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Anche le Associazioni Sindacali della docenza universitaria si mobilitano contro i provvedimenti del Governo

Appello di FLC Cgil, CISL Università, UIL PA-UR.AFAM, UDU, ADI, ADU, ANDU, APU, CISAL, CNRU, CNU, RNRP e SU.

06/10/2008
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Le Associazioni Sindacali della docenza universitaria rivolgono un appello a tutti i docenti universitari per contrastare la manovra del Governo, unendo nella lotta tutte le componenti universitarie per arrivare entro il mese di ottobre a promuovere una grande manifestazione nazionale.

Roma, 6 ottobre 2008
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ADI, ADU, ANDU, APU, CISAL Università, CNRU, CNU, CISL Università
FLC CGIL, RNRP, SUN, UDU, UIL P.A.-U.R.AFAM

A tutti i Docenti delle Università italiane

Il sistema universitario è oggetto di provvedimenti che rischiano di cancellare l’Università che abbiamo conosciuto. Il D.L. 112/08 è stato convertito in legge (n. 133/08), ed è dunque pienamente operativo, confermando i contenuti sui quali abbiamo già a luglio espresso un giudizio durissimo e avviato prime iniziative di informazione e di contrasto. Ne ricordiamo punti salienti:

  1. limitazione al 20% del turn-over, per gli anni 2009-2011 e al 50% per l’anno 2012 del personale docente e tecnico-amministrativo, dopo due anni di blocco dei concorsi;

  2. ulteriori drammatici tagli al Fondo di Finanziamento ordinario, che viene decurtato di circa il 25% in termini reali entro il 2012; (ma per quest’anno il finanziamento dei PRIN scende da 160 a 98 milioni di euro)

  3. la possibilità di trasformazione degli Atenei in Fondazioni private, con la privatizzazione dei rapporti di lavoro, il conferimento dei beni dell’Università al nuovo soggetto privato e l’indeterminatezza degli organi di gestione degli Atenei la cui composizione e funzione non viene per nulla chiarita;

  4. il taglio delle retribuzioni del personale.

Tali provvedimenti vanno ben oltre la congiuntura e una pura manovra di risparmio, ma determinano invece uno scenario in cui sparisce l’Università italiana come sistema nazionale tutelato dalla Costituzione, in cui il ruolo pubblico è elemento decisivo di garanzia per la libertà di ricerca e d’insegnamento e degli interessi generali del paese.

Insieme con gli studenti, i primi danneggiati sono i giovani studiosi: il blocco del turn-over, riducendo drasticamente il numero dei docenti in ruolo a fronte delle uscite per pensionamento già note, impedirà il ricambio generazionale, aggravando il problema già insopportabile del precariato, e chiudendo le porte dell’Università ad intere generazioni. Ma è l’intero sistema che si ripiega su se stesso, negando ai docenti le opportunità di ricerca e di didattica di qualità, appaltando al privato le scelte fondamentali (un privato che, giova ricordarlo, è tra gli ultimi al mondo per finanziamento della ricerca). Chi presidierà le aree più delicate e meno immediatamente redditizie della ricerca? Si vuole importare un modello che mutua, dal mondo anglosassone, gli aspetti di disuguaglianza sociale, di sistema di poche Università di eccellenza, di riduzione di diritti ed opportunità, mentre non esistono neppure lontanamente le condizioni per mutuarne gli aspetti di alta produttività scientifica. E a fronte di una riduzione del 25% dei finanziamenti, anche le Università che oggi si autodefiniscono “virtuose” saranno trascinate nel gorgo dello squilibrio finanziario strutturale, strette nella forbice dei costi crescenti e della riduzione delle entrate.

Noi crediamo fermamente che occorra mobilitarsi da subito in modo forte e convinto per chiedere la cancellazione dei provvedimenti ed arrestare una deriva che si annuncia completa su tutti gli aspetti del funzionamento dell’Università. Non sfugge a nessuno che all’orizzonte si profilano nuovi interventi tra cui, verosimilmente, la revisione dello stato giuridico e l’abolizione del valore legale del titolo di studio. Il nostro giudizio negativo è fortemente ancorato ad elementi di merito.

Conosciamo bene le tante falle e difetti del sistema universitario, e certo non intendiamo difendere l’esistente; ma è proprio dai difetti che occorre partire, in modo non ideologico, come abbiamo costantemente fatto: affrontare i nodi del merito e della valutazione, della qualità dell’offerta didattica e di ricerca, del reclutamento dei giovani e della carriera, e correlatamente del precariato, dei meccanismi di finanziamento, del diritto allo studio, del dottorato, di un rapporto aperto e trasparente tra Università e società. E discuterne con la comunità universitaria: fino ad oggi le decisioni adottate sono state prese in modo del tutto unilaterale, al di fuori di qualsiasi confronto.

Noi non intendiamo accettare questo stato di cose: vi chiediamo, individualmente e collettivamente di mobilitarvi, ed in questo senso vi proponiamo un percorso che unifichi ed estenda a tutte le componenti dell’Università le tante iniziative sorte in queste settimane. Nel mese di ottobre occorre produrre iniziative di informazione e socializzazione in tutti gli Atenei, in forma di assemblee e momenti di discussione. Ancora troppi non hanno compreso la portata devastante dei provvedimenti, o confidano in un “io speriamo che me la cavo”. Non sarà così: chiunque operi nell’Università sarà esposto a cambiamenti radicali delle sue condizioni di vita, di lavoro e di reddito.

Vi chiediamo di proseguire con la moltiplicazione delle prese di posizione in tutti gli organi accademici e di farcele pervenire in modo da pubblicizzarle sui nostri siti e da diffonderle ulteriormente.
Vi chiediamo di riprendere la positiva esperienza delle “lezioni in piazza”: dobbiamo parlare alla cittadinanza, spiegare che questi provvedimenti non sono un problema dell’Università, ma disegnano un modello che riduce diritti e opportunità sociali, facendo del reddito il solo discrimine tra chi può e chi non può; un modello che divide sempre più il Paese tra poveri e ricchi.
Vi chiediamo di rifiutare ogni prestazione non dovuta e attenersi strettamente ai compiti istituzionali; di utilizzare parte delle lezioni per spiegare e condividere le ragioni della nostra opposizione.

Per parte nostra parleremo a tutti gli attori istituzionali interessati, CRUI e CUN, per sollecitare condivisione e prese di posizione. Studieremo anche forme di comunicazione che ci portino a contatto del più grande numero possibile di persone, a partire dalle famiglie degli studenti universitari e dalle associazioni dei genitori degli studenti medi, i possibili universitari del futuro, poiché ci è chiaro, come già detto, che queste posizioni abbisognano del più vasto sostegno degli utenti e dell’opinione pubblica.

Riteniamo necessario che questa fase di mobilitazione sfoci in una manifestazione nazionale, indicativamente a fine ottobre, nella quale tirare le fila delle azioni intraprese e accrescere la pressione sul Governo.

Ognuno di noi in questa difficile fase è chiamato ad una responsabilità individuale che non può essere ignorata o delegata. Fate circolare questo messaggio, discutetene con i colleghi che non l’hanno ricevuto, diffondetelo nelle Facoltà e nei Dipartimenti. Questa volta ci battiamo per la sopravvivenza stessa dell’istituzione in cui crediamo.

ottobre 2008