Concorso a cattedre: ancora qualche dato
Fino a 900 concorrenti per un posto. Un dato medio contraddetto dalle situazioni reali.
I risultati analitici degli ammessi alla prova scritta del concorso ordinario sembrano dare ragione al poeta Trilussa, che nel suo componimento "La statistica" , mette in risalto come la media sia spesso un dato poco significativo o addirittura fuorviante se non si sa esattamente su quale base è calcolata e con quale criteri è definita. La famosa "media del pollo".
Dalla tabella di dettaglio, finalmente fornita dal MIUR, è possibile calcolare la reale situazione per insegnamento e per regione degli ammessi rispetto ai posti a concorso. La media nazionale fornita a suo tempo dal MIUR, 16 candidati per ogni posto, viene immediatamente smentita appena si analizza il dettaglio.
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Per ogni posto a concorso si va da 5,40 candidati per Lettere alle medie (A043) a 219,24 per Fisica (A038) e, se si analizzano i dati per regione, si conferma ancora di più la scorrettezza nel fornire dati medi senza specificarne l'eventuale dispersione.
Solo a titolo di esempio, possiamo citare per Fisica (A038) i 789 ammessi in Sicilia a fronte di 1 (un) posto a concorso, oppure i 617 del veneto per 3 (tre) posti. Per gli altri insegnamenti numerosi sono i casi di oltre 150 candidati per ogni posto a concorso.
Anche questa ulteriore analisi conferma tutte le perplessità già espresse per un’operazione che non ha niente a che fare con un sistema di reclutamento che guardi alle finalità della scuola pubblica e alle esigenze che ne discendono.
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«Sai ched'è la statistica? È na' cosa
che serve pe fà un conto in generale
de la gente che nasce, che sta male,
che more, che va in carcere e che spósa.
Ma pè me la statistica curiosa
è dove c'entra la percentuale,
pè via che, lì, la media è sempre eguale
puro co' la persona bisognosa.
Me spiego: da li conti che se fanno
seconno le statistiche d'adesso
risurta che te tocca un pollo all'anno:
e, se nun entra nelle spese tue,
t'entra ne la statistica lo stesso
perch'è c'è un antro che ne magna due.»
(Trilussa, La Statistica)