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CREA: al Parco Tecnologico padano, la Ricerca è davvero “un’impresa”

Operazione immobiliare per il salvataggio del parco tecnologico di Lodi o per fare cosa?

13/11/2018
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Il CREA ha proceduto alla emanazione di un avviso di indagine esplorativa, propedeutica all’eventuale procedura di evidenza pubblica, per l’acquisto di un immobile da destinare alle diverse strutture di ricerca del territorio lombardo e in particolare dell’area lodigiana. Secondo quanto è riferito dagli organi di stampa, l’operazione è collegata al “salvataggio” del Parco Tecnologico padano (PTP) di Lodi. Un Parco Tecnologico mai veramente decollato, su cui si favoleggia da almeno 10 anni, ma che nel frattempo è diventato una voragine finanziaria (oltre ad essere un presunto fiore all’occhiello per un ampio fronte politico locale, nel quale spicca la Lega).
La Fondazione che ne è a capo intanto ha accumulato 14 milioni di Euro di deficit!
Francamente non si capisce perché il CREA dovrebbe esporsi in un’operazione immobiliare come questa, se non nell’ottica del salvataggio della Fondazione.

Veniamo al merito. La riduzione e razionalizzazione delle Sedi del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (CREA), che si volevano finalizzate alla efficienza organizzativa ed economica, rischiano di produrre una consistente serie di paradossi, almeno per quanto riguarda le Strutture e i Laboratori dell’area milanese e dell’area lodigiana.

Infatti, l’indagine esplorativa, propedeutica all’eventuale procedura di evidenza pubblica, per l’individuazione di un immobile nell’area lodigiana, il cui avviso è stato emanato il 5 novembre 2018, rischia di apparire sempre più un’operazione di “salvataggio” del Parco Tecnologico padano, gravato da troppi debiti.

Il timore è che il procedimento possa condurre alla cessione di immobili di proprietà CREA ed al trasferimento delle Strutture e del personale di Milano e Lodi presso il Parco Tecnologico padano, l’incubatore che avrebbe dovuto valorizzare l’identità agro-zootecnica del lodigiano, al centro di inchieste giornalistiche, mai veramente decollato e gravato da debiti, per i quali è stato prossimo al concordato preventivo e con una consistente esposizione verso le Banche creditrici.

Il CREA ha da poco concluso un protocollo di intesa con il Parco Tecnologico Padano S.r.l. (Società soggetta a direzione e coordinamento della corrispondente Fondazione PTP) e il Consiglio di amministrazione ha adottato una delibera (n. 58/2018) per la razionalizzazione delle sedi lombarde, con cui si approva l’acquisto di un edificio di circa 11.000 mq, per un importo compreso tra 10 e 14 milioni di euro. Un impegno finanziario significativo, consistente, che sarebbe affrontato mediante la cessione e permuta di immobili di proprietà dell’Ente.

Sul piano sostanziale e dell’attività di ricerca, nonostante FLC CGIL ne abbia posto la inderogabile e necessaria precondizione, non vi è alcuna garanzia che nella nuova Sede sia tutelata la programmazione e prosecuzione dell’attività di ricerca e, in particolare, dell’attività sperimentale di campo (terreni, serre e camere di crescita) che richiede la contiguità tra i laboratori e le aree di sperimentazione.

Si tratta di una operazione che, se dovesse compiersi secondo quanto prefigurato dalle notizie di stampa (Il Cittadino di Lodi, venerdì 9 novembre 2018, p. 7), confermerebbe un quadro generale di depotenziamento (se non di azzeramento) dell’autonomia degli Enti pubblici di ricerca, che in questo caso si presterebbero (il CREA) ad un’operazione immobiliare dai contorni dubbi, fuori dagli obiettivi principali di ricerca in campo agroalimentare.

Ancora una volta un incrocio pericoloso fra la Ricerca e la Lega (dopo il defenestramento di Battiston dall’ASI e la proposta Blangiardo all’Istat), che in questo caso oltre al Comune di Lodi controlla anche il Ministero dell’Agricoltura, per un’operazione di tipo immobiliare.   

In questa ipotesi, facendo antifrasi del claim PTP Science Park, potrebbe dirsi letteralmente che “la ricerca si fa impresa”. Una condizione opposta al ruolo strategico che la Ricerca dovrebbe avere per il futuro culturale ed economico del Paese.

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