CRA: ancora una volta la magistratura supplisce al ruolo di autocontrollo della pubblica amministrazione!
Le OO.SS. sono impegnate a convocare un Presidio davanti al MIPAAF per avere garanzie rispetto al rinnovo di tutti i contratti precari e chiedere la certezza dei finanziamenti per il CRA, ma anche per l'INEA.
La notizia è di quelle che non sorprende, irregolarità ripetute, uso disinvolto del patrimonio pubblico, falsificazione di documentazione e altro ancora finalizzato all'arricchimento personale.
Questo il quadro dell'inchiesta avviata dalla Procura di Roma a carico dell'ex Direttore generale e della sua segretaria, entrambi, all'epoca dei fatti, in servizio presso l'INRAN oggi accorpato al CRA. Una vicenda che emerge grazie alla costante azione di denuncia messa in campo dalla FLC CGIL.
Come sempre, sarà la magistratura nel suo ruolo ad accertare responsabilità e fatti, acquisendo ulteriori prove, testimonianze e riscontri documentali, per cui eviteremo di ritornare sulle responsabilità dei singoli rispettando comunque la vicenda umana di chi oggi si trova limitato nella sua libertà personale.
Tuttavia, non possiamo non constatare che ancora una volta, la Pubblica Amministrazione e nel caso specifico il Ministero per le Politiche Agricole, organo vigilante dell’ex INRAN, è stato sostituito nella sua funzione di controllo dalla magistratura, la quale non può che intervenire su reati già commessi, mentre altri avrebbero dovuto prevenire quanto accaduto con le modalità previste dal nostro ordinamento, malgrado fossero stati anche destinatari (Mipa e Corte dei Conti) delle stesse informative inviate alla Procura.
Ma la vicenda è in realtà molto più grave di quanto appare!
Oltre all’ipotesi di peculato dei singoli si evidenzia, nella migliore delle ipotesi, da parte dei vertici dirigenziali e politici del MIPA una colpevole superficialità nell’esercizio delle proprie funzioni, senza escludere una consapevole contiguità o addirittura complicità che la stessa magistratura dovrà accertare per i diversi livelli di responsabilità.
Ci domandiamo infatti, dove erano all’epoca dei fatti i vertici di Via XX Settembre, il Presidente, il Consiglio di amministrazione, il Collegio dei Revisori dell’ex INRAN mentre avveniva tutto questo?
Forse, perché occupati a garantirsi il mantenimento di prestigiose e remunerative posizioni di vertice, non si accorgevano che nel loro Ente Pubblico di Ricerca, che dovrebbe rappresentare il meglio della pubblica amministrazione, per compiti, capacità e competenze, una gestione disonesta oltre che appropriarsi del denaro pubblico faceva crescere a dismisura il debito, mortificando le professionalità espresse dal personale di ruolo e precario.
O forse erano impegnati a far sottoscrivere al Direttore Generale un contratto privatistico che addirittura, contro ogni normativa, obbligava l’INRAN a una Polizza Assicurativa a carico delle finanze pubbliche per garantire entro i 5 anni successivi dalla risoluzione del contratto la copertura di eventuali responsabilità a carico dell’ex Direttore generale per presunti danni all’erario derivanti dalla sua attività, mentre alcuni fatti erano oggetto di denunce da parte della stampa e di puntuali interrogazioni parlamentari a cui ad esempio il Ministro Catania non ha mai dato risposta.
Tutto questo per dire che, i fatti ora oggetto dell’indagini della magistratura inquirente non potevano avvenire senza la “benevola tolleranza” di chi con il suo silenzio/assenso ha contribuito indubbiamente a trasferire al CRA una pesantissima eredità.
Non vorremmo infatti che, in nome di un mai tramontato trasformismo, a gestire l’ipotetica “Verdissima” fossero gli stessi vertici che finora hanno devastato gli enti di ricerca controllati come ENSE INRAN INEA e CRA demolendone la capacità scientifica, lucrando sulle competenze scientifiche di centinaia di precari e avallando modelli organizzativi e gerarchici estranei alla ricerca, ma funzionali a ben altre logiche.
Le stesse probabilmente che hanno portato ad affidare i lavori di ristrutturazione della ex sede INRAN in Via Ardeatina a ditte più o meno collegate e compromesse con la coppia Anemone Balducci già rinviata a giudizio per i cosiddetti “appalti milionari” (Terremoto L’Aquila, G8 La Maddalena, Mondiali di Nuoto ecc. ecc.).
Siamo convinti che siamo solo all’inizio e che il vaso di Pandora si è ormai aperto, anche per altre vicende, che potranno essere verificate nelle sedi opportune come più volte segnalato.
Su questi aspetti chiederemo conto al Ministro delle sue oggettive responsabilità istituzionali affinché assuma i necessari provvedimenti straordinari per rimettere in marcia un sistema che rischia il collasso, ma anche la delegittimazione nei confronti dell’opinione pubblica.