Iscriviti alla FLC CGIL

Home » Scuola » Scuola non statale » Il 12 ottobre 2012 scioperano anche i lavoratori della scuola non statale

Il 12 ottobre 2012 scioperano anche i lavoratori della scuola non statale

Insieme alle lavoratrici e ai lavoratori della scuola statale e della formazione professionale diranno no alla politiche scolastiche e sul lavoro messe in campo dal governo Monti. L'astensione dal lavoro è per l'intera giornata.

04/10/2012
Decrease text size Increase  text size

Il 12 ottobre le lavoratrici e i lavoratori della scuola e delle istituzioni educative non statali, si asterranno dal lavoro per l’intera giornata.
Insieme alla FLC CGIL diranno no alla controriforma del lavoro e delle pensioni che attacca i diritti di chi lavora, diranno basta al lavoro nero e sommerso, all’evasione fiscale, contrattuale e contributiva. Con la protesta intendono rivendicare il diritto all’occupazione, al reddito, al lavoro, al contratto e a un welfare inclusivo e coesivo.

Lo sciopero generale di tutto il mondo della scuola, pubblica e privata, e del sistema della formazione professionale e dei servizi educativi a gestione privata relativi allo zero tre è la risposta della FLC CGIL alla politica del governo disastrosa non solo sul versante del lavoro ma anche su quello relativo all’istruzione, all’educazione e alla formazione.

La recente legge sul mercato del lavoro sta producendo, a oltre due mesi dalla sua entrata in vigore, i suoi effetti negativi e perversi non consentendo affatto ad imprese e ai lavoratori di far fronte ad una situazione che ogni giorno diventa più drammatica per far fronte alla crisi che viene riversata tutta sulle spalle dei giovani, delle lavoratrici e dei lavoratori, dei pensionati e delle loro famiglie.

Il governo, anziché investire sul sapere e rilanciare l’economia attraverso un programma di investimenti sulle infrastrutture del Paese, segue in maniera a dir poco ostinata il capitale finanziario – primo responsabile della grande crisi – e logiche liberiste che stanno minando profondamente la coesione nel nostro Paese.   

Ma ancora le politiche del governo, al di là degli annunci, non contengono provvedimenti adeguati a sostegno al reddito e all’occupazione, alla crescita e allo sviluppo. Anzi con la spending review si taglia lo Stato sociale riducendolo solo ad interventi occasionali.

Le stesse iniziative per combattere l’evasione fiscale, contributiva e contrattuale nel mondo del lavoro si fonda sull’occasionalità e non su interventi strutturali ed efficaci, anzi alcune norme tendono ad allargarne i confini.

Tutto questo significa che nelle istituzioni scolastiche ed educative non statali, curriculari ed extracurriculari, la crisi sta producendo e continuerà a produrre, se non si introducono misure anticrisi adeguate, conseguenze devastanti soprattutto sul versante dell’occupazione, del reddito e della qualità del lavoro.

Ad un diffuso calo della domanda dovuto alla riduzione dei redditi/consumi, le aziende reagiscono addossando tutto il peso della crisi sul lavoro e sui lavoratori. Dismissioni dell’attività, cessioni di azienda e di ramo d’azienda, esternalizzazioni, abbassamento dei diritti contrattuali, cambiamento di contratti, trasformazione del lavoro standard in lavoro atipico nella variante del lavoro a progetto sono le azioni più frequenti messe in essere da datori di lavoro laici e religiosi. Tutto ciò significa licenziamenti – oggi resi più facili dalle norme Fornero che aggirano l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori - , quindi disoccupazione, e abbassamento dei salari, dei diritti e delle tutele soprattutto contrattuali e legali. C’è il fondato rischio di una ulteriore estensione del lavoro precario in tutto il comparto a danno del lavoro subordinato e dipendente con conseguenze negative sull’occupazione, sul reddito e sulla qualità del servizio.

Tutto ciò può e deve essere contrastato perché c’è in gioco il futuro democratico del nostro Paese che non può in nessun caso essere segnato dal potere finanziario e da scelte di politica economica subordinata ad un mercato privo di regole.

La FLC CGIL rivendica una vera politica industriale e di welfare che ponga come priorità la difesa dell’occupazione e del reddito, la crescita e lo sviluppo attraverso un “Piano straordinario del Lavoro” fondato su una politica industriale, su investimenti pubblici e sull’ingresso delle nuove generazioni nei settori strategici dell’economia pubblica e privata quali l’ istruzione, l’università e la ricerca.

Con lo sciopero di tutto il mondo della scuola la FLC CGIL chiede al governo una radicale inversione di tendenza che partendo proprio dalla valorizzazione del lavoro e dei servizi di welfare rimetta in fila un’idea di sviluppo decisamente antitetica alla via liberista del governo Monti.