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Istruzione professionale: intesa in conferenza Stato-Regioni

Prosegue l’iter per l’avvio del riordino previsto dalla legge 107/15. Si conferma un impianto educativo superato. Le scuole costrette a un orientamento spot e ad elaborare modelli di iscrizione al buio.

08/01/2018
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La Conferenza Stato Regioni nella seduta del 21 dicembre ha sancito l’Intesa prevista dall’art. 3 comma 3 del sul Decreto legislativo 61 del 13 aprile 2017 (“Revisione dei percorsi dell’istruzione professionale nel rispetto dell’articolo 117 della Costituzione, nonché raccordo con i percorsi dell’istruzione e formazione professionale, a norma dell’articolo 1, commi 180 e 181, lettera d), della legge 13 luglio 2015, n. 107”) che individua:

  • i profili di uscita dei “nuovi” indirizzi di studio;
  • i relativi risultati di apprendimento, declinati in termini di competenze, abilità e conoscenze;
  • la correlazione degli indirizzi di studio alle attività economiche referenziate ai codici delle attività economiche (ATECO) adottati dall'ISTAT ed esplicitati sino a livello di sezione e di correlate divisioni;
  • la correlazione dei profili in uscita degli indirizzi di studio ai settori economico-professionali previsti dal decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del 30 giugno 2015, n. 166;
  • l’articolazione dei quadri orari;
  • le correlazioni tra le qualifiche e i diplomi professionali conseguiti nell'ambito dei percorsi di istruzione e formazione professionale e gli indirizzi dei percorsi quinquennali dell'istruzione professionale anche al fine di facilitare il sistema dei passaggi tra i sistemi formativi;
  • le modalità di passaggio al nuovo ordinamento.

Allegati all’Intesa vi sono lo schema di decreto interministeriale e alcune parti degli allegati che sono stati oggetto di modifiche a seguito del confronto tecnico con le Regioni.

Questi gli elementi più significati dello schema di decreto interministeriale.

Indirizzi di studio

Ai sensi del DLgs 61/17 gli indirizzi di studio sono 11:

  1. Agricoltura, sviluppo rurale, valorizzazione dei prodotti del territorio e gestione delle risorse forestali e montane;
  2. Pesca commerciale e produzioni ittiche;
  3. Industria e artigianato per il Made in Italy;
  4. Manutenzione e assistenza tecnica;
  5. Gestione delle acque e risanamento ambientale;
  6. Servizi commerciali;
  7. Enogastronomia e ospitalità alberghiera;
  8. Servizi culturali e dello spettacolo;
  9. Servizi per la sanità e l’assistenza sociale;
  10. Arti ausiliarie delle professioni sanitarie: odontotecnico;
  11. Arti ausiliarie delle professioni sanitarie: ottico.

Tali indirizzi sono attivati a partire dalle classi prime funzionanti nell’anno scolastico 2018/19.

L’indirizzo “Gestione delle acque e risanamento ambientale”, è attivato, a partire dall’anno scolastico 2018/2019, sulla base di un accordo tra la singola Regione interessata e l’Ufficio scolastico regionale competente per territorio.

Per la spendibilità in ambito sanitario del diploma in “Servizi per la sanità e l’assistenza sociale” si applica la Legge 43/2006Disposizioni in materia di professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione e delega al Governo per l'istituzione dei relativi ordini professionali”. Tale legge prevede che “L'esercizio delle professioni sanitarie è subordinato al conseguimento del titolo universitario rilasciato a seguito di esame finale con valore abilitante all'esercizio della professione”. Tuttavia l’art. 1 comma 2 della medesima legge stabilisce che “Resta ferma la competenza delle regioni nell'individuazione e formazione dei profili di operatori di interesse sanitario non riconducibili alle professioni sanitarie” (è il caso, ad esempio, dell’Operatore Socio Sanitario, O.S.S.).

Struttura degli indirizzi di studio

Gli indirizzi di studio sono strutturati:

  1. in attività ed insegnamenti di istruzione generale, comuni a tutti gli indirizzi, riferiti all’asse culturale dei linguaggi, dall’asse matematico e dall’asse storico sociale;
  2. in attività ed insegnamenti di indirizzo riferiti all’asse scientifico, tecnologico e professionale,

Quadri orari

I quadri orari sono articolati in una parte comune, che concerne tutti gli indirizzi e comprende le attività e gli insegnamenti di istruzione generale, e in una parte specifica per ciascun indirizzo.

Quote di autonomia e spazi di flessibilità

Le istituzioni scolastiche possono utilizzare:

  • la quota di autonomia del 20 per cento dell’orario complessivo del biennio, nonché dell’orario complessivo del triennio, per il perseguimento degli obiettivi di apprendimento relativi al profilo di uscita di ciascun indirizzo di studio e per potenziare gli insegnamenti obbligatori;
  • gli spazi di flessibilità, in coerenza con gli indirizzi attivati e con i profili di uscita, entro il 40 per cento dell’orario complessivo previsto per il terzo, quarto e quinto anno.

Vincoli nell’utilizzo delle quote di autonomia

Nell’utilizzo delle quote di autonomia le istituzioni scolastiche:

  • possono diminuire le ore degli insegnamenti e delle attività dell’area generale, per il biennio e per ciascuna classe del triennio, non oltre il 20 per cento rispetto al monte ore previsto per ciascuno di essi;
  • devono garantire il monte ore minimo previsto dai piani orari per gli insegnamenti e le attività dell’area di indirizzo.

Spazi di flessibilità e declinazione territoriale degli indirizzi di studio

Gli spazi di flessibilità,  pari al massimo al 40 per cento dell’orario complessivo previsto per il terzo, quarto e quinto anno, sono utilizzati dalle istituzioni scolastiche:

  • per declinare i profili degli indirizzi di studio nei percorsi formativi richiesti dal territorio, in modo coerente con le priorità indicate dalle Regioni nella propria programmazione;
  • nei limiti delle dotazioni organiche assegnate senza determinare esuberi di personale.

Nell’utilizzo delle quote di autonomia le istituzioni scolastiche devono garantire il monte ore minimo previsto dai piani orari per ciascun insegnamento e attività.

Entro 120 giorni dall’entrata in vigore del decreto interministeriale oggetto dell’Intesa, il MIUR emanerà un apposito decreto che conterrà specifiche indicazioni sui criteri per la declinazione degli indirizzi di studio in percorsi formativi richiesti dal territorio e per modulare i relativi risultati di apprendimento.

Le Regioni indicano, nell’ambito delle linee guida per la programmazione regionale dell’offerta formativa, le priorità di cui le istituzioni scolastiche tengono conto per la declinazione degli indirizzi di studio in percorsi formativi richiesti dal territorio.

Nei piani triennali dell’Offerta formativa la declinazione degli indirizzi di studio nei percorsi richiesti dal territorio deve essere accompagnata dall’indicazione delle attività economiche di riferimento.

Unità di apprendimento

I percorsi di studio sono strutturati in unità di apprendimento (UdA). Le unità di apprendimento costituiscono il riferimento per la valutazione, la certificazione e il riconoscimento dei crediti posseduti dalla studentessa e dallo studente, nel caso di passaggi ad altri percorsi di istruzione e formazione.

Valutazione nel primo biennio

Nell’ambito del primo biennio la valutazione al termine del primo anno si configura come valutazione intermedia,  a seguito della quale il consiglio di classe comunica alla studentessa o allo studente le carenze riscontrate ai fini della revisione del Progetto Formativo Individuale (PFI) e della definizione delle relative misure di recupero, sostegno ed eventuale riorientamento da attuare nell’ambito della quota non superiore a 264 ore nel biennio.

Quinto anno

Le istituzioni scolastiche possono strutturare il quinto anno dei percorsi in modo da consentire, oltre al conseguimento del diploma di istruzione professionale previo superamento degli esami di Stato, anche l’acquisizione di crediti per il conseguimento del certificato di specializzazione tecnica superiore (IFTS). Tale strutturazione, sempreché prevista dalla programmazione dell’offerta formativa delle singole Regioni, è coerente con l’indirizzo di studio seguito dallo studentessa e dallo studente.

Diploma

I percorsi degli istituti professionali si concludono con l’esame di Stato.

Il diploma contiene anche l’indicazione del codice ATECO attribuito all’indirizzo esplicitata sino a livello di sezione e correlate divisioni.

Al diploma è allegato il curriculum della studentessa e dello studente. Nel caso di declinazione degli indirizzi di studio il curriculum indica il riferimento alla nomenclatura e classificazione delle unità professionali (N.U.P.) adottate dall'ISTAT, nonché i crediti maturati per l’acquisizione del certificato di specializzazione tecnica superiore (IFTS).

Il diploma dà accesso all’università ed agli istituti di alta formazione artistica, musicale e coreutica, agli istituti tecnici superiori e ai percorsi di istruzione e formazione tecnica superiore.

Passaggio al nuovo ordinamento

Gli indirizzi, le articolazioni e le opzioni, del previgente ordinamento, confluiscono nei nuovi indirizzi, secondo le modalità definite dall’allegato C del DLgs 61/17.

Con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, sono adottate, entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto interministeriale oggetto dell’Intesa, le Linee guida per favorire e sostenere l’adozione del nuovo assetto didattico e organizzativo dei percorsi di I.P.

Percorsi di istruzione di secondo livello per adulti

Con successivo decreto da adottare entro 120 giorni è definito l’adattamento dei nuovi quadri orari ai percorsi di istruzione di secondo livello per adulti realizzati dalle istituzioni scolastiche presso le quali funzionano i percorsi di istruzione professionale.

Percorsi di istruzione e formazione professionale

Le istituzioni scolastiche di I.P. possono prevedere, nei Piani triennali dell’offerta formativa, l’attivazione, in via sussidiaria, di percorsi di IeFP per il rilascio di qualifiche triennali e diplomi professionali quadriennali di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, previo accreditamento regionale e secondo modalità definite a livello regionale attraverso appositi accordi tra la regione e l'Ufficio scolastico regionale.

Lo schema di decreto definisce la correlazione tra le qualifiche e i diplomi professionali di IeFP e gli indirizzi dei percorsi quinquennali di istruzione professionale. La correlazione tiene conto dei riferimenti alle attività economiche referenziate ai codici ATECO e ai settori economico professionali di cui al decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, del 30 giugno 2015, n. 166. Tale correlazione costituisce il riferimento per i passaggi tra i sistemi formativi.

Misure nazionali di sistema

Il passaggio al nuovo ordinamento è accompagnato:

  • da misure nazionali di sistema per l’aggiornamento dei dirigenti, dei docenti e del personale amministrativo, tecnico e ausiliario;
  • da un programma nazionale per l’informazione e l’orientamento dei giovani e delle loro famiglie sulle opportunità offerte dal nuovo ordinamento.

Iter di approvazione del decreto interministeriale

Per l’adozione definitiva del provvedimento è necessario acquisire il parere del Consiglio Superiore della pubblica istruzione e quello del Consiglio di Stato.

Commento

In premessa sottolineiamo come i tempi di adozione dei provvedimenti attuativi del DLgs 61/17 non consentano né alle famiglie che intendono iscrivere i figli agli istituti professionali una scelta consapevolené alle scuole di effettuare una “ordinaria” attività di orientamentoné a tutto il personale che opera negli istituti professionali di realizzare le necessarie attività di formazione connesse all’attuazione di riordino. Forte è il disorientamento in queste istituzioni scolastiche, mentre cresce il numero dei documenti di protesta. Per questo motivo abbiamo chiesto il rinvio di un  anno dell’applicazione del DLgs 61/17.

Si determina la confusione più totale sull’avvio in tutte le regioni dei percorsi di IeFP separati dai percorsi di istruzione professionali. A tal proposito lo schema di decreto prevede che l’attivazione di tali percorsi avvenga secondo modalità definite appositi accordi tra la Regione e l'Ufficio scolastico regionale, accordi che naturalmente non ci sono. Come possano le scuole fornire informazioni attendibili alle famiglie su questo aspetto di fondamentale importanza, in mancanza di una serie di passaggi istituzionali, è un mistero. Si tratta di un modo di procedere irresponsabile che rischia di avere conseguenze molto pesanti. Per questo, in assenza del rinvio di un anno dell’applicazione del riordino, chiediamo che venga chiarito che le prime due annualità ricadenti nell’obbligo di istruzione, dei percorsi IeFP sussidiari erogati dagli istituti professionali, siano identici al primo biennio dell’istruzione professionale. Ciò consentirebbe alle famiglie di effettuare la decisione non al buio ma al terzo anno del percorso di studio.

La situazione confusa che accompagna l'avvio dei nuovi percorsi, peraltro, impedisce alle scuole di sviluppare un'adeguata riflessione sulla progettazione didattica e interdisciplinare, il che aggrava le criticità che stanno emergendo nel merito dei percorsi didattici. Infatti, anche questo provvedimento in linea con il riordino dell’istruzione professionale previsto dalla legge 107/15 e dal DLgs 61/17, appare fortemente influenzato da quello che era un orientamento prevalente fino a pochissimo tempo fa secondo cui il sistema educativo dovrebbe “produrre” diplomati (o laureati) che, alla conclusione degli studi, posseggano essenzialmente competenze immediatamente spendibili nel mercato del lavoro (“job-ready skills”). In questa prospettiva la finalità dell’istruzione sarebbe quella di formare, in primo luogo, futuri lavoratori pienamente produttivi fin dal primo giorno di lavoro. Si tratta di opzioni non solo sbagliate e obsolete, ma che antepongono e contrappongono l’elevamento dei livelli di occupabilità all’elevamento dei livelli di istruzione.

Il provvedimento non tiene conto neanche di quanto prodotto recentemente dall’Unione Europea che si sta indirizzando sempre più verso la valorizzazione della “responsabilità e autonomia” del discente e dei “risultati di apprendimento” (definiti in termini di conoscenze, abilità e responsabilità e autonomia) rispetto alle competenze.