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ANDU, APU, CIDUM, CIPUR, CGIL SNUR, CISL Università, CNU, FIRU, SNALS Università, UGL Università, UIL PA Università e Ricerca: Osservazioni unitarie sul Disegno di legge di revisione dello stato giuridico dei docenti universitari

Le Associazioni ed i Sindacati rappresentativi della docenza universitaria hanno effettuato una prima riflessione sul testo proposto dal relatore e Presidente della VII Commissione della Camera, On.le Prof. Castellani, a modifica del ddl governativo AC 6562 relativo a disposizioni in materia di stato giuridico dei professori universitari.

14/06/2000
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ANDU, APU, CIDUM, CIPUR, CGIL SNUR, CISL Università, CNU, FIRU, SNALS Università, UGL Università, UIL PA Università e Ricerca

Le Associazioni ed i Sindacati rappresentativi della docenza universitaria hanno effettuato una prima riflessione sul testo proposto dal relatore e Presidente della VII Commissione della Camera, On.le Prof. Castellani, a modifica del ddl governativo AC 6562 relativo a disposizioni in materia di stato giuridico dei professori universitari.

È emersa una completa convergenza nelle critiche all'impostazione complessiva del testo che in larga misura ricalca, peggiorandola, quella del disegno di legge governativo sul quale tutte le Organizzazioni avevano a suo tempo espresso le loro valutazioni unitarie e fortemente negative.

In particolare, si è convenuto che nel testo proposto:

Lungi dal definire un unico ruolo dei professori universitari, si prefigura la creazione di tre ruoli distinti, con carriere separate e compiutamente definite nel loro sviluppo cronologico. In questo quadro, si reinventano artificiose differenze di funzioni didattiche, scientifiche e di governo all'interno degli Atenei.

Il neo istituito ruolo dei professori di terza fascia mantiene funzioni didattiche solo di supporto a corsi di altrui responsabilità ed assume l'evidente funzione di canale di reclutamento alla docenza dalla quale si può essere espulsi in caso di fallimento delle prove valutative da sostenere al termine del primo quadriennio.

Ad onta di ciò, per il reclutamento si prospetta l'adozione generalizzata di rapporti di lavoro precari e destinati a durare tempi estremamente lunghi, con l'ovvio risultato di allontanare i migliori tra i giovani studiosi dalla carriera universitaria. Nella proposta del relatore, infatti, il cursus che precederà la definitiva collocazione all'interno della docenza comprende almeno tre anni di dottorato, almeno sei di contratto, almeno quattro di precariato all'interno del ruolo dei professori di terza fascia; contando la laurea e gli ineliminabili tempi morti, un giovane studioso potrà intraprendere funzioni sussidiarie di docenza universitaria non prima dei quarantacinque anni di età.

Gli attuali ricercatori universitari potranno transitare nel ruolo dei professori di terza fascia per continuare ad esercitare i loro compiti attuali, solo dopo aver superato una valutazione demandata ai singoli Atenei. Non è forse infondata la previsione che, in talune realtà accademiche, quella della valutazione rischi di divenire la sede di operazioni di pulizia etnica.

Per tutti e tre i ruoli della docenza, si introducono valutazioni periodiche, assai incerte nella definizione dei meccanismi, per lo scorrimento meramente economico all'interno di ciascuno dei tre ruoli ed al contempo si mantiene in vita il meccanismo concorsuale classico per il passaggio da un ruolo ad un altro. Ovviamente, questi due meccanismi sono incompatibili fra di loro in una logica di ruolo unico della docenza, entro la quale riesce del tutto incomprensibile la loro commistione.

La funzione docente si caratterizza in senso centralistico e burocratico, in netto contrasto con principi e criteri rispondenti all'autonomia degli atenei.

Non si tiene nella necessaria considerazione la stretta connessione tra ricerca e didattica e, quantificando solo l'impegno da dedicare a quest'ultima, si finisce con lo svilire il ruolo preminente della ricerca scientifica nell'attività docente.

Si aumentano i carichi didattici nelle loro forme più tradizionali senza valutarne la compatibilità con il nuovo assetto dei Corsi di studio che, in regime di autonomia didattica, dovrebbe portare alla revisione profonda di tutti i curricula. In tal modo, si corre l'evidente rischio di scatenare un'ennesima proliferazione di insegnamenti unicamente destinati a soddisfare artificiosi dettami burocratici e non effettive esigenze curricolari.

Si prescrivono orari e vincoli anziché definire funzioni, competenze, qualità scientifiche e momenti di pubblicizzazione dei risultati conseguiti.

Si consente lo svolgimento di attività libero-professionali, senza alcun vincolo normativo generale e senza alcun limite all'impegno extra-moenia, subordinandole esclusivamente all'autorizzazione da parte dei responsabili di Ateneo, assai difficilmente negata. Questa scelta sembra essere premiata visto che a fronte della riduzione degli obblighi didattici, il relatore ha previsto una decurtazione economica, certo di scarso peso visti i proventi derivanti da attività libero-professionali. Unica penale risulta l'impossibilità di accedere alle massime cariche di governo.

Il nuovo regime economico è pesantemente penalizzante per i professori universitari attualmente in servizio, tanto da rendere assai improbabile che qualcuno di essi possa optare per la nuova organizzazione e da legittimare il sospetto che attraverso questo strumento, anche per il futuro si intenda continuare ed accentuare la politica di forti risparmi di bilancio ai danni del sistema universitario intrapresa con la Finanziaria Œ93.

Per molti aspetti, la proposta costituisce un arretramento rispetto all'autonomia statutaria e contraddice l'ordinamento che gli Atenei si sono già dati sulla base dei principi di autonomia. Infatti, la proposta non migliora lo stato giuridico attuale, ma addirittura lo peggiora sotto molti aspetti, tanto che l'opzionalità del passaggio dai vecchi ai nuovi ruoli e la non incentivazione dello stesso vanificheranno di fatto l'applicazione della riforma.

Per questi motivi, le Organizzazioni firmatarie prendono atto della estrema problematicità di eventuali operazioni di emendamento del testo proposto ed esprimono tutto il loro rammarico per l'assoluta chiusura manifestata dal Governo e da tutte le Forze politiche, sia di maggioranza, sia di opposizione, nei confronti delle proposte delle Organizzazioni rappresentative della docenza universitaria, che avrebbero consentito uno svolgimento meno conflittuale e più sereno della vita accademica.

In questa sede, le Organizzazioni della docenza non possono non ribadire le proprie posizioni:

Dovrà essere istituito un nuovo ruolo unico dei professori universitari, articolato per livelli stipendiali, con uguali diritti e doveri per quanto attiene funzioni didattiche, scientifiche, di servizio e di governo, con esclusività del rapporto con l'Università, attraverso l'adozione di condizioni che l'incentivino.

Dovrà attuarsi la messa ad esaurimento degli attuali ruoli ed il passaggio, a domanda, dalle vecchie alle nuove figure, assicurando in ogni caso il riconoscimento dei diritti acquisiti.

La formazione alla docenza dovrà concludersi in tempi ragionevoli (al massimo 6 anni) attraverso una molteplicità di percorsi diversi per l'accesso.

Nel futuro, l'immissione nel ruolo unico dovrà avvenire, di norma, al livello iniziale attraverso una valutazione comparativa che preveda anche una prova didattica.

Il giudizio di conferma dovrà essere unico ed effettuato all'atto della prima nomina in ruolo.

La progressione in carriera dovrà avvenire attraverso una serie di giudizi su tutte le attività svolte dal professore (scientifiche, didattiche e di servizio) ai quali ciascun professore sarà tenuto a sottoporsi periodicamente.

Dovranno essere messe a disposizione del sistema universitario nazionale nuove, significative risorse finanziarie per investimenti, ricerca, istituzione di nuove posizioni di docenza, invertendo la tendenza di questi ultimi anni.

Dovrà essere completamente ridisegnata la progressione economica, introducendo sostanziosi miglioramenti rispetto alla situazione odierna. In tal modo si inizierà a colmare la voragine stipendiale che si è aperta tra docenza universitaria e dirigenza pubblica.

L'età di pensionamento a 70 anni dovrà essere uguale per tutti.

I Sindacati confederali di categoria, a differenza delle altre organizzazioni della docenza, ritengono necessaria la piena contrattualizzazione del rapporto di lavoro dei docenti universitari. Anche di questo importante istituto, all'interno della proposta del relatore, esiste solo un simulacro, limitatamente a contratti di diritto privato da accendere tra Ateneo e singolo docente per lo svolgimento di attività addizionali. Tale introduzione avviene in presenza di elementi di riferimento generale assai labili ed in una un situazione di pericolosa commistione tra meccanismi contrattuali individuali e meccanismi elettivi alle cariche di governo.

A sostegno delle posizioni unitarie è indetta una

MANIFESTAZIONE NAZIONALE

dei docenti universitari per mercoledi 5 luglio 2000 alle ore 11 davanti alla Camera.

Si invitano i Docenti a riunirsi prima in

ASSEMBLEE DI ATENEO

unitariamente convocate per discutere sulla grave situazione che sta attraversando l'Università italiana per la mancanza di riforme finalizzate al miglioramento dell'attività di insegnamento e di ricerca.