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CNR: non è questione di maquillage, ma di modello.

L’appello inviato a tutti i dipendenti del CNR dai direttori dei dipartimenti è considerato dalla FLC assolutamente inaccettabile per i contenuti, ma anche per le modalità.

06/09/2006
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L’altro ieri i dipendenti del CNR hanno ricevuto il testo di un «Appello per la ricerca». Esso, predisposto dai direttori di dieci dipartimenti dell’Ente, è accompagnato da un invito alla sottoscrizione.

Riteniamo necessario, oltre che sulle questioni di merito, esprimere la nostra assoluta contrarietà per il metodo che gli estensori del documento hanno scelto di adottare.

È certamente singolare che i direttori dei dipartimenti, nel prendere collegialmente posizione in merito ad un processo di riforma che ha generato forti perplessità in seno alla comunità scientifica (e non soltanto in seno ad essa) invitino soggetti per così dire subordinati a sottoscrivere un appello. Si tratta di un fatto, oltre che anomalo, preoccupante sul piano della natura dei rapporti che dovrebbero intercorrere tra gli operatori della ricerca. La ricerca impropria di consenso, di per sé demagogica, è, a maggior ragione in fasi come quella che l’Ente sta attraversando, particolarmente pericolosa, perlomeno per due ordini di ragioni.

In primo luogo essa è l’ennesima conferma del verticismo che pervade il modello organizzativo che la riforma Moratti ha imposto all’Ente.

Inoltre, il fatto che si cerchi di misurare impropriamente il consenso, mira evidentemente a polarizzare le posizioni, creando divisioni artificiose tra gli operatori del CNR e rendendo arduo pervenire ad un clima sereno, condizione necessaria per l’avvio di qualsiasi riflessione in merito alla necessità di apportare modifiche al modello di funzionamento dell’Ente (necessità, paradossalmente, avvertita dagli stessi promotori dell’iniziativa).

In queste condizioni, anche le proposte dell’Appello che potrebbero essere oggetto di riflessione e confronto (sblocco delle assunzioni, urgente revisione dei regolamenti) risultano non credibili.

Inoltre i promotori dell’appello intendono inviarlo sia al Ministro Mussi che al Presidente Pistella ed ai componenti il Consiglio di Amministrazione. Cioè lo stesso appello verrebbe inviato sia a chi è responsabile primo dell’attuale stato di degrado dell’ente, sia a chi ha dichiarato nel suo programma di governo di volere riportarvi l’autonomiae ridare la voce e la possibilità di operare al mondo della ricerca.

Passando poi al merito dell’appello, questo appare una difesa ad oltranza della legge di riforma attuata, dei regolamenti e della gestione dell’attuale dirigenza, e contiene anche alcuni punti che eufemisticamente chiamiamo imprecisioni.

  • L’organizzazione a commesse non ha affatto avvicinato la ricerca al mondo produttivo. Si è trattato, infatti, di un mix di annunci a cui non ha fatto seguito nulla e di una risistemazione dell’esistente finalizzata più a ciò che appare che non alla sostanza. Tra l’altro, a dispetto di quanto si continua ad affermare, senza portare dati precisi, non siamo affatto certi che l’autofinanziamento del CNR sia fortemente aumentato in questi anni ed anzi ci giungono svariati segnali di una sua riduzione in questo ultimo periodo dovuta proprio alla stanchezza ed alla frustrazione di coloro che soli possono alimentarlo, cioè i ricercatori. Lasciamo questo punto all’analisi che verrà fatta dagli organismi di controllo, primo tra tutti la Corte dei Conti; come sindacato ribadiamo la nostra forte richiesta che nel CNR, come in tutto il pubblico, la trasparenza sia finalmente reale e tutti possano verificare gli andamenti economici.

  • Gli attuali dipartimenti non stanno funzionando come strutture light, ma inserendosi gerarchicamente al di sopra delle strutture di ricerca, le hanno completamente espropriate da ogni possibilità di esprimere le loro reali potenzialità. Le decisioni sulla distribuzione dei posti da mettere a concorso, quelle sulla rete scientifica e sugli istituti che “meritano” di essere mantenuti tali, le valutazioni sulle commesse sono tutti esempi di scelte gerarchiche senza alcun livello di trasparenza che ci fanno dire nel concreto che i dipartimenti sono gerarchicamente sovraordinati ai luoghi dove si svolge l’attività di ricerca.

  • L’organizzazione data in questi anni al CNR l’hanno ridotto ad una macchina burocratica che, tra l’altro, non è neppure capace di funzionare in modo efficiente: l’accorpamento di tutto il potere nelle mani del solo Presidente, prima, e ora anche dei direttori di dipartimento ha allungato i tempi per ogni iniziativa ed ha sottoposto il personale di ricerca ad un peso di atti burocratici enorme distogliendolo dalla sua attività primaria, la ricerca. Inoltre la macchina burocratica costruita non è più stata capace di supportare le necessità della ricerca e invece di essere un aiuto è risultata un ostacolo.

Certo al Governo è assegnato il compito, non semplice in questo quadro complessivo del paese, di aumentare i finanziamenti alla ricerca e, quindi, al CNR e di fare entrare i giovani con concorsi per posizioni a tempo indeterminato.

Ma che cosa ha saputo fare questo CNR con le poche deroghe che il governo precedente gli aveva concesso?

Perché non ha completato i concorsi previsti in modo da avere una lista di vincitori da potere assumere al 30 aprile scorso?

Perché si è ridotto a dovere assumere con chiamata nominativa un centinaio di tempi determinati togliendo agli assunti la possibilità di utilizzare l’articolo 5 del contratto nazionale di lavoro?

E che cosa sta facendo per utilizzare le altre deroghe che ha ricevuto per il 2006, visto che si parla oggi a4 mesi dalla fine dell’anno di rivedere i profili dei posti da mettere a concorso?

Come ha utilizzato le risorse ricevute dal Ministero nell’ambito dell’Intesa sul mezzogiorno?

O, ancora, come ha gestito i concorsi per gli avanzamenti di carriera dei ricercatori,

banditi con estremo ritardo ed ancora non espletati completamente per i ritardi sulla definizione delle commissioni, sui quali i ricorsi si stanno moltiplicando, anche per l’assenza di indicazioni precise da parte dell’ente?

Per tutti questi, e tanti altri motivi , l’appello che chiede di “rendere operativo l’attuale impianto di riforma” è semplicemente inaccettabile: è infatti proprio questa riforma che sta avviando l’ente al declino, mentre ci sarebbero tutte le potenzialità, in particolare nella professionalità del suo personale, per un suo rilancio nel mondo della ricerca, ricerca che, se è di alto livello, produce comunque nel tempo ricadute utili allo sviluppo del Paese.

Roma, 6 settembre 2006

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Presentazione del libro il 18 novembre, ore 15:30
Archivio del Lavoro, Via Breda 56 (Sesto San Giovanni).

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