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Finanziamenti alle scuole paritarie

E poi dicono che non è vero…

26/08/2005
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E’ stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 181 il 5 agosto scorso il decreto che aumenta circa del 40% il contributo alle famiglie che iscrivono i propri figli alle scuole paritarie.

E’ questo l’atto che sancisce definitivamente un processo avviato dal Miur il 27 maggio scorso, allorché sono state comunicate alle suddette famiglie le modalità per usufruire del finanziamento, chiarendo che “ per accedere alla richiesta non sono imposti limiti di reddito”; come a dire che lo Stato, le cui finanze godono notoriamente di ottima salute, decide che per garantire il diritto all’istruzione a tutti parte da quelli che ne hanno meno bisogno. Al contrario, la nostra Costituzione, a partire dall’art.3, affida alla Repubblica il compito di rimuovere gli ostacoli anche di natura economica che si frappongono all’esercizio dei diritti.
L’ulteriore passaggio nel perfezionamento di questo processo di giustizia sociale al rovescio si è verificato nel mese di luglio, quando sul proprio sito il Miur ha caldamente invitato le scuole a far pervenire alle famiglie i moduli per usufruire del finanziamento, con un’attenzione esagerata e sopra le righe alle modalità di erogazione “presso il domicilio”, per famiglie che non sono certo annoverabili tra i soggetti deboli.
Ma non solo. Ci ha molto colpito anche il linguaggio utilizzato dal Miur nelle note e negli atti emanati su questo argomento: il finanziamento è finalizzato a sostenere “la libera scelta educativa delle famiglie” . Insomma parrebbe che lo Stato consideri la sua scuola una scuola imposta mentre quella che garantisce la libertà sarebbe la scuola paritaria.
Un’ultima piccola annotazione: quando il Ministro riferisce, sui mezzi di comunicazione, delle cifre aumentate nel bilancio del Miur afferma il falso e contemporaneamente il vero. Trascura di precisare, infatti, che gli aumenti previsti riguardano solo ed esclusivamente le scuola paritarie, mentre le voci riguardanti le scuole statali registrano tutte ed inesorabilmente il segno meno.

Roma, 26 agosto 2005