Ma alla politica nazionale e regionale interessa davvero la scuola?
Comunicato di Tobia Sertori, Segretario generale FLC CGIL Lombardia.
A cura della FLC CGIL Lombardia
Dall'inizio dell’emergenza sanitaria sulla scuola sono state scritte e dette molte cose come se, finalmente, la politica mettesse al centro della propria azione un progetto e un investimento sul futuro di milioni di studenti e del Paese, vedendo nell’istruzione un bene comune, di tutti. Un’illusione!
Abbiamo assistito ad una campagna esclusivamente mediatica sul nulla, o quantomeno su argomenti che non determinavano la ripresa delle lezioni duratura di tutti gli studenti a scuola, specie per quelli delle secondarie superiori.
Abbiamo assistito ad uno scontro istituzionale mai visto prima tra Stato e Regioni, le ultime in molti casi ad uso esclusivamente di opposizione politica al Governo (paghiamo i guai di un Titolo V della Costituzione, lasciato nel limbo).
Abbiamo assistito ad una confusione nella compagine di Governo con date e controdate e Decreti smentiti poi da ordinanze di altri ministri del governo.
Tutto questo ha fatto emergere ancora una volta l’assenza di un progetto, di un’idea su quale scuola si vuole e per cosa. L’azione è sempre stata improntata solo a tamponare l’emergenza senza una prospettiva.
Perché la scuola, dopo l’emergenza Covid, non può tornare quella di prima del Covid. Una scuola abbandonata a sé stessa con sempre meno risorse di organico, con continue incursioni dei ministri di turno, dal 2008 oggetto di scelte di disinvestimento e tagli.
La scuola ha bisogno di una centralità politica che riporti la scuola pubblica ad essere un investimento per il futuro delle generazioni che la frequentano e per il Paese (i dati OCSE ci dicono da tempo l’arretramento della scuola italiana sul fronte del numero dei diplomati, del numero dei laureati, delle carenza di conoscenza sugli ambiti di comprensione linguistica e matematica). I cicli scolastici così come strutturati hanno debolezze; serve un’altra organizzazione delle scuole, nuove figure di sistema, serve ridurre gli alunni per classe, serve portare l’obbligo scolastico, nella nuova scuola, a 18 anni, serve un sistema di reclutamento che garantisca professionalità e stabilizzazione del personale, serve un piano di formazione che riveda la didattica, serve tornare a sperimentare dal basso (perché la scuola italiana è cresciuta con le sperimentazioni nate nelle scuole). Serve una Costituente per la Scuola!
Per ri-collegare la scuola con la società, per ridarle quel valore sociale che è stato smantellato dalle azioni della politica negli ultimi anni.
La ripresa delle lezioni delle scuole secondarie superiori, dopo le vacanze natalizie, è stata al centro di ordini e contrordini sulle date e sulle percentuali degli studenti in presenza.
Ribadiamo che, così come tutti gli alunni delle scuole del primo ciclo (infanzia, primaria e medie) sono tornati a scuola in presenza dall’inizio dell’anno scolastico, anche per gli studenti delle scuole superiori si doveva garantire la presenza a scuola. Il tema non è riaprire il 7, l’11, o il 18 gennaio. La questione è nota da tempo. Le scuole secondarie superiori sono in DAD perché non si è risolto il problema del trasporto pubblico per portare in sicurezza a scuola gli studenti; il problema non è la presenza degli studenti (tutti) a scuola, perché la loro sicurezza e la loro salute e quella del personale è garantita dal protocollo sulla sicurezza che nelle scuole viene applicato. Ciò che non si è risolto è come garantire sicurezza e salute, evitando gli assembramenti, prima e dopo le lezioni.
Ciò che contestiamo è chiedere alle scuole una continua rimodulazione della propria organizzazione! Significa non conoscere la scuola. Significa scaricare sui Dirigenti Scolastici e su tutto il personale l’inefficienza della politica e l’assenza di un progetto.
Non basta indicare doppi/tripli turni, serve comprendere che ci sono problemi perché i docenti hanno più classi, che alcuni non hanno solo una scuola ma prestano servizio su più scuole, serve sapere che se si entra alle 10 e si arriva a casa alle 17 (studenti e docenti) non ci sono mense nelle scuole superiori (tema banalmente fisiologico!?).
Le lezioni in presenza si facciano da subito ma in modo definitivo e fino alla fine dell’anno. Non riapriamo per richiudere. L’impatto psicologico del non luogo fisico dell’aula, del non ritrovarsi ogni mattina insieme, la mancanza di relazioni, potrà avere effetti pesanti sugli studenti. La DAD non è scuola, è strumento utile temporaneo per mantenere una relazione ma, non potrà mai sostituire la scuola in presenza.
Dobbiamo dire grazie a chi lavora nelle scuole, dai Dirigenti Scolastici, ai Docenti e al personale non docente (ata) perché, senza supporto, con propri mezzi, senza una formazione specifica si sono rimessi in gioco per garantire forme di relazione e di insegnamento fuori dalla scuola, nelle case dei bambini e studenti. Ma, la scuola è altra cosa. E chi la scuola la fa vuole riavere tutti gli alunni/studenti in aula.
La scuola è sempre stata pronta, ed ha risposto anche a questa situazione tragica, nonostante tutto. Chi non è stato all’altezza è la politica statale e regionale.