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Percorsi di Istruzione professionale: pubblicate le Linee guida

Si conferma la trasformazione dell’impostazione organizzativa, metodologica e didattica degli Istituti Professionali senza alcuna valutazione sugli aumentati carichi di lavoro dei docenti e sulle prospettive di stabilità degli organici.

14/10/2019
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A un anno dall’avvio delle prime classi dei nuovi Istituti professionali, partiti nell’a.s. 2018/19, con notevole ritardo rispetto a quanto previsto dal regolamento attuativo di cui al decreto 92/2018, il MIUR ha emanato le Linee-guida per favorire e sostenere l’assetto didattico e organizzativo dei percorsi di istruzione professionale, attesa misura di accompagnamento per supportare gli istituti professionali nella definizione della loro offerta formativa nel quadro normativo del D.lgs 61/2017.

Le linee guida si muovono nella sostanziale continuità con quanto disegnato dal regolamento, che la FLC CGIL aveva già commentato riversando sulle scuole una condizione di forte complessità organizzativa di sistema e di un notevole appesantimento dei carichi di lavoro a causa del mutato quadro metodologico e didattico in cui i docenti devono operare.

Una parte che potremo definire “controversa” è indubbiamente quella riferita ai quadri orari e agli spazi di adattamento nei quali è possibile, per le scuole, declinare gli indirizzi di studio sulla base dei settori produttivi che il territorio esprime e sulla base delle disponibilità di organico presenti nella scuola.

Oltre quanto già segnalato nel primo biennio, è soprattutto nel quadro orario del triennio che si presentano le maggiori difficoltà “modificando il monte ore assegnato a ciascun insegnamento (...)”, quasi ad affermare che esista una “autonomia” nella gestione delle risorse che, pur nell’alveo della struttura ordinamentale prevista, di fatto costituisce, specie per alcune classi di concorso, un’ulteriore frammentazione dell’offerta formativa degli istituti professionali.

Segnaliamo, ancora una volta, i luoghi del confronto sull’attuazione delle linee programmatiche e del conseguente impianto organizzativo sono affidati alle Reti di scuola e scuole-polo nazionali dei singoli indirizzi, che governano, insieme al MIUR, la effettiva regia dell’intero processo. Tutto ciò senza la opportuna consultazione dei sindacati in particolare in riferimento agli aumentati carichi di lavoro.

Infatti, per stessa espressione delle Linee guida, a proposito del nuovo assetto dei percorsi, si parla di un notevole sforzo organizzativo: la strutturazione è fortemente incentrata sulla personalizzazione degli apprendimenti e ai docenti tutor è richiesto, insieme ai consigli di classe, un lavoro specifico di accoglienza, ascolto, orientamento, programmazione e di successiva valutazione, oltre alla garanzia della partecipazione dello studente e della famiglia.

Di fronte a tutta questa mole di lavoro, nessun riconoscimento sulla professionalità docente, nessuno specifico finanziamento per le attività dei tutor che, per il primo anno di applicazione della riforma, sono state coperte dalle risorse del Fondo di istituto, calcolato senza alcuna differenziazione rispetto alle altre istituzioni scolastiche, come se una modifica ordinamentale di questa portata non avesse alcun effetto sulla quantità e sulla qualità del lavoro prestato.

Oltre le buone intenzioni e le affermazioni di principio, occorre, invece, essere concreti perché una riforma come questa che coinvolge gli istituti professionali avrebbe avuto bisogno di disponibilità ad ampio raggio, sia di personale docente/ATA, sia di risorse economiche, distinguendosi dagli altri ordinamenti che non condividono un riordino metodologico-organizzativo così radicale. 

Se, alla pari dei licei e dei tecnici, i parametri utilizzati per definire gli organici, la formazione delle classi, l’assegnazione dei finanziamenti e la costituzione delle cattedre, sono i medesimi, è evidente che si traccia un solco profondo tra il “nuovo paradigma” che il d.lgs 61/2017 si propone come operazione culturale in questo settore, e la realtà dei processi che le scuole possono e riescono a mettere in campo.  

Come FLC CGIL prendiamo atto che si tratta di un vero e proprio progetto di riforma di un settore della secondaria, con conseguenze strutturali di lungo corso e, pur riconoscendo l’impegno a mantenere l’istruzione professionale all’interno del sistema nazionale, chiederemo al MIUR di affrontare una per una le criticità già segnalate dalle scuole, delle quali ci faremo portatori nelle interlocuzioni ai tavoli di confronto specifici.