Indagini IEA: prime conferme statistiche dei danni prodotti dalle politiche sulla scuola del governo Berlusconi
Presentati a Roma gli esiti delle indagini PIRLS e TIMSS.
Sono stati presentati martedì 11 dicembre 2012 i risultati relativi all'Italia delle indagini IEA (International Association for Evaluation and Achievement) PIRLS (Progress in International Reading Literacy Study) e TIMSS (Trends in International Mathematics and Science Study) 2011.
Si tratta di rilevazioni condotte ogni cinque anni relative al rendimento delle alunne e degli alunni in lettura (PIRLS) al quarto anno di scolarità (corrispondente in Italia alla quarta primaria) e in matematica e scienze (TIMSS) al quarto e ottavo anno di scolarità (corrispondente, quest'ultimo, al terzo anno della scuola secondaria di primo grado) condotte da IEA, associazione indipendente di centri di ricerca educativa fondata nel 1958 cui aderiscono, attualmente, 53 paesi.
A differenza di quanto avviene nelle rilevazioni degli apprendimenti di INVALSI, effettuate su base censuaria, PIRLS E TIMSS hanno coinvolto un campione statisticamente rappresentativo a livello nazionale e per macroarea geografica costituito da oltre 8000 studentesse e studenti (circa 4000 della primaria e altrettanti della secondaria di primo grado). Nonostante la diversa metodologia, come fanno notare autorevoli commentatori in queste ore, i risultati PIRLS e TIMSS sono sovrapponibili a quelli INVALSI. Da qui emerge una prima grande perplessità rispetto all'utilità di effettuare prove lineari su base censuaria: più costose, facilmente soggette al cheating e soprattutto causa del "teaching to the test".
Rispetto a questo tema il Direttore dell'INVALSI Paolo Sestito non ha mancato, ieri, di sottolineare che la diversa metodologia italiana è dovuta a differenti finalità, quella di restituire ad ogni scuola i risultati dei test somministrati ai propri alunni oltre a quella "di chiarire ai docenti quelli che sono i veri contenuti delle indicazioni nazionali". Proprio su questa impostazione esprimiamo più che un dubbio. Come si concilia l'autonomia delle scuole e dell'insegnamento con la pretesa di fornire un'interpretazione autentica delle indicazioni nazionali da parte di un soggetto terzo che non svolge una funzione politica, né educativa?
Un approccio di questo tipo tradisce uno sguardo sulle scuole come comunità non situate dal punto di vista socioeconomico e culturale, slegate nel loro funzionamento dalle politiche nazionali. Autonome rispetto ai condizionamenti esterni e tuttavia non nella interpretazione delle indicazioni nazionali e nella costruzione dei curricola. A testimonianza che, invece, le scuole sono profondamente intrecciate con il loro territorio e che l'impatto delle politiche nazionali sul loro funzionamento è rilevantissimo, vengono, da ultimo, proprio i risultati di PIRLS e TIMSS che confermano le differenze territoriali, tra Nord Centro e Sud del Paese.
Tali risultati, ad un primo sguardo, restituiscono una fotografia non molto diversa da quanto emerso da altre rilevazioni: a fronte di punteggi elevati in lettura (significativamente superiori alla media internazionale), in matematica e scienze i nostri studenti ottengono un punteggio meno lusinghiero; in queste ultime discipline, poi, si rilevano risultati migliori in quarta primaria piuttosto che nel segmento scolastico successivo.
Ciò che rappresenta, invece, una novità preoccupante è il trend ottenuto comparando i risultati con quelli della rilevazione precedente. A questo proposito emerge come le alunne e gli alunni delle scuola primaria italiana, punto di eccellenza riconosciuto del nostro sistema educativo, facciano registrare punteggi peggiori (in lettura) o uguali (in matematica) a distanza di cinque anni, a differenza di quanto avviene negli altri paesi dove emerge una tendenza di progressiva crescita delle performances. Difficile non mettere in relazione tali risultati con il quinquennio di "riforme" che hanno vessato la scuola primaria, inibendo, di fatto, la possibilità di una didattica di qualità: laboratoriale, coevolutiva, capace di rivolgersi a ciascun alunno perché attenta alle specificità di apprendimento.
Rispetto alle tendenze generali varrà la pena di soffermarsi a comprendere a fondo gli esiti che PIRLS e TIMSS ci consegnano, tuttavia, merita attenzione una tendenza apparentemente secondaria relativa a come cambiano le competenze in lettura dei ragazzi e delle ragazze. Nell'ultimo quinquennio cresce leggermente la capacità di comprendere testi informativi, ma peggiora notevolmente la "confidenza" con i testi narrativi, attività nella quale eccellevano e tuttora eccellono le bambine. Si tratta allora di valutare con cura se e quanto questo dato sia da mettere in relazione ad una didattica sempre più costretta a standardizzarsi, e, ancora, di riflettere sul significato di questo mutamento.
La fruizione di testi narrativi e la comprensione di questi, oltre ad attivare processi strettamente logico-inferenziali, coinvolge anche quelli emozionali, che, stando ai risultati PIRLS e TIMSS, sembrerebbero sempre meno incoraggiati a vantaggio dei primi. Oltre a irrigidire e depauperare le intelligenze, tale tendenza ci consegna anche un problema rispetto alle differenze di genere nell'apprendimento e a come la scuola può riconoscerle e integrarle.