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Scuola dell’infanzia: ancora una volta le statistiche dimostrano che le povertà educative incidono sulla crescita economica del Paese

Ripartire dagli investimenti nella scuola dell’infanzia per garantire il diritto allo studio e alla cittadinanza.

19/04/2018
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Numerose indagini statistiche di questi ultimi anni, compreso lo Starting Strong dell’Unione europea, hanno evidenziato l’importanza dell’inserimento precoce delle bambine e dei bambini nei percorsi di formazione al fine dir fronteggiare i rischi della dispersione scolastica e delle povertà educative.

L’indagine condotta dal WeWorld index 2018, onlus internazionale che si occupa di infanzia, ha evidenziato ancora una volta come la povertà economica e quella educativa si alimentano a vicenda.

La scuola dell’infanzia in Italia da sempre ha rappresentato una risposta ai bisogni educativi della popolazione, determinando una riconosciuta differenza sostanziale con le scuole degli altri Paesi.

Eppure i provvedimenti legislativi che si sono succeduti dal 2008 in poi anziché sostenere la funzione della scuola dell’infanzia, hanno avuto l’effetto di depotenziarla. Infatti l’aumento degli alunni per classe, l’ingresso degli anticipatari, il blocco degli organici, la mancata sostituzione dei docenti nel primo giorno di assenza rischiano di comprometterne la strategia educativa e la sua funzione sociale.

Il Decreto legislativo 65 del 2017 sul sistema integrato 0-6 ha perso l’occasione di rilanciare il ruolo educativo del sistema scuola, cosa che avrebbe potuto fare intervenendo sui Livelli essenziali delle Prestazioni:

  • rispetto del contratto nazionale di riferimento che disegna il profilo professionale del docente e dell’educatore funzionale al sistema;
  • uscita dei nidi dal servizio a domanda individuale con un progressivo investimento da parte dei comuni nelle strutture accoglienti:
  • scrittura di linee guida comuni 0-6 che rispondono ai bisogni educativi dell’età dei bambini;
  • attenzione al tempo scuola, col servizio mensa obbligatorio per i comuni;
  • istituzione dei poli pedagogici all’interno degli istituti comprensivi in modo da garantire il percorso 0-6 nel sistema scuola;
  • ingresso delle sezioni primavera negli ordinamenti della scuola, con stabilizzazione di quelle allocate presso lo Stato;
  • stabilizzazione del personale precario;
  • investimento nell’organico di potenziamento della scuola statale al fine di valorizzare l’offerta formativa.

I decreti attuativi del Decreto legislativo 65 non sono andati affatto su questa strada e la scuola statale continua a dover fronteggiare da sola problemi ormai strutturali.

I circa 800 posti nell’organico di potenziamento della scuola dell’infanzia, peraltro senza investimenti aggiuntivi, sono una goccia nel mare delle assunzioni di cui avrebbe bisogno. Per questo motivo la FLC CGIL rivendicherà in tutte le sedi il loro corretto utilizzo, affinché l’organico potenziato non venga distratto per altri funzioni, ma venga impiegato per fronteggiare le difficoltà della scuola dell’infanzia: garantire il tempo scuola di 8 ore e la compresenza, il lavoro per piccoli gruppi, le sezioni primavera, gli interventi mirati a superare le disuguaglianze che purtroppo caratterizzano il nostro Paese.

Nonno, cos'è il sindacato?

Presentazione del libro il 5 novembre
al Centro Binaria di Torino, ore 18.

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