Il Ministro Gelmini insiste con le bugie sui finanziamenti alle scuole
Di fronte all’iniziativa delle famiglie di contribuire alle spese per il funzionamento delle scuole, il Ministro torna a prendersela con i Dirigenti scolastici
Il Ministro Gelmini, in un’intervista a “La Repubblica” del 7 aprile, si dice contraria al fatto che le scuole chiedano alle famiglie denaro per le spese più urgenti, come per l’acquisto di cancelleria e di altri materiali utili per il funzionamento.
La Gelmini sembra Biancaneve. Tutti saremmo contrari, e anche noi lo siamo, ma se denari e fondi non ci sono è perché lei stessa e Tremonti li hanno tagliati, come fanno le scuole a sopravvivere?
Questo atteggiamento delle scuole deriva da un alto senso di responsabilità che insegnanti e dirigenti notoriamente possiedono. La sottrazione di fondi e i tagli degli organici hanno messo purtroppo la scuola pubblica alle corde e le responsabilità sono solo di chi governa. La scuola pubblica è un servizio che è (dovrebbe essere) gratuito, ma la Gelmini lo ignora e poi se la prende con i Dirigenti scolastici con un’accusa curiosa: quella “di chiedere soldi” per screditare il governo. Non è una novità, già in un'altra occasione il Ministro aveva invitato i Dirigenti a candidarsi alle elezioni se vogliono far politica e li aveva accusati di non saper gestire le scuole.
Tutte le volte che la stampa evidenzia le difficoltà e i problemi reali delle scuole, derivanti dalla continua sottrazione dei soldi necessari per poter garantire almeno l’essenziale funzionamento, il Ministro nega i fatti, inventa numeri e cerca di scaricare sui lavoratori le sue responsabilità.
La realtà delle nostre scuole. Il ministro non salda nemmeno i debiti
È ridicolo che il Ministro tenti di creare una distinzione tra Dirigenti scolastici capaci di amministrare e Dirigenti incapaci, che sarebbero poi quelli chiedono soldi alle famiglie. Sul nostro sito abbiamo già avuto modo di chiarire l’andamento negli anni dei finanziamenti alle scuole e di replicare al Ministro evidenziando tutte le falsità contenute nelle sue dichiarazioni. Ricordiamo ancora una volta quale è la situazione delle nostre scuole. Queste le privazioni a cui sono sottoposte:
- Le scuole non hanno ancora ricevuto tutti i fondi per il pagamento delle supplenze temporanee per il 2010; inoltre i pochi soldi destinati nel Programma annuale 2010 al funzionamento amministrativo e didattico, dopo due anni di azzeramento e con l’ulteriore riduzione del 10% operato da Tremonti con la legge di stabilità, non sono sufficienti nemmeno per pagare in parte le visite fiscali obbligatorie.
- Le scuole, con l’operazione detta del “cedolino unico”, sono private di una fonte di liquidità indispensabile (oltre 1 miliardo e 500 milioni di euro) costituita dai fondi contrattuali e vivono sempre di più con le casse in “rosso”.
- Le scuole continuano a vantare la restituzione di una enorme quantità di soldi (oltre un miliardo di euro) anticipati per far fronte alle spese obbligatorie che il MIUR continua a non volere restituire.
- Le scuole cominciano a essere chiamate in giudizio per il pagamento di quanto dovuto ai lavoratori per le ore eccedenti e per le funzioni superiori svolte dai docenti che il MIUR continua a non finanziare.
Le scuole, per tutti questi motivi, sono sempre più in difficoltà mentre i fondi disponibili, continuamente ridotti, sono anche stornati in modo poco trasparente, per attività che nulla hanno a che vedere con la formazione e con la cultura. Noi, per quanto ci riguarda, continueremo a replicare punto su punto al Ministro, chiamandola ad assumersi le proprie responsabilità davanti alle scuole e al paese. Le parole “buone” e da brava signora della Gelmini, per la verità poche, offendono scuola e lavoratori, perché non risolvono lo stato di sofferenza finanziaria.
Per questo abbiamo ultimamente chiesto un incontro urgente al Ministro, vogliamo che i fondi della Legge 440/97 siano rapidamente inviati alle scuole. E chiediamo di aprire subito un tavolo di confronto con le associazione dei genitori, degli studenti e con i sindacati.