Rapporto Eurydice sui docenti di scuola media
Una conferma della giustezza delle rivendicazioni della FLC CGIL per il miglioramento della professionalità dei docenti e dell’intero sistema formativo del nostro Paese.
Un rapporto dei ricercatori di Eurydice sulla condizione professionale dei docenti nella scuola secondaria di primo grado evidenzia dati di sicuro interesse per ragionare attorno alla professionalità di questo settore di categoria ma anche sulla professione docente in generale.
Lo studio riguarda i 27 stati dell’Unione europea e altri 12 sempre dell’Europa. Ne diamo un resoconto succinto e per sommi capi come di seguito soffermandoci su alcune specifiche voci su cui è possibile fare qualche considerazione finale.
Età anagrafica. Il fenomeno dell’invecchiamento riguarda più della metà dei sistemi educativi. L’Italia fa registrare solo il 6.4% di docenti con meno di 35 anni, terz’ultima prima della Grecia e del Portogallo.
Carenza di insegnanti. Si fa fatica a reperire docenti in materie come scienze, tecnologia e matematica, lingue straniere.
Precariato. In Europa un insegnante su cinque lavora con contratto a tempo determinato. In Italia nella fascia di età inferiore ai 35 anni lavorano da precario più di due terzi del personale ma anche nella fascia 35-49 anni il nostro Paese fa rimarcare il 32% di personale a tempo determinato. Nel primo caso tengono compagnia all’Italia Spagna Austria e Portogallo; nel secondo Portogallo e Spagna. Ciò dipende dalle discontinuità del processo di reclutamento.
Stipendi. Generale insoddisfazione dei docenti salvo una prevalenza di soddisfazione in Paesi come Belgio Danimarca Paesi Bassi, Austria, Finlandia e Inghilterra.
Formazione iniziale. L’indagine internazionale TALIS dimostra che il 70% dei docenti ha ricevuto una formazione sui tre aspetti necessari all’insegnamento: contenuti disciplinari, pedagogia generale, e pratica in classe. La percentuale scende sotto il 60% in Italia, Francia e Spagna.
Valutazione dei docenti. I docenti nella gran parte dei Paesi vengono valutati con minore frequenza che nei Paesi Baltici, in diversi paesi dell’est e in Inghilterra. Per quanto riguarda l’Italia il rapporto parla della valutazione premiale della buona scuola dandola come operante (sappiamo che tale procedura non è operante in quanto non accettata dal mondo scolastico e ormai completamente cancellata per via contrattuale). In ogni caso lo studio rimarca un dato interessante a questo proposito: in tutti i Paesi la valutazione ha come obiettivo di offrire un feedback sul lavoro dei docenti, mentre l’Italia della buona scuola presa in considerazione dal rapporto viene esclusa da questa finalità (aveva evidentemente altre finalità: premi in denaro).
Mobilità per motivi professionali all’estero. Nel 2018 il 40% dei docenti europei è andato all’estero per motivi professionali. L’Italia è in compagnia di Belgio, Bulgaria, Croazia, Malta, Slovacchia, Inghilterra e Turchia come paese al di sotto della media circa la mobilità transnazionale dei docenti.
Brevi considerazioni. Da tempo, in modo particolare in questi tempi di pandemia, abbiamo evidenziato ciò che ora il rapporto evidenzia a sua volta:
- la precarietà come male, e per noi male endemico, della scuola. Ciò a causa di un sistema di reclutamento frammentario e inefficiente. Il rapporto dunque sottolinea attraverso l’attenzione a questo aspetto come esso sia cruciale per la funzionalità scolastica
- l’insoddisfazione sul piano stipendiale;
- la mancanza di attrattività della professione da parte dei giovani laureati;
- la formazione come diritto soggettivo e leva fondamentale di professionalità;
- valutazione, come discorso aperto che potrà esser affrontato con qualche plausibilità solo quando sarà eliminato preliminarmente il differenziale retributivo con la media dei colleghi europei e quando con la partecipazione e l’approvazione della categoria sarà individuata, per via contrattuale, una procedura che ha come scopo e motivazione innanzitutto l’automiglioramento della professionalità.