"Scuola pubblica addio", intervista a Enrico Panini
Paolo Serventi Longhi, direttore di Rassegna Sindacale, intervista il Segretario generale della Federazione Lavoratori della Conoscenza CGIL.
Pubblichiamo di seguito l'intervista di Paolo Serventi Longhi, direttore di Rassegna Sindacale, a Enrico Panini, Segretario generale della Federazione Lavoratori della Conoscenza CGIL.
Roma, 16 settembre 2008
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La "missione possibile" di Mariastella Gelmini appare chiara: annientare la scuola pubblica, renderla sempre più marginale in un sistema formativo nel quale solo i rampolli delle famiglie più ricche, frequentando efficienti strutture private, potranno usufruire di una istruzione degna di questo nome. Il messaggio di don Milani e la stessa Costituzione italiana, pari opportunità per le ragazze e i ragazzi di ogni livello sociale e di reddito, vanno quindi a farsi benedire. E che gli studenti con problemi fisici o psichici tornino ad affollare i ghetti per disabili. Altro che restaurazione! La riforma Gelmini è molto peggio di quella della Moratti.
Enrico Panini, segretario generale della Federazione dei Lavoratori della Conoscenza della Cgil e neo segretario confederale organizzativo della Cgil (ma lascerà la FLC tra qualche giorno), non usa giri di parole nel denunciare, in una intervista a Rassegna, il vero obiettivo della riforma del ministro Gelmini e dell’intero governo. "E’ evidente – osserva – che le discussioni pseudo pedagogiche sul voto in condotta, il grembiule, il maestro unico sono un diversivo. E’ tutto fumo. La ricetta è quella di tagliare complessivamente circa 150.000 posti di lavoro, prevalentemente di insegnanti; è quello di chiudere centinaia di sedi scolastiche; è quello di tentare di cancellare in molte parti d’Italia lo spazio che va dato alla cultura; è quello di ridurre le ore di istruzione; è quello di privilegiare la scuola privata che viene sostenuta ed indicata come migliore di quella statale". Tutto ciò "cercando di cogliere un consenso di una parte dell’opinione pubblica che ha lo sguardo rivolto al passato, quelle persone che hanno il mito dell’ordine e della disciplina, ed anche della scuola di classe, come valori assoluti rispetto alla stessa formazione di un popolo".
Nelle intenzioni del governo – rileva – "lo Stato non si pone più il problema di superare le differenze sociali, anzi le ratifica. Per questo si dequalifica la scuola dell’obbligo, con i troppi pesanti silenzi di tante regioni amministrate anche dal centro sinistra. Per esempio, il decreto di luglio sulla manovra economica prevede che i corsi di formazione professionale, varati dal centro sinistra e obbligatori all’interno del sistema statale, siano affidati a privati che non siano più tenuti a rispettare i programmi di insegnamento della scuola pubblica ed i vincoli ad impiegare laureati. Si va ben oltre il vecchio avviamento professionale, siamo alla medievale scuola nelle botteghe artigiane, con la conseguenza che migliaia di ragazze e ragazzi avranno difficoltà a costruire un percorso formativo serio". Altro esempio: il maestro unico. "Produrrà – dice Panini – una involuzione culturale pesantissima per i bambini, rilevata dal fior fiore della pedagogia contemporanea. Già negli anni ottanta i bambini erano diversi. La scuola diventava sempre meno l’unica fonte della conoscenza, che arrivava dalla tv e poi da internet. Dal maestro tuttologo si è passati ad una progressiva graduale specializzazione degli insegnanti. Gelmini vuole tornare indietro tagliando posti di lavoro e istruzione, eliminando inoltre (e non raddoppiando, come dice il ministro) il tempo pieno, una conquista sociale e formativa, con conseguenze gravissime soprattutto per quei bambini che in famiglia hanno minori risorse culturali. E ancora, l’inserimento dei ragazzi disabili in classi speciali invece che in quelle ordinarie produrrà drammi psicologici e, da sola, il taglio di 90.000 insegnati (il dieci per cento del totale). Una scuola, quella disegnata dal ministro, che ha prospettive glaciali: un luogo per pochi docenti, una istruzione dequalificata per centinaia di migliaia di studenti".
Panini sottolinea che i tagli alle risorse per l’istruzione, secondo dati dell’Ocse, hanno fatto arretrare il nostro Paese rispetto ad altri che hanno seguito la strada degli investimenti, come la Germania. "Anche il governo Prodi – ricorda – ipotizzò 40.000 tagli ma si fermò in tempo valutando giustamente le conseguenze sociali di un simile intervento. Gelmini invece se ne fa un vanto e con la riduzione delle risorse mette a rischio gli attuali stipendi e ipotizza un sistema territoriale basato sulle fondazioni che affiderebbe alle regioni la gestione degli insegnanti, dei programmi e delle risorse. Come del resto afferma la bozza Calderoli di federalismo fiscale".
E annuncia la mobilitazione e la lotta dei lavoratori della scuola: "Già ora è un fiorire di iniziative, da Venezia a Roma, da Milano a Palermo. Informeremo e discuteremo con la nostra gente nel territorio. Lavoreremo unitariamente per una manifestazione nazionale e, se non saranno cambiate le intenzioni del governo, per uno sciopero generale". Panini seguirà però la mobilitazione dal suo nuovo osservatorio in Confederazione perché tra pochi giorni non sarà più il leader del sindacato della scuola, anzi della Federazione della Conoscenza come lui stesso ha voluto che fosse definito il suo sindacato. "Ringrazio e saluto – afferma commosso – migliaia di donne e uomini che lavorano nella scuola per avermi consentito questa esperienza straordinaria. Amo la loro storia e ne condivido le passioni e le sofferenze. La loro battaglia sarà sempre la mia".
(www.rassegna.it, 9 settembre 2008)