Iscriviti alla FLC CGIL

Home » Scuola » Art. 17 della Legge n. 196/97

Art. 17 della Legge n. 196/97

Come noto, la Corte dei Conti ha bloccato l’emanazione del regolamento attuativo dell’art.17 della legge 196/97, impugnando lo stesso articolo davanti alla Corte Costituzionale, che dovrebbe pronunciarsi entro la fine di questo anno

26/11/1999
Decrease text size Increase  text size

Come noto, la Corte dei Conti ha bloccato l’emanazione del regolamento attuativo dell’art.17 della legge 196/97, impugnando lo stesso articolo davanti alla Corte Costituzionale, che dovrebbe pronunciarsi entro la fine di questo anno.

Nel frattempo il Governo è impegnato a inserire nel collegato alla Finanziaria, che a tutti gli effetti è legge, un testo che in buona parte dovrebbe riprendere tutti i punti del regolamento attuativo bloccato, tentando di superare, fra le altre, l’obiezione sollevata relativamente al fatto che quelle non sono materie da definire in un regolamento. Ovviamente gli esiti definitivi dell’intera questione saranno chiari solo con l’approvazione della Finanziaria, che, come risaputo, avviene insieme alla legge di bilancio dello Stato entro il 31.12.99.

Alleghiamo il testo della citata Ordinanza della Corte dei Conti, pubblicata in Gazzetta ufficiale il 27 ottobre u.s.

_________________________________

Ordinanza emessa il 10 settembre 1999 dalla Corte dei conti nel deferimento sull 'esame e pronuncia sul visto e conseguente registrazione del decreto d.PR. datato 21 dicembre 1998

Istruzione artigiana e formazione professionale - Regolamento recante disposizioni sulla formazione professionale -Misure per la ristrutturazione degli enti formativi - Emanazione con d.P.R. in base al decreto legislativo impugnato - Disciplina con regolamento delegato (abrogativo di norme legislative statali individuanti "principi fondamentali") della materia della formazione professionale, oggetto di riserva assoluta di legge - Previsione di decorrenza dell'esercizio delle nuove attribuzioni da parte delle Regioni e dell'abrogazione di fondamentali norme statali disciplinanti la materia dall'effettivo trasferimento di beni e risorse alle Regioni stesse - Violazione della sfera di competenza e dell'autonomia finanziaria regionale.

Istruzione artigiana e professionale - Previsione, in materia di formazione continua dei lavoratori, di interventi sia statali che regionali, non definitivi e non differenziati, finanziati con le medesime risorse - Violazione della sfera di competenza e dell'autonomia finanziaria regionale.

Istruzione artigiana e professionale - Attribuzione allo Stato di competenze circa l'analisi dei fabbisogni formativi, la formazione continua, i contratti di formazione e lavoro - Violazione della sfera di competenza regionale -Eccesso di delega.

(Legge 24 giugno 1997, n. 196, art. 17, commi 1 e 2, dl. 20 maggio 1993, n. 148, art. 9, commi 3, e 3-bis e 4, conveflito con modificazioni nella legge 19 luglio 1993, 236, d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112, artt. 7, 142, commi 1, lett. e), e) ef), 2 e 3).

(Cost., artt. 76, 117 e 119).

LA CORTE DEI CONTI

Nell'adunanza del 10 settembre 1999;

Visto il d.P.R. in data 21 dicembre 1998 con il quale è stato emanato il regolamento recante disposizioni in materia di formazione professionale, a norma dell'art. 17, comma 1, della legge 24 giugno 1997, n. 196, e dell'art. 20 comma 8, della legge 15 marzo 1997, n 59;

Vista la nota in data 26 agosto 1999 del consigliere delegato al controllo sugli atti di governo e la relazione in data 23 agosto 1999 del consigliere istruttore;

Vista l'ordinanza in data 27 agosto 1999, con il quale il Presidente della Corte dei conti ha deferito alla sezione del controllo, convocata per l'adunanza odierna, l'esame della legittimità del decreto presidenziale sopra indicato;

Vista la nota della segreteria della sezione del controllo prot. n. 1016/99 in data 30 agosto 1999. Visto l'art. 1 della legge 21 marzo 1953, n. 161;

Vista la legge 14 gennaio 1994, n. 20;

Udito il relatore consigliere Maurizio Meloni;

Uditi i rappresentanti della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero del lavoro e della previdenza sociale.

RITENUTO IN FATT0

In data 28 gennaio 1999 è pervenuto alla Corte dei conti - Ufficio di controllo sugli atti di governo, per il prescritto controllo preventivo di legittimità il decreto del Presidente della Repubblica in data 28 dicembre 1998 con il quale è stato emanato il regolamento recante disposizioni in materia di formazione professionale, a norma dell'art. 17, comma i, della legge 24 giugno 1997, n. 196, e dell'art. 20, comma 8, della legge 15 marzo 1997, n. 59.

In sede istruttoria l'ufficio di controllo sugli atti di governo, con foglio di rilievo n. 2 del 12 febbraio 1999, ha richiesto all'amministrazione una serie di chiarimenti attinenti sia all'esatta portata del disposto dell'art. 17 della legge n. 196 del 1997 in relazione anche alla sua compatibilità con l'art. 117 della Costituzione, sia alla conformità a legge di alcune disposizioni contenute nel regolamento.

L'amministrazione, con nota in data 2 luglio 1999, ha controdedotto alle osservazioni formulate dall'Ufficio di controllo.

Con relazione in data 23 agosto 1999 il consigliere istruttore, in base anche alle risposte fornite dall'amministrazione, anzitutto, ha prospettato ulteriori dubbi in merito alla legittimità costituzionale dell'art. 17 della legge n. 196 del 1997, nonchè in relazione a diverse altre norme di cui il regolamento costituisce esplicazione, attinenti alle materie della formazione professionale. Inoltre, è stata contestata la non conformità a legge di numerose disposizioni del regolamento.

Il consigliere delegato al controllo sugli atti di governo, concordando con il consigliere istruttore, con nota in data 26 agosto, 1999, ha inviato gli atti al Presidente della Corte dei conti per il -deferimento alla sezione del controllo dell'esame del regolamento, richiedendo espressamente che oggetto dell'esame collegiale fossero tutte le prospettate questioni, attinenti sia alla legittimità costituzionale dell'art. 17, commi 1 e 2 della legge n. 196 del 1997, dell'art. 9, commi 3, 3-bis e 4, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148 (convertito con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236), nonché degli artt. 7 e 142, comma 1, lettere c), e) edf) commi 2 e 3, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, sia alla conformità a legge di tutte le disposizioni regolamentari indicate nella menzionata relazione in data 23 agosto 1999.

Nel corso dell'adunanza odierna sono stati ascoltati i rappresentanti della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, i quali tra l'altro, hanno esposto oralmente il contenuto di una "memoria" depositata in data odierna.

CONSIDERATO IN DlRITT0

Alla luce delle conclusioni esposte nella relazione in data 23 agosto 1999, ribadite nel corso dell'odierna adunanza dal consigliere delegato al controllo sugli atti di governo, ritiene il collegio che, preliminarmente rispetto all'esame della conformità a legge del regolamento, debba essere affrontata la questione concernente la legittimità costituzionale delle norme di rango primario indicate nella menzionata relazione del consigliere istruttore.

Nessun dubbio sussiste in merito alla rilevanza delle questioni attinenti alla legittimità costituzionale ditale normativa (art. 17 commi i e 2, della legge n. 196 del 1997, dell'art. 9, commi 3, 3-bis e 4 del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, nonché degli artt. 7 e 142, comma 1, lettere c), e) edf), commi 2 e 3, del decreto legislativo 31 marzo 1998. n. 112) rispetto all'esercizio del controllo preventivo avente ad oggetto il suindicato regolamento in tema di formazione professionale.

Il controllo preventivo di legittimità esercitato sui regolamenti, infatti, consiste nella verifica della conformità della normativa di rango secondario alle prescrizioni dettate nella materia trattata dalla normativa di rango primario e in particolare in quella che prevede il regolamento (art. 17, commi 1 e 2, della legge n. 196 del 1997), nonché in quella che in termini generali disciplina la materia oggetto del regolamento stesso (d.l. n. 148 del 1993. artt. 1-10, 140-147 del decreto legislativo 31 marzo 1998. n. 112).

Ciò premesso, anzitutto, si ritiene che non sia manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 17, commi 1 e 2, della legge n. 196 del 1997.

Nel foglio di rilievo è stato espresso l'avviso che la disciplina contenuta nei primi due commi dell’art.17 della legge n.196 del 1997sia costituzionalmente illegittima per contrasto con l’art.117 della Costituzione (che fissa una riserva di legge "assoluta"), nella parte in cui prevede che i principi fondamentali, ivi indicati, ai quali le regioni si devono ispirare nell'esercizio della potestà legislativa loro riconosciuta in tema di formazione professionale (integrativi di quelli dettati dalla legge 21 dicembre 1978, n. 845, legge-quadro in materia di formazione professionale) siano esplicitati ed ulteriormente definiti tramite un regolamento delegato (emanato ai sensi dell'art. 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400) a seguito della delegificazione della materia.

In base al disposto del comma 1, dell'art. 17 della legge n. 196 del 1997 le "norme di natura regolamentare" dovrebbero "costituire la prima fase di un più generale, ampio processo di riforma della disciplina in materia" di formazione professionale.

Il regolamento in esame (cfr. l'art. 1) attua il disposto di tutto il comma 1, del menzionato art. 17, ad eccezione della lettera a).

Nel foglio di rilievo, inoltre, è stato osservato che l'intervento statale, per quel che concerne le materie in relazione alle quali le regioni sono dotate di potestà legislativa concorrente, deve essere finalizzato precipuamente alla definizione dei principi fondamentali (tramite le c.d. leggi-quadro, e non anche per mezzo di norme regolamentari), nonché allo svolgimento delle funzioni di indirizzo e coordinamento dell'attività amministrativa delle regioni (cfr. l'art. 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59).

In merito alle osservazioni formulate dall'ufficio di controllo la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha affermato che "con lo strumento della delega si è voluto in realtà procedere ad un riordino, sia pure transitorio, delle sole competenze statali in materia, non intervenendo minimamente sul quadro delle attribuzioni regionali".

Ad avviso della Presidenza del Consiglio dei Ministri, infatti, tutte le disposizioni contenute nel regolamento troverebbero fondamento nell'art. 142, comma 1, del d.lgs. n. 112 del 1998 che "individua le funzioni e i compiti riservati allo Stato in materia di formazione professionale". In particolare, con riferimento alle disposizioni contenute negli artt. 10-16 del regolamento, l'amministrazione ha affermato:

a) l'art. 2 trova "fondamento nella previsione di cui all'art. 142, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 112 del 1998";

b) "le disposizioni di cui all'art. lO, in materia di accreditamento delle strutture formative, trovano puntuale fondamento nell'art. 142, comma 2 (recte: comma 1), lett. d), che demanda allo Stato il compito di definire i requisiti minimi per l'accreditamento delle strutture che gestiscono l'attività formativa";

c) "la disposizione di cui all'art.11... non pone problemi sul piano della lesione dell'autonomia regionale in quanto già attribuisce alle regioni un ruolo centrale nella ristrutturazione degli enti formativi";

d) la disciplina di cui all'art. 12. che definisce il ruolo delle università in materia di formazione professionale, fa comunque salvo il rispetto delle competenze di cui al decreto legislativo n. 112 del 1998, e quindi non appare lesivo delle prerogative regionali";

e) "le norme di cui agli artt. 13 e 14, che istituiscono e regolamentano il fondo interprofessionale per la formazione continua, trovano copertura nell'art. 142, comma 1, lett. f), che riconosce allo Stato i compiti in materia di promozione e finanziamento delle attività di formazione continua dei lavoratori";

f) le previsioni di cui agli artt. 15 e 16, in materia di certificazione delle competenze professionali e crediti formativi dando vita ad un sistema unitario valido su tutto il territorio nazionale, trovano fondamento nell'art. 142, lett. c), del decreto legislativo n. 112 del 1998".

Conclusivamente l'amministrazione ha affermato che "l'art. 17, commi 1 e 2, della legge 196/1997 non presenta profili di illegittimità costituzionale in quanto a livello regolamentare non vengono affatto modificati "i principi fondamentali" in tema di formazione professionale che rimangono - nella loro interezza - definiti dalla legge quadro n. 845/1978, nonché dallo stesso art. 17".

Le controdeduzioni dell'amministrazione non appaiono convincenti. Si ritiene, infatti che;

a) le disposizioni contenute negli artt.11 e 12 del regolamento non attengano alle funzioni riservate allo Stato dall'art. 142 del d.lgs. n. 112 del 1998 riferendosi invece, all'attività di competenza delle regioni in materia di formazione professionale.

In merito all'art. 11 del regolamento - che disciplina la ristrutturazione degli enti formativi e che trova il suo fondamento normativo nell'art. 17, comma 1, lett. f), della legge n. 196 del 1997 - nelle controdeduzioni dell'amministrazione si legge che tale disposizione "non pone problemi sul piano della lesione dell'autonomia regionale in quanto già attribuisce alle regioni un ruolo centrale nella ristrutturazione degli enti formativi".

Tale considerazione tuttavia non centra il problema affrontato nel foglio di rilievo ove è stata formulata una censura concernente non la lesione dell'autonomia regionale (che determinerebbe la necessità della verifica della disciplina con l'art. 119 Cost.) bensì la violazione della riserva assoluta di legge sancita dall'art 117 Cost.

In quest'ottica, non appare dubbio che l'art. 11 del regolamento attua il disposto dell'art. 17, comma 1, lett. f) della legge n. 196 del 1997 (che si limita a prevedere l'adozione di misure idonee a favorire la ristrutturazione degli enti formativi), dettando una disciplina integrativa di quella statale di rango primario, invasiva dell'ambito in cui le regioni esplicano la loro potestà legislativa e non derogabile dalla legislazione regionale concorrente.

Considerazioni analoghe vanno formulate anche in relazione all'art. 12 del regolamento, intitolato "formazione professionale e università".

Con riguardo a tale disposizione, da valutare alla luce della modifica dell'art. 17, comma 1, primo alinea, della legge n. 196 del 1997 operata dall'art. 67 comma 1, lett. a), della legge n. 144 del 1999, nelle controdeduzioni si afferma che l'art. 12 "fa salvo il rispetto delle competenze di cui al decreto legislativo n. 112 del 1998, e quindi non appare lesivo delle prerogative regionali".

Tale osservazione appare ininfluente poiché ciò che in questa sede assume rilevanza e unicamente la circostanza che l'art. 12 del regolamento attua ed integra il disposto del comma 1, dell'art. 17 della legge n. 196 del 1997 (nel testo modificato dall'art. 67, comma 1, lett. a), della legge n. 144 del 1999), che nel primo alinea, tramite una affermazione di principio, si limita a garantire in via del tutto astratta ai lavoratori "adeguate opportunità di formazione ed elevazione professionale anche attraverso l'integrazione del sistema di formazione con il sistema scolastico e universitario e con il mondo del lavoro";

b) gli artt. 13 e 14 disciplinano una materia, la c.d. "formazione continua" che precipuamente rientra nelle competenze regionali in tema di formazione professionale: cfr. in tal senso l'art. 141 comma 1, del d.lgs. n. 112 del 1998, che inserisce nella "formazione professionale" tra l'altro, "la formazione continua, permanente e ricorrente". L'art. 142, comma 1, lettere e) edf), infatti, individua competenze statali in tema di "formazione continua" meramente residuali (su ciò v. in seguito).

L'articolo 13, peraltro non si riferisce soltanto alle competenze statali di cui alle menzionate lettere e) ed f) del comma 1, dell'art. 142 del d.lgs. n. 112 del 1998, bensì esplicitamente dispone che la disciplina regolamentare si applica anche alle "politiche formative regionali", cioè all'attività posta in essere dalle regioni in materia di "formazione continua".
Pertanto non può essere condivisa l'affermazione contenuta nelle controdeduzioni dell'amministrazione secondo cui "gli artt. 13 e 14... trovano copertura nell'art. 142, comma 1, lett. f)".
La disposizione regolamentare in esame, peraltro, non tende unicamente alla individuazione (o specificazione) di principi fondamentali della materia, bensì detta una disciplina concernente anche il reperimento e la gestione delle risorse da destinare al finanziamento delle attività di "formazione continua".
In relazione all'art. 13 del regolamento, conseguentemente sorgono problemi in parte diversi rispetto a quelli trattati in sede di esame degli artt. 11 e 12 del regolamento (mancato rispetto della riserva assoluta fissata dall'art. 117 Cost.).
La tematica da affrontare in sede di valutazione della disciplina legislativa (art. 17, comma 1, lett. d), della legge n. 196 del 1997) e regolamentare (art. 13 del regolamento) in esame, infatti, è anche quella del rispetto delle attribuzioni e dell'autonomia delle regioni (art. 119 Cost.).
In materia risulta vigente l'art. 4, primo comma, lett. a), della legge n. 845 del 1978, secondo cui le regioni, attenendosi ai principi fondamentali stabiliti con leggi dello Stato, provvedono a disciplinare con proprie leggi "la programmazione, l'attuazione e il finanziamento delle attività di formazione professionale".

Tale norma appare rispettosa del disegno ordinamentale delineato dagli artt. 117-119 della Costituzione, dai quali si desume che le regioni, titolari in materia di formazione professionale della potestà legislativa (seppur concorrente), nonché della correlata potestà amministrativa, sia programmatoria che gestionale, sono enti che devono essere dotati di una sfera di autonomia tale da garantire la possibilità di gestire gli interessi devoluti alla loro cura.
Da ciò deriva l'illegittimità costituzionale della legislazione statale di rango primario in base alla quale tali interessi sono soddisfatti (anche o esclusivamente) mediante l'attività posta in essere da terzi, siano essi lo Stato stesso ovvero soggetti privati (organizzazioni sindacali).
Inoltre, nella legislazione vigente è previsto un sistema di programmazione della distribuzione delle risorse a livello nazionale affidato alle cure del CIPE. Alla luce delle determinazioni ditale organo, al quale sono attribuite le competenze in materia di ripartizione delle risorse utilizzabili per il finanziamento di tutte le attività concernenti la formazione professionale, lo Stato dovrebbe erogare a ciascuna regione le risorse finanziarie ad essa spet­tanti. La regione successivamente, in base alle risorse assegnatele, dovrebbe provvedere alla redazione e al finanziamento dei programmi e dei piani (regionali) e alla valutazione dei singoli progetti (per la disciplina comunitaria degli interventi in tema - non soltanto - di formazione professionale finanziati con i fondi strutturali comunitari cfr. i regolamenti (CEE) n. 2081/1993 e n. 2082/1993).
Con riferimento agli interventi in materia di formazione professionale di competenza delle regioni finanziati con risorse comunitarie, anzitutto, può essere richiamato l'art. 24 della legge n. 845 del 1978 in base al quale:

a) le regioni, in conformità dei programmi pluriennali e dei piani annuali da esse predisposti per l'attuazione delle attività di formazione professionale (cfr. l'art. 5 della legge n. 845 del 1 978), autonomamente autorizzano, per l'area di propria competenza, la presentazione dei progetti di formazione ai competenti organi comunitari, tramite il Ministero del lavoro (in tal senso, cfr. anche l'art. 18, lett. g), della legge n. 845 del 1978);
b) l'unico intervento statale in materia è quello spettante al CIPE, che annualmente "indica in conformità di parametri fissati dalla commissione interregionale di cui all'art. 13 della legge 16 maggio 1970, n. 281, il limite massimo di spesa entro cui ciascuna regione può autorizzare l'inoltro dei progetti" da finanziare con fondi comunitari.

La legislazione successiva alla legge-quadro in tema di, formazione professionale ha ulteriormente puntualizzato l'ambito dell'intervento del CIPE.
In particolare, gli artt. 2, comma 1, lett. c), e 3 della legge 16 aprile 1987, n. 183 attribuiscono al CIPE il potere di:

1) adottare "direttive generali per il proficuo utilizzo dei flussi finanziari nazionali e comunitari, indicandone le quote per amministrazioni competenti";
2) determinare annualmente "le linee di fabbisogno finanziario, statale e regionale, connesso all'azione in Italia delle politiche comunitarie";
3) definire annualmente "il programma degli interventi finanziari da effettuarsi nel corso dell'anno successivo con il concorso comunitario, coordinando fra loro i programmi statali" (da predisporre, ove previsti, con riferimento alle funzioni in tema di formazione professionale "mantenute" in capo allo Stato) e regionali in materia.

In relazione a tale ultima attività programmatoria del CIPE, l'art. 9, comma 7, del d.l. n. 148 del 1993 ha stabilito che il Ministro del lavoro, di concerto con quello del tesoro, annualmente propone al CIPE l'ammontare (pari a due terzi) delle risorse nazionali del fondo di rotazione per la formazione professionale previsto dall'art. 25 della legge n. 845 del 1978 disponibili per essere corrisposte agli operatori in attesa della erogazione dei fondi comunitari.
Per quel che attiene, invece, alle iniziative regionali in tema di formazione professionale finanziate con risorse nazionali l'art. 22, primo comma, della legge n. 845 del 1978 stabilisce che le attività promosse dalle regioni sono finanziate nell'ambito del fondo comune di cui all'art. 8 della legge 16 maggio 1970, n. 281.
Al predetto fondo sono conferiti tutti gli stanziamenti di spesa iscritti nel bilancio dello Stato attinenti ad attività di formazione professionale trasferite alle regioni.
Successivamente, l'art. 9, comma 7, (ultimo alinea), del d.l. n. 148 del 1993 ha integrato tale normativa prevedendo che il Ministro del lavoro, d'intesa con le regioni, programma l'utilizzazione di un terzo delle risorse inserite nel Fondo di rotazione per la formazione professionale per lo svolgimento dei programmi regionali, in modo appropriato rispetto ai bisogni formativi, acquisendo il preventivo parere della commissione centrale per l'impiego.
Per quel che concerne, infine, il finanziamento delle (residue) attività di competenza statale, trova applicazione il disposto del menzionato art. 2 della legge n. 183 del 1987 - che individua le competenze programmatorie del CIPE - e l'art. 22, secondo comma, della legge n. 845 del 1978 (a conferma di quanto precede, cfr. la deliberazione CIPE del 13 aprile 1994, relativa al periodo 1994-1999).
Riassumendo, in considerazione di quanto esposto, si è dell'avviso che i "principi fondamentali" vigenti in materia di formazione professionale, in contrasto con la riserva assoluta di legge fissata dall'art. 117 della Costituzione. risultino attuati, integrati e specificati dalla normativa contenuta negli artt. 11 e 12 del decreto. In relazione a' disposto ditali norme regolamentari il collegio ritiene che debba essere sottoposta all'esame della Corte costituzionale la questione attinente alla legittimità costituzionale dell'art. 17, comma 1, (alinea e lett. i) e comma 2, della legge n. 196 del 1997.
In relazione all'art. 13, invece, dovrebbe essere valutata la compatibilità dell'art. 17, comma 1, lett. d), della legge n. 196 del 1997 con gli artt. 117 e 119 della Costituzione.
Osservazioni analoghe a quelle esposte in relazione agli artt. 11 e 12, infine, vanno formulate in merito a'l'art. 18 del regolamento in esame, che dispone l'abrogazione di alcune norme della legge n. 845 del 1978 (cioè della legge-quadro in materia di formazione professionale), ed in particolare dell'art. 5 (dalla lettera b) sino alla fine) di tale legge. che detta un principio fondamentale della materia, e precisamente quello secondo il quale le regioni, per l'attuazione dei propri programmi, (oltre che direttamente) possono procedere mediante la stipulazione di "convenzioni" con soggetti appartenenti a determinate categorie in possesso di specifici requisiti.
L'art. 18 trova il suo fondamento normativo nell'art. 17, comma 1, lett. h), e comma 2, della legge n. 196 del 1997. Tale disposizione appare costituzionalmente illegittima, per violazione dell'art. 117 Cost., poiché non rispettando la riserva assoluta di legge disposta dalla norma costituzionale, prevede l'emanazione di norme regolamentari delegate (ex art. 17, comma secondo, della legge 23 agosto 1988, IL 400) abrogative di norme dileggi statali individuanti "principi fondamentali" in tema di formazione professionale.
Condivisibile, invece, appare l'affermazione della amministrazione secondo cui altre disposizioni del regolamento in esame sono riconducibili (unicamente - cfr. gli artt. 2, 10, 15 e 16 - ovvero anche - cfr. gli artt. 13 e 14) alle "competenze statali" in materia di formazione professionale. Come accennato in precedenza, infatti, l'amministrazione ritiene che l'art. 2 del regolamento trovi fondamento nella lett. a), l'art. 10 nella lett. d), gli artt. 13 e 14 nella lett. f), gli artt. 15 e 16 nella lett c) dell'art. 142, comma 1, del d.lgs. IL 112 del 1998.
Da ciò deriva che le norme regolamentari in esame non sono "delegate" (pertanto non possono modificare norme di legge), poiché esse non rinvengono il proprio fondamento normativo nell'art. 17 della legge IL 196 del 1997 (che, al comma 2, richiama l'art. 17, comma 2, della legge IL 400 del 1988). Conseguentemente, esse devono essere qualificate norme regolamentari di esecuzione ovvero di attuazione, ai sensi dell'art. 17, comma 1, della legge n. 400 del 1988.
Al riguardo, peraltro, si osserva che la normativa contenuta negli artt. 140-147 del d.lgs. IL 112 del 1998 non è attualmente operativa in quanto a) il trasferimento di funzioni, b) l'abrogazione (cfr. l'art. 147 del d.lgs. n. 112 del 1998) di alcune fondamentali norme preesistenti disciplinanti la materia della formazione professionale e c) l'esercizio delle "nuove" attribuzioni da parte delle regioni decorrono non dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo, bensì dall'effettivo trasferimento dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative" in favore degli enti regionali (cfr. l'art. 7 del menzionato decreto legislativo).
E il medesimo meccanismo di rinvio della operatività della normativa delegata emanata in attuazione delle deleghe legislative contenute nella legge n. 59 del 1997, recentemente censurato dalla sezione del controllo (cfr. l'ordinanza n. 2/1999, con la quale è stata sottoposta all'esame della Corte costituzionale la legittimità costituzionale del d.lgs. 4 giugno 1997, n. 143).
Attualmente, quindi, al fine della individuazione dei compiti riservati allo Stato in materia di formazione professionale occorre fare riferimento alla normativa vigente in epoca anteriore rispetto alla entrata in vigore del d.lgs. n. 112 del 1998, e precisamente all'art. 18 della legge n. 845 del 1978, all'art. 40 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 e all'art. 9 del d.lgs. n. 148 del 1993).

In relazione all'art. 2 occorre fare riferimento all'art. 4 del d.P.R. n. 616 del 1977 e all'art. 18, primo comma, lettere c) e g), della legge IL 845 del 1978.

L'art. 10, che disciplina l'accreditamento delle strutture formative, trova fondamento nell'art. 18, primo comma, lett. 1), della legge n. 845 del 1978, secondo cui spetta allo Stato "la definizione, su parere conforme della commissione di cui all'art 17, dei requisiti tecnici per il riconoscimento dell'idoneità delle strutture e delle attrezzature adibite alla formazione professionale".

In merito agli artt. 13 e 14 del regolamento, che dettano disposizioni in materia di "formazione continua" dei lavoratori e che disciplinano (anche) le funzioni e i compiti "mantenuti" allo Stato, la normativa alla quale occorre fare riferimento è quella contenuta nell'art. 9, commi 3, 3-bis e 4, del d. -1. 20 maggio 1993, n. 148.

Trattasi, tuttavia, di una normativa che appare in contrasto con il disposto degli artt. 117 (che individua puntualmente le materie di competenza regionale) e 119 (che garantisce l'autonomia regionale) della Costituzione, poiché prevede che nell'ambito della stessa (sub) materia siano contemporaneamente possibili (non definiti e non differenziati) interventi sia statali che regionali finanziati con le medesime risorse.

Il fondamento normativo dell'art. 15 del regolamento, attinente alla certificazione delle competenze professionali, potrebbe essere rinvenuto nel disposto dell'art. 17, comma 1, lett. e), della legge n. 196 del 1997.

Infine, la materia disciplinata dall'art. 16 del regolamento (crediti formativi) non risulta spettante allo Stato in base ad alcuna norma precedente rispetto all'art. 142, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 112 del 1998.

Applicando la normativa vigente in epoca anteriore all'entrata in vigore del d.lgs. n. 112 del 1998, l'art. 16 dovrebbe essere dichiarato illegittimo. In relazione, invece, agli artt 13 e 14 (riferibili, come detto, anche alle funzioni statali in materia di formazione continua) deve essere sollevata la questione di legittimità costituzionale per violazione degli artt. 117 e 119 Cost.) dell'art. 9, commi 3 3-bis e 4 del d.-l. n. 148 del 1993.

Non appare dubbio peraltro che il Governo con gli artt. 2, 3-6, 8-10, 13, 14 (le ultime due disposizioni nella parte in cui si riferiscono, alle funzioni esercitate dallo Stato), 15 e 16 del regolamento abbia voluto attuare il disposto dell'art. 142 del d.lgs. n. 112 del 1998.

Appare necessario, pertanto, esaminare anzitutto la correttezza del condizionamento dell'operatività della disciplina contenuta nel d.lgs. IL 112 del 1998 al trasferimento alle regioni dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative necessarie per l'esercizio delle funzioni "trasferite" (cfr. l'art. 7 del d.lgs. n. 112 del 1998).

In materia, la Sezione del controllo, nella menzionata ordinanza n. 2/1999 (di rinvio alla Corte costituzionale della questione attinente alla legittimità costituzionale della analoga normativa contenuta nel d.lgs. n. 143 del 1997, istitutivo del Ministero per le politiche agricole) ha espresso l'avviso che il meccanismo di rinvio sopra delineato non trova fondamento in alcuno del criteri direttivi indicati dalla legge IL 59 del 1997 e viola il limite temporale imposto al Governo per l'esercizio della delega.

In merito, ritiene il collegio che il condizionamento della operatività della disciplina contenuta nel d.lgs n. 112 del 1998 al trasferimento dei beni e delle risorse in favore degli enti regionali sia in contrasto: a) con i criteri direttivi previsti nella legge n. 59 del 1997; b) con il limite temporale imposto al Governo per l'esercizio della delega.

Per quel che concerne il primo aspetto, si osserva che nessun criterio tra quelli indicati nella legge n. 59 prevede tale "condizionamento".

Al riguardo, si pone in rilievo, altresi, la irrazionalità della normativa in esame, in base alla quale la di sci­plina contenuta nel d.lgs. n. 112 del 1998 avrà nell'ambito del territorio nazionale una applicazione per cosi dire "a pelle di leopardo" qualora il trasferimento dei beni e delle risorse non intervenga contemporaneamente in favore di tutte le Regioni.

Sotto il secondo profilo, si ritiene che i "tempi" concessi al Governo risultino sostanzialmente violati se, nonostante la formale emanazione della normativa delegata, nulla cambia per un tempo indefinito e non definibile, essendo lasciate alla discrezionalità del Governo tutte le decisioni concernenti l'emanazione dei provvedimenti attuativi (in materia, cfr. anche l'ordinanza di rinvio n. 17/99, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale - prima serie speciale, 25 agosto 1999, n. 34, con la quale - v. punto 5 - è stata sollevata la questione di legittimità costituzionale dell'analoga norma contenuta nell'art. 49 del d.lgs. n. 96 del 1999).

Si ritiene, pertanto, analogamente a quanto deciso in precedenza, che debba essere sottoposta all'esame della Corte costituzionale la questione della legittimità costituzionale dell'art 7 del d.lgs. n. 112 del 1998.

Inoltre, poiché alla Corte dei conti non sarà sottoposto nuovamente il regolamento in esame quando la normativa contenuta nel d.lgs. n. 112 del 1998 diventerà operativa, appare necessario prendere in esame adesso l'art. 142 ditale decreto legislativo, il quale, tuttavia, per potere essere applicato deve essere esso stesso ritenuto costituzionalmente legittimo.

In ogni caso, la valutazione della legittimità costituzionale dell'intero art. 142 del d.lgs. n. 112 del 1998 può essere sicuramente affrontata in correlazione all'esame degli artt. 3-6, 8-9 del regolamento che disciplinano il procedimento che lo Stato deve porre in essere per lo svolgimento delle attività di sua competenza nell'ambito della materia della formazione professionale (l'art. 3 del regolamento fa espresso riferimento alle "attività che rimangono allo Stato dopo la entrata in vigore" del d.lgs. n. 112 del 1998).

In merito all'art. 142 del d.lgs. n. 112 del 1998, possono essere formulate considerazioni analoghe a quelle espresse nella più volte menzionata ordinanza della sezione del controllo n. 2/99. Nella fattispecie in esame, infatti, sembra che in contrasto con l'art. 76 della Costituzione e con gli artt. 1, 2 e 3 della legge di delega n. 59 del 1997, l'art. 142 del d.lgs. n. 112 del 1998 abbia "mantenuto" in capo allo Stato funzioni e compiti non riservati alla competenza statale dalla normativa precedente (art. 18 della legge n. 845 del 1978, art. 40 del d.P.R. n. 616 del 1977 e art. 9 del d.-l. n. 148 del 1993).

Al fine di affrontare compiutamente la questione attinente alla legittimità costituzionale dell'art. 142 del d.lgs. n. 112 del 1998, si ritiene opportuno prendere in esame ciascuna competenza attribuita allo Stato dalla norma in questione al fine di verificare l'esistenza di una previgente norma attributiva allo Stato di uguali competenze. L'art. 3, comma 1, lett. a) della legge di delega n. 59 del 1997 infatti, testualmente afferma che mediante decreti legislativi sono individuati tassativamente le funzioni e i compiti da mantenere in capo alle amministrazioni statali".

Ciò premesso, si procede alla disamina di tutte le "lettere". contenute nell'art. 142, comma 1, del d.lgs. n. 112 del 1998:

lett. a): le competenze ivi previste risultano correttamente "mantenute" in capo allo Stato (cfr. l'art. 4, primo comma, del d.P.R. n. 616 del 1977, nonché l'art. 18, primo comma, lett. c) e g), della legge n. 845 del 1978);

lett. b): lo stesso dicasi per le competenze elencate nella disposizione in esame (cfr. l'art. 8 delle legge n. 59 del 1997 e l'art. 18, primo comma, lett. f), della legge n. 845 del 1978);

lett. c): tale norma "mantiene" allo Stato le competenze in tema di "individuazione degli standard delle qualifiche professionali, ivi compresa la formazione tecnica superiore, e dei crediti formativi e delle loro modalità di certificazione, in coerenza con quanto disposto dall'art. 17 della legge 24 giugno 1997, n. 196".

Come accennato in precedenza, per quanto a conoscenza della sezione, non sussiste una normativa statale che giustifica la perdurante competenza dello Stato in relazione a tutte le attività di cui si discute (la norma giustificatrice del parziale "mantenimento" in capo allo Stato delle competenze in questione potrebbe essere rinvenuta nell'art. 17, comma 1, lett. e), della legge n. 196 del 1997 per quel che attiene alla certificazione delle competenze acquisite con la formazione professionale).

In materia, risulta tuttora vigente il disposto dell'art. 14, secondo e terzo comma, della legge n. 845 del 1978, secondo cui le regioni, alla fine dei corsi di formazione, rilasciano agli allievi "attestati" in base ai quali gli uffici di collocamento assegnano le qualifiche valide ai fini dell'avviamento al lavoro e dell'inquadramento aziendale. Tali attestati "costituiscono titolo per l'ammissione ai pubblici concorsi";

lett. d): corretto appare il "mantenimento" in capo allo Stato di competenze in tema di "definizione dei requisiti minimi per l'accreditamento delle strutture che gestiscono la formazione professionale" (cfr. l'art. 18, primo comma, lett. 1), della legge n. 845 del 1978);

lett. e): la disposizione in esame "mantiene" allo Stato "le funzioni statali previste dalla legge 24 giugno 1997, n. 196, in materia di apprendistato, tirocini, formazione continua, contratti di formazione e lavoro".

La materia dell'apprendistato è disciplinata dall'art. 16 della legge n. 196 del 1997, che effettivamente prevede specifiche competenze del Ministro del lavoro e della previdenza sociale.

I "tirocini formativi e di orientamento", invece, risultano disciplinati dall'art. 18 della legge n. 196 del 1997.

I contratti di formazione e lavoro sono menzionati dall'art. 15 della legge n. 196 del 1997 (l'unica funzione attribuita ad un organo dello Stato - commissione regionale per l'impiego - è quella, avente quali destinatari i portatori di handicap, prevista dal secondo comma della norma stessa).

Ingiustificato appare, invece, il disposto dell'art. 142, comma 1, lett. e), del d.lgs. n. 112 del 1998 nella parte in cui conserva allo Stato le funzioni e i compiti amministrativi inerenti alle funzioni: statali previste dalla legge n. 196 del 1997 in tema di "formazione continua" (in termini generali, l'art. 141, comma 1, del d.lgs. n. 112 del 1998 dispone che la "formazione continua", permanente e ricorrente, è di competenza regionale). Al riguardo, si osserva che: a) l'art. 35 del d.P.R. n. 616 del 1977 attribuisce alle regioni tutte le competenze in tema di "formazione continua"; b) l'art 18 della legge n. 845 del 1978 non riserva alcuna competenza allo Stato in tema di "formazione continua" dei lavoratori; c) nella legge n. 196 del 1997 non è inserita alcuna norma che attribuisce allo Stato una qualsiasi competenza nella materia de qua;

lett. f): la disposizione "mantiene" in capo allo Stato le funzioni statali previste dal d.4. n. 148 del 1993 "in particolare per quanto concerne la formazione continua, l'analisi dei fabbisogni formativi e tutto quanto connesso alla ripartizione e gestione del Fondo per l'occupazione".

Al riguardo, si osserva che: a) l'unica norma, contenuta nel d.-l. n. 148 del 1993, che prevede la possibilità di intervento dello Stato nell'ambito delle iniziative volte a realizzare la c.d. formazione continua è l'art. 9, commi 3, 3-bis e 4, sulla cui legittimità costituzionale v. in precedenza.

Inoltre, non è stata rinvenuta alcuna specifica norma del d.-l. n. 148 del 1993 attributiva allo Stato di competenze aventi ad oggetto "l'analisi dei fabbisogni formativi" (che logicamente appare correlata alle potestà legislativa e programmatoria spettanti alle regioni).

Infine, si fa presente che il "Fondo per l'occupazione" è disciplinato dall'art. 1 del d. -1. n. 148 del 1993;

lett. g) ed h): le competenze ivi previste risultano correttamente "mantenute" allo Stato (cfr. l'art. 18, primo comma, lettere d) ed e), della legge n. 845 del 1978);

lett. i): lo stesso dicasi per quanto attiene alla disposizione in esame (v. l'art. 8, terzo comma, della legge n. 845 del 1978).

lett. 1): le competenze "mantenute" allo Stato dalla disposizione in esame trovano il loro fondamento nell'art. 40 del d.P.R. n. 616 del 1977, espressamente fatto salvo dall'art. 18, ultimo comma, della legge n. 845 del 1978.

In conclusione appare costituzionalmente illegittimo l'art. 142 comma 1, lettere c) (per ciò che riguarda i "crediti formativi"), e) (per quel che concerne la "formazione continua"), ed f) (per quel che attiene alla "formazione continua" e alla "analisi dei fabbisogni formativi") del d.lgs. n. 112 del 1998.

In ordine al secondo comma dell'art. 142 del d.lgs. n. 112 del 1997 si osserva che vengono attribuite alla conferenza Stato-regioni funzioni "di parere obbligatorio e di proposta" non previsti in precedenza da alcuna norma (la questione rileva ai fini dell'esame degli artt. 3-6 ed 8-9 del regolamento, atteso che tali funzioni dovrebbero essere esercitate anche in relazione al finanziamento delle attività). Inoltre, viene prevista l'"intesa" tra lo Stato e la conferenza Stato-regioni in relazione ad una serie di compiti e funzioni in precedenza non attribuiti allo Stato da alcuna norma (le lettere a) e b) della norma in esame non possono essere ritenute legittime neanche in virtù del disposto dell'art. 8, comma 1, della legge n. 59 del 1997 che prevede "l'intesa" tra lo Stato e la "conferenza" unicamente per gli atti di indirizzo e coordinamento delle funzioni amministrative regionali).

Con riguardo al comma 3 dell'art. 142 del d.lgs. n. 112 del 1998,. l'art. 18 della legge n. 845 del 1978 non menziona gli istituti professionali per i ciechi di cui al r.d. 29 agosto 1941, n. 1449. In merito alla disciplina di tale regio decreto e a quella contenuta negli artt. 64-66, 68-71 del d.lgs. 16 aprile 1994, n. 297 (relativi agli istituti professionali per minorati di vista, sordomuti e non vedenti), si fa presente che l'art. 4, primo comma, lett. d), della legge n. 845 del 1978 attribuisce alla competenza regionale la qualificazione professionale dei disabili.

Si è dell'avviso, pertanto, che la Corte costituzionale debba esaminare anche la questione della legittimità costituzionale dell'art. 142, commi 2 e 3 del d.lgs. n. 112 del 1998.

Per i motivi che precedono, ad avviso della sezione, le questioni di legittimità costituzionale sopra esaminate appaiono rilevanti e non manifestamente infondate.

P. Q. M.

Visti l'art. 134 della Costituzione, l'art. 1 della legge costituzionale 9febbraio1948, n. 1 e l'art. 23 della legge il marzo, 1953, n. 87.

Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione costituzionale: a) dell'art. 17, commi 1 e 2, della legge 24 giugno1997, n. 196 per violazione degli artt. 117 e 119 della Costituzione (l'art. 119 in relazione al primo comma, lett. d); b) dell'art. 9, commi 3, 3-bis e 4, del d. -1.20 maggio 1993. n. 14& convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, per violazione degli artt. 117 e 119 della Costituzione; c) degli artt. 7 e 142, primo comma, lett. c), e) ed f), commi 2 e 3 del d. lgs. 31 marzo 1998, n. 112, per violazione dell'art. 76 della Costituzione in relazione alla mancata attuazione e alla violazione degli artt. 1, 2 e 3 della legge 15 marzo 1997, n. 59 (per quel che attiene alla "formazione continua" menzionata nella lettera f) a condizione che venga dichiarata la illegittimità costituzionale dell'art. 9, commi 3, 3-bis e 4, del d. -1. n. 148 del 1993);

Dispone la sospensione del procedimento di controllo;

Ordina alla segreteria di trasmettere gli atti alla cancelleria della Corte costituzionale;

Ordina alla segreteria di notificare copia della presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei Ministri;

Ordina, infine, che la presente ordinanza venga comunicata ai presidenti delle due Camere del Parlamento.

Roma, addì 10 settembre 1999

Il presidente: DELFINI