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Enti pubblici di Ricerca: legge di stabilità, cervelli in fuga da Palazzo Chigi

Tagli al turn over e al salario accessorio, zero finanziamenti straordinari: Enti di Ricerca in chiusura.

26/10/2015
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La legge di stabilità riporta l'ordinaria capacità di assumere personale tecnico e amministrativo negli enti pubblici di ricerca al 25% per il triennio 2015-2017. Inizialmente tutto il turn over era stato portato al 25% come nel resto della Pubblica Amministrazione. Ricordiamo che per gli enti di ricerca il turnover era previsto al 60% nel 2015, al’80% nel 2016 e al 100% nel 2017.

La scelta che divide il personale in due categorie omaggiando la retorica stantia della Pubblica Amministrazione tutta uguale mette in discussione gli attuali piani assunzionali già magri, e l’immissione in ruolo dei tanti precari si fa sempre più un miraggio. L’indicazione sembra essere quella dell’espulsione di centinaia di loro dagli enti di ricerca.

Un’ulteriore riduzione delle retribuzioni è prevista attraverso un ritorno al congelamento al 2015 del fondo del salario accessorio, con la sottrazione progressiva delle risorse derivanti dai pensionamenti, tornando all’impostazione tremontiana del 2011-2014, dopo un solo anno nel quale il personale delle pubbliche amministrazioni aveva maturato l’illusione di uno “spiraglio”. Ciò significa tagliare le gambe alla contrattazione integrativa. Questo si aggiunge alla inconsistenza delle risorse previste per il rinnovo del CCNL che rappresentano un insulto per i lavoratori e per la sentenza della Corte Costituzionale.

Contrariamente alle voci di un piano straordinario di reclutamento non è previsto nessun tipo di investimento aggiuntivo per assumere precari e nuovo personale di ricerca. Queste misure devono essere per altro sommate al taglio di 53 milioni di euro al fondo di finanziamento ordinario disposto di recente dal Miur per gli enti di Ricerca di propria vigilanza, in attesa di verificare la consistenza dei fondi di bilancio di tutti gli altri.

In questo quadro l’infrastruttura della Ricerca pubblica, già smantellata da definanziamento, tagli e accorpamenti, inizia una fase di vera e propria chiusura. Chiusura dei centri di ricerca, espulsione dei ricercatori precari, pari al 40% del contingente complessivo degli addetti, uscita da ogni ambito internazionale, messa a rischio di funzioni fondamentali di supporto e vigilanza in campo sanitario, idrogeologico, statistico.

 Qui non è in questione la iniquità e la evidente connotazione “elettorale” dell’impianto complessivo della legge finanziaria 2015, ma il cinismo assoluto di questo contingente di politici che da Palazzo Chigi guida il Paese. Continuare con la politica di tagli alle risorse del sistema pubblico della Ricerca significa assicurare al Paese di collocarsi definitivamente agli ultimi gradini della scena economica internazionale. Altro che rilancio dell’economia e uscita dall’austerità. Ma evidentemente ben vale un taglio delle tasse e un pacchetto di incentivi alle imprese.

Per altro in questi mesi avevamo letto con favore i contenuti della delega al governo sugli enti di ricerca contenuta nell’art. 13 del così detto “dl Madia” di riforma della pubblica amministrazione, che pone la questione della specificità della Ricerca rispetto al resto della pubblica amministrazione. Per quanto insopportabile da ascoltare poi, la retorica del Presidente del Consiglio delle ultime settimane intorno “all’alta velocità dell’università” e alla volontà di assumere nuovi ricercatori sembrava alludere al finanziamento di un piano straordinario di assunzioni per il personale di ricerca, misura auspicata da almeno dieci anni.

Ci troviamo invece una condizione inimmaginabile per cui non solo non ci sono assunzioni straordinarie, ma si subisce un taglio ulteriore e un nuovo blocco della contrattazione integrativa e riduzione dei salari. Dove sia finita la specificità degli Enti di Ricerca rispetto al resto della pubblica amministrazione sancito dal dl Madia è davvero difficile comprenderlo.

La buona ricerca evidentemente è quella smantellata per Renzi.

Sia chiaro che la FLC CGIL è in campo per cambiare i contenuti di una legge finanziaria non solo iniqua ma nei fatti dannosa.