di coprire le spese ordinarie di funzionamento – a partire dagli stipendi e dai costi strutturali – a partire dalla legge Gelmini e in ossequio all’ideologia del merito, parti sempre più consistenti di esso sono state ripartite in base a logiche premiali e competitive. Il risultato è che la quota base del Fondo è negli anni diventata meno della sua metà. Insomma: più risorse a chi già ne ha di più. Per il segretario della Flc è una situazione insostenibile che “genera ingiustificati e pericolosi squilibri e pertanto si deve ritornare a una diversa e più equa e certa distribuzione delle risorse tra gli atenei”.
La "supplenza" del precariato
Una delle ricadute più gravi di questa riduzione è naturalmente quella sul personale: la sua contrazione è stata la più alta tra quelle registrate in tutti i settori delle attività pubbliche. Il personale Tab (tecnico, amministrativo e bibliotecario) di ruolo è inferiore del 17% rispetto ai valori del primo decennio, il personale docente e ricercatore del 13%. Per Di Lullo “servirebbero 40 mila assunzioni tra i docenti (quasi l’80% del dell’attuale personale di ruolo) per arrivare alla media europea”.
A compensare ci pensa, come al solito, il precariato. Nel personale docente e di ricerca con l’esplosione dei docenti a contratto (28 mila), dei ricercatori a tempo determinato di tipo A (quasi 7 mila) e degli assegnisti di ricerca (quasi 15 mila). Per il resto del personale aumenta il ricorso ad appalti esterni.
Pnrr, occasione mancata
Nonostante le ingenti risorse impegnate (14.5 miliardi di euro in totale) il Pnrr non interviene affatto su questi nodi. Agli studenti sono destinati meno di 2 miliardi (attività di orientamento alle superiori, borse di studio, alloggi, ecc), praticamente la metà del finanziamento dell’housing studentesco privato, anche con deroghe ai vincoli edilizi per le residenze universitarie (sono quei 60 mila posti previsti, di cui molti non si sa se saranno realizzati e rivolti realmente a studenti).
Che fare?
Se la situazione è questa bisognerebbe intervenire subito avendo un’idea di sistema dell’università. “Innanzitutto si debbono realizzare interventi di riforma che superino la legge Gelmini del 2010 per correggere gli squilibri che con la sua logica competitiva e premiale si sono determinati, commenta Di Lullo.
Alla base di tutto, però ci sono le risorse. Negli anni i tagli hanno portato l’incidenza della spesa universitaria su quella pubblica a un livello bassissimo, il più basso nella Ue: circa lo 0,3% del Pil che la metà della media Ue. “Per un’università più europea che guardi al futuro rimane imprescindibile tornare a finanziare il sistema universitario e porsi l’obbiettivo di aumentare progressivamente le risorse per arginare i danni prodotti da più di un decennio di mancato sviluppo”, aggiunge il sindacalista.
Quindi, conclude il segretario della Flc, “serve finanziare una legge quadro nazionale sul diritto allo studio, che stabilisca i livelli essenziali delle prestazioni. Servono investimenti nella residenzialità universitaria e nel welfare studentesco in genere. Serve innalzare il finanziamento ordinario anche per poter abolire la tassazione studentesca. Ne va del futuro delle nuove generazioni e dunque del paese.