Legge di stabilità. Previsti altri tagli per la scuola italiana all'estero
All’art. 4 “riduzioni delle spese non rimodulabili dei Ministeri” vengono previsti, commi 2-6, gli interventi a carico del MAE. Tra questi segnaliamo il congelamento di 29 posti di personale scolastico all’estero rispetto al contingente varato recentemente con apposito decreto interministeriale.
Nel tardo pomeriggio di domenica 13 novembre, la Camera dei Deputati ha dato il via libera alla Legge di Stabilità 2012 ovvero legge del 12 novembre 2011, n. 183. Per la sua completa operatività mancano solo due tasselli: la pubblicazione in G.U. e la scadenza del 1 gennaio 2012 per l’entrata in vigore dei provvedimenti che sono contenuti nella stessa legge.
Accanto alle novità introdotte dal legislatore - pacchetto lavoro, pensioni, dismissioni del patrimonio pubblico, nuove norme per la velocizzazione delle opere pubbliche, credito di imposta per la ricerca scientifica, liberalizzazione dei servizi pubblici locali e degli ordini professionali - sono presenti le consuete riduzioni di spesa ai relativi capitoli di bilancio dei Ministeri. Per quanto riguarda il Ministero degli affari Esteri, oltre alle varie riduzioni delle spese rimodulabili previste per tutti i Ministeri di cui all’art. 3, la legge di stabilità prevede all’art. 4 commi 2-6, prevede una serie di riduzione delle spese non rimodulabili.
Per una maggiore comprensione degli interventi è bene ricordare che nel glossario del Bilancio dello Stato le spese sono distinte in rimodulabili e non rimodulabili. Si definiscono “rimodulabili” le spese per le quali l’amministrazione ha la possibilità di esercitare un effettivo controllo, in via amministrativa, su tutte le variabili che concorrono alla loro formazione, allocazione e quantificazione. Rientrano in tale categoria anche le spese autorizzate da disposizioni legislative che definiscono l’importo complessivo della stessa spesa ma non ne individuano i parametri e i criteri per la relativa quantificazione. Ovviamente le non rimodulabili sono l’esatto contrario. La legge di stabilità pertanto nello specifico del bilancio MAE prevede una ulteriore riduzione della spesa, oltre a quelle già effettuate con le precedenti manovre, come la riduzione dell’ ISE (gli assegni di sede) pari al 5% per tutti ministeriali e non.
Per quanto riguarda il personale della scuola in servizio nelle sedi estere i tagli riguardano: il congelamento di 29 posti di personale docente ata e dirigenti previsti nel contingente triennale; l’indennità di prima sistemazione (- 40%); l’indennità di richiamo in servizio (- 20%); viene previsto - entro 15 giorni dall’entrata in vigore della legge di stabilità 2012 con apposito decreto interministeriale - la rideterminazione delle risorse relative agli assegni di sede per tutto il personale; viene introdotta un precisazione sul trasporto degli effetti prevedendo un’unica spedizione. A fronte di queste riduzioni di spesa aumenta dal 15% al 20% il canone dovuto per le residenze di servizio dei funzionari che occupano posti di ministro e ministro consigliere ovvero le figure alte della diplomazia.
La legge di Stabilità appena varata dal Parlamento ci consegna, quindi, una ulteriore prospettiva di riduzione dell’organico del personale della scuola in servizio all’estero anche rispetto a quanto recentemente previsto nel contingente triennale. A tale proposito vale la pena ricordare che al comma 3 dell’art. 639 del D.Lgs 297/94 viene stabilito che il contingente del personale di ruolo della scuola da destinare alle scuole e iniziative scolastiche italiane all’estero è stabilito entro il limite massimo di 1.400 unità, nel conteggio non fa parte il personale in servizio nelle Scuole Europee perché a carico delle stesse. Previsione questa mai raggiunta tant’è che nell’a.s. 2001/2002 il contingente complessivo era di 1201 unità, per passare nell’a.s. 2011/12 a 1053. Il che significa che nell’arco di un decennio sono stati persi 148 posti di contingente pari al 12,3% dell’organico. Per quanto riguardo lo specifico corsi di lingua e cultura vale la pena ricordare che si è passati da 452 unità complessive di personale dell’ a.s. 2001/2002 a 340 unità nell’a.s. 2011/2012.
Dentro questo quadro va sottolineato che nel caso della Svizzera, viste le polemiche dei giorni scorsi, il personale di ruolo della scuola di nomina MAE impegnato nei corsi di lingua e cultura composto complessivamente di 102 unità nel 2001/2002 è passato a 89 unità nel 2011/2012. Numeri come si vede che danno la giusta dimensione di una realtà che non è come quella che qualcuno ha voluto strumentalmente rappresentare, dimenticandosi, volutamente, che la grandissima parte del personale statale opera in Europa e in particolare nelle aree di grande immigrazione quali la Svizzera, la Germania, il Belgio, la Francia, la Gran Bretagna per un totale di 325 unità e che copre solo il 20% circa del fabbisogno formativo in tutto il mondo.
Per completare questa visione d’insieme va ricordato che la Direzione Generale per gli Italiani all'Estero e le Politiche Migratorie ha realizzato 34.791 attività di insegnamento e di sostegno scolastico in 35 Paesi, gestite da enti, associazioni, comitati (circa 260) e scuole locali ai quali il Ministero degli Affari Esteri concede più di 294 contributi, a valere sul cap. 3153, per il funzionamento dei corsi e per la retribuzione dei 6.500 docenti assunti in loco.
Alla luce di quanto esposto appaiono ancora più pretestuose le affermazioni di alcuni esponenti dei gestori svizzeri nei confronti del personale docente di ruolo sia perché non affrontano seriamente la questione sia perché si limitano ad una visione particolaristica del problema tutta interna a logiche di piccolo cabotaggio. Togliere risorse ad alcuni per destinarle, benché ridotte, ad altri non rientra certo nella idea di spending review invocato a suo tempo da Padoa Schioppa, rientra piuttosto nella logica dell’ex sottosegretario Mantica e di quanti come lui dell’ex governo di centrodestra pensano che investire nell’istruzione è uno spreco e non una risorsa come del resto dimostrano i 647.444 allievi della fascia dell’obbligo che frequentano in tutto il mondo i nostri corsi di lingua e cultura.
Da qui la posizione netta della FLC CGIL ribadita anche recentemente. Se si vuole effettivamente rilanciare la nostra politica culturale è fondamentale lasciare da parte il particulare – come direbbe Guicciardini – e affrontare culturalmente, politicamente e socialmente l’idea di un riordino del sistema dei corsi di lingua e cultura all’estero fortemente radicato e coerente con il nostro sistema nazionale d’istruzione, sorretto da ben precise regole e soprattutto in grado di rilanciarne qualità ed efficacia. Ridurre la vicenda solo ad una mera redistribuzione finanziaria per risolvere problemi locali è pura miopia politica e in quanto tale è destinata ad essere fallimentare così come la storia ha ampiamente dimostrato nel corso di questi ultimi anni proprio su questo particolare terreno.
In questo senso hanno ragione quanti, come l’ECAP della Svizzera, sostengono l’opportunità di accantonare polemiche inutili e avviare, invece, all’interno dei soggetti coinvolti – istituzioni, parti sociali, politici, personale insegnate di ruolo e locale, cittadini – ovvero tutte quelle forze che compongono l’intero sistema dei corsi di lingua e cultura un dibattito a tutto campo in grado di individuare soluzioni legislative e politiche adeguate ai bisogni formativi che le nostre comunità chiedono di implementare e sostenere.
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Corporativi a chi? Sui corsi di lingua e cultura è bene fare chiarezza!
È tornata di moda la spending review o revisione della spesa giustamente richiamata dal senatore Micheloni nel comunicato stampa di oggi pubblicato dall'agenzia AISE. Però il senatore non può certo far finta di non ricordare che quell'intuizione dell'allora ministro Padoa-Schioppa mirava al raggiungimento di un obiettivo ben preciso: migliorare l'efficienza e l'efficacia della spesa pubblica - minore spesa a parità di risultati e maggiori risultati a parità di spesa – attraverso la sistematica analisi e valutazione delle strutture organizzative, delle procedure di decisione e di attuazione, dei singoli atti all'interno dei programmi, dei risultati. C'è da interrogarsi seriamente se l'emendamento del senatore Micheloni di richiamare circa 350 insegnanti di ruolo operativi nei corsi di lingua e cultura italiana all'estero e riassegnare le risorse risparmiate agli Enti Gestori va in quella direzione o piuttosto si colloca in una crinale diametralmente opposto tutto a vantaggio di ben precise Corporazioni (il termine è mutuato dal comunicato di Micheloni) e in piena coerenza con il disegno berlusconiano/ tremontiano/ gelminiano di ridurre il più possibile risorse alla scuola pubblica a vantaggio dell'iniziativa privata in aperta violazione del dettato costituzionale.
Non sfuggirà certo all'attenzione del senatore Micheloni che nel corso degli anni la FLC CGIL si è battuta e si batte affinché, in attesa di un riordino legislativo del sistema della scuola italiana all'estero, gli interventi diretti dello Stato ovvero del MAE seguissero una ben precisa via di ridistribuzione razionale delle risorse allocandole laddove effettivamente servono ovvero laddove c'è bisogno formativo ponendo così fine ad operazioni a dir poco discutibili tutte tese ad una feudalizzazione delle risorse. Come pure non sfuggirà al senatore che la FLC CGIL e la stessa CGIL hanno sempre ribadito la centralità dell'intervento pubblico nell'istruzione e nella formazione in quanto garante di democrazia, libertà, uguaglianza e inclusione sociale.
Ci pare che di questo avviso sia lo stesso PD come ha ampiamente ribadito in tutti gli interventi sulla scuola e nei suoi congressi.
Caro senatore, se ha letto con attenzione il comunicato avrà sicuramente notato che la FLC CGIL rivendica una riforma organica della scuola italiana all'estero. Il metodo della via emendativa dell'esistente per arrivare a riformare il sistema non solo è sbagliato ma è destinato a generare ulteriori e aspre contraddizioni. Quello che oggi serve per rilanciare la nostra politica culturale è un confronto serrato tra le varie forze sociali, politiche e culturali progressiste che coinvolga anche il sindacalismo confederale, quale la FLC CGIL e la stessa CGIL, in quanto portatore di interessi che riguardano tutti i lavoratori e tutti i cittadini, per affermare un'idea di scuola e di iniziative scolastiche italiane all'estero, e quindi un'ipotesi di riforma ben precisa, capace nel rispetto del dettato costituzionale di soddisfare appieno i bisogni formativi dei nostri connazionali. Altre scorciatoie non sono percorribili se si vuole effettivamente riformare il sistema.