Carriere di ricercatori e tecnologi: si impone sempre più per via giudiziaria il rispetto del contratto e dei diritti
Due importanti sentenze del TAR del Lazio su cui vale la pena di fare qualche riflessione di sistema.
È di questi giorni l’ultima sentenza del TAR del Lazio che si pronuncia sulle carriere dei ricercatori e tecnologi degli Enti Pubblici di ricerca e sul tema dell’art 15. L’altra, sempre dello stesso tenore, risale a febbraio del 2019. Stiamo parlando di due sentenze della Sezione III, numeri 11540/2019 e 11750/2019, che riaffermano in maniera inequivocabile il merito della sentenza delle Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 8985/2018.
In sostanza si tratta di un pronunciamento su ricorsi presentati da lavoratori del CNR partecipanti a procedure concorsuali per il I livello di Dirigente di Tecnologo in un caso e per il II livello di Primo Ricercatore nell’altro, che lamentano, sia pure per ragioni diverse, la loro esclusione dalle relative graduatorie dei vincitori. Attenzione, si tratta di procedure bandite nel 2013 in applicazione dell’articolo 15 del CCNL 2002-2006 del 7 aprile 2006, ovvero selezione riservate al personale interno.
Il TAR del Lazio in tutti e due i casi dichiara “inammissibile per difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo, sussistendo la giurisdizione del giudice ordinario”, il ricorso in quanto come affermato dalla Corte di Cassazione (sentenza SS.UU. n. 8985/2018), in tema di pubblico impiego contrattualizzato lo sviluppo di carriera dei ricercatori e tecnologi attraverso lo strumento dell’articolo 15 non rientra nelle progressioni verticali.
Questo pronunciamento che certamente dal punto di vista del lavoratore si risolve in una sconfitta in quanto la dichiarazione di inammissibilità costringerà il lavoratore a ritentare presso il giudice ordinario del lavoro per ottenere il riconoscimento delle proprie ragioni, con grave perdita delle spese sostenute al momento, per la FLC CGIL non fa altro che confermare quanto andiamo dicendo da tempo in materia di carriere dei ricercatori e tecnologi, ovvero che l’articolo 15 è pienamente esigibile e non esistono ragioni per non procedere alla sua piena applicazione, anche sotto l’aspetto delle risorse per il suo finanziamento.
Le argomentazioni giuridiche delle sentenze fanno piazza pulita dei pronunciamenti dei vari soggetti deputati alla vigilanza della corretta applicazione delle norme contrattuali e degli effetti vessatori che norme legislative intervenute successivamente hanno prodotto sugli istituti contrattuali (pensiamo allo smantellamento che la Brunetta ha prodotto negli ordinamenti professionali relativamente alle carriere - quanti guasti!). Possono stare tranquilli gli Enti Pubblici di Ricerca e procedere come da noi sostenuto, all’applicazione integrale dell’articolo 15 secondo quanto prescritto dal contratto, finalizzandolo nuovamente allo sviluppo delle carriere, con buona pace dei vari organismi di controllo ed indirizzo: ARAN, Dipartimento della Funzione Pubblica, MEF, Collegi dei Revisori dei Conti. Rivendicazione che è esigibile anche dal punto di vista finanziario allorché si dovranno individuare le risorse da destinare a tal fine, senza incidere su quelle del turn-over.
Ma c’è ancora dell’altro: la sentenza si spinge su alcune riflessioni che rendono sostenibile il doppio canale di accesso al I e al II livello dei ricercatori e tecnologi, come fra l’altro aveva stabilito il CCNL nell’ordinamento che ne deriva dal combinato disposto dei commi dell’articolo 15. Infatti, il Tribunale non cede alla tentazione di ridurre questi passaggi a “progressioni meramente economiche”, come avrebbe voluto la semplificazione di brunettiana memoria, ma vi riconosce gli strumenti che in base a quanto definito nella contrattazione collettiva applicabile comportano il "conferimento di qualifiche più elevate, ma comprese nella stessa area, categoria o fascia di inquadramento e, come tali, caratterizzate, da profili professionali omogenei nei tratti fondamentali, diversificati sotto il profilo quantitativo piuttosto che qualitativo”. Siamo insomma in presenza di “carriere” affatto peculiari rispetto a quelle riconducibili alle “ordinarie qualifiche dirigenziale o funzionariali”, come recitano le sentenze. Questo concetto viene ulteriormente sviluppato con richiami ai contratti successivi, fra cui quello Istruzione e Ricerca del 19 aprile 2018 e il suo ancoraggio al DLgs 218/2016, quindi alla Carta Europea dei Ricercatori: un insieme di norme pattizie di natura programmatica che rendono altra la figura del ricercatore e tecnologo rispetto alle “strutture burocratiche (funzionariali e dirigenziali)” della pubblica amministrazione; con il richiamo forte e chiaro all’articolo 80 del CCNL Istruzione e Ricerca.
Una riflessione che certamente potrà essere utile in sede di riunione all’ARAN della Commissione paritetica per la revisione dell’Ordinamento di cui all’articolo 69 del CCNL Istruzione e Ricerca, quando si dovrà mettere mani al sistema di classificazione dei profili professionali. Un contributo che potrà aiutare a superare contrattualmente il limite molto semplificato, se non addirittura rozzo, fra le progressioni verticali e quelle orizzontali, nonché a far coesistere due sistemi di accesso al II e al I livello.
Tutta materia che dovrà essere affrontata in sede di rinnovo contrattuale, per il quale al momento continuano ad essere insufficienti le risorse a disposizioni per i contratti pubblici, nonché assenti quelle ulteriori promesse dal governo per i settori della scuola, dell’università, della ricerca e dell’AFAM.