Contratto di ricerca: un gruppo di lavoro che riproduce precarietà
La Ministra Bernini con un decreto archivia la dignità del lavoro di ricerca.
Nelle scorse settimane si è aperta la trattativa sulle sequenze contrattuali del CCNL Istruzione e Ricerca. Il primo punto affrontato, oltre al tecnologo nelle università, è stato quello del contratto di ricerca. Cioè, quella nuova figura per università, enti di ricerca e Afam che avrebbe dovuto finalmente superare quella terra di mezzo in cui si moltiplicano rapporti di lavoro atipici, senza diritti e spesso senza nemmeno riconoscimento di un vero e proprio rapporto di lavoro (dalle borse agli assegni di ricerca). Il DL 36/2022, poi convertito nella Legge 79/2022, aveva infatti rappresentato un passo avanti, istituendo una figura di collaboratore della ricerca di durata biennale, con uno stipendio reale (non una borsa esentasse), pieni contributi e un avvio di contrattualizzazione. Per questo si era aperto un tavolo di trattativa nel CCNL, nel quale unitariamente tutta la delegazione sindacale aveva presentato una proposta su parte stipendiale, diritti e doveri di queste figure. Questa trattativa, sia in sede di chiusura del CCNL a luglio, sia in questo primo tavolo autunnale di sequenza contrattuale, è però stata bloccata dall’assenza di un’azione propositiva da parte del Ministero dell’Università e della Ricerca (cioè, l’ARAN non ha di fatto avuto nessuna indicazione ministeriale su come condurre la trattativa, al di là del mandato di legge].
La Ministra Bernini, però, il 5 ottobre ha emanato il decreto ministeriale n. 1310 del 2023: un atto con il quale ha istituito un gruppo di lavoro in materia di contratti e assegni di ricerca, nell’ambito del Ministero dell’università e della ricerca, con il compito di analizzare le disposizioni normative e provvedere a formulare proposte per il riordino, il coordinamento e la razionalizzazione delle norme vigenti in materia di contratti e di assegni di ricerca. Tale Gruppo di lavoro conclude i lavori entro il 31 marzo 2024. Da chi è composto? Da sette persone: due di estrazione CRUI, il Coordinatore (Ferruccio Resta, ex Rettore Polimi ed ex-presidente CRUI) e il Presidente CRUI al momento della nomina (Salvatore Cuzzocrea, Rettore dell’Università di Messina, ora ex dopo le dimissioni chieste unitariamente dalle organizzazioni sindacali); due di estrazione ministeriale, la Segretaria Generale (Francesca Gagliarducci) e la Direttrice Generale delle istituzioni della formazione superiore (Marcella Gargano); due dagli atenei, la DG dell’Università del Piemonte Orientale (Loredana Segreto) e una professoressa Ordinaria del CUN (Roberta Siliquini, di Unito); uno degli Enti di Ricerca (Antonio Zoccoli, Presidente dell’INFN e Ordinario di Unibo).
A colpire (molto negativamente) sono diverse cose. A partire da tempi, scopo e composizione del gruppo di lavoro.
Tempi: in pratica, è stato costituito a tavolo di trattativa avviato, sovrapponendosi e di fatto congelandolo, prevedendo per di più una conclusione in tempi lunghi, nella primavera 2024. L’istituzione di questo gruppo, poi, comunica al mondo (senza peraltro averlo comunicato alle organizzazioni sindacali al tavolo, come in nessun passaggio istituzionale) che si intende prorogare gli assegni di ricerca ancora per diverso tempo.
Scopo: il gruppo di lavoro aggira palesemente la normativa vigente, l’articolo 22 della Legge 240 del 30 dicembre 2010 (come riformulato lo scorso anno), che istituisce i contratti di ricerca e abroga gli assegni di ricerca. Infatti, il suo compito è di riordinare, coordinare e razionalizzare le norme vigenti in materia di contratti e di assegni di ricerca: cioè, si indica con chiarezza che l’obbiettivo è mantenere in vita, in qualche forma e modo, gli assegni. Cioè, mantenere il lavoro atipico, il lavoro non riconosciuto e garantito come lavoro nell’ambito della ricerca.
Composizione: molte sono le cose da dire sulle scelte (la presenza di due componenti CRUI, un Presidente di EdR e un DG, dando quindi la maggioranza assoluta del gruppo alle governance; una rappresentanza degli atenei ristretta ad un'unica regione; l’assenza di ogni presenza sindacale, nonostante un tavolo di trattativa e un loro coinvolgimento previsto dalla normativa). Ci limitiamo a segnalare, con forza, il problema che riteniamo più significativo: la totale assenza di una qualsiasi presenza dei soggetti ai quali si rivolge questa normativa, i precari (le possibilità sarebbero state molte, dal coinvolgimento delle loro associazioni, ADI e ARTED, che tante volte si sono rivolte al Ministero in questi mesi, sino all’individuazione di componenti CUN a tempo determinato, ben presenti in quell’organo).
In conclusione: il messaggio della Ministra è arrivato con forza, per quanto burocratico, sottotono e obliquo. L’intenzione è quella di archiviare il Contratto di ricerca. Peggio, è quella di ridimensionarlo e articolarlo in una molteplicità di figure, a là carte per gli atenei, compreso forme di assegno di ricerca (atipici, senza diritti e poco pagati). Una soluzione che amplifica la precarietà e la stratificazione di diritti nelle università, negli Enti di Ricerca e negli AFAM. Contro questa ipotesi, continueremo la nostra iniziativa per applicare l’attuale normativa e dare avvio ad un contratto di ricerca con pieni diritti, insieme a quel vasto fronte di organizzazioni, associazioni e soggetti con cui ci siamo trovati anche recentemente alla nostra assemblea nazionale di Firenze.