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Gli stati di confusione della CRUI, la sua sponda al governo e l’ennesima spinta a spaccare la comunità universitaria

Comunicato ADI, FLC CGIL, Rete29aprile

21/01/2025
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La Conferenza dei Rettori delle Università Italiane è un’associazione privata nata nel 1963, a cui aderiscono 85 dei 99 atenei che attualmente sono parte del Sistema universitario nazionale (dati USTAT): gli 11 atenei telematici, infatti, sono al momento esterni alla CRUI, insieme alla Scuola Superiore Meridionale di Napoli, a UniCamillus (Università Medica Internazionale di Roma) e all’Università per stranieri Dante Alighieri di Reggio Calabria.

L’approfondirsi dell’autonomia universitaria ha portato quest’organismo a sviluppare negli ultimi decenni il suo profilo istituzionale, con un suo sempre maggiore coinvolgimento nelle politiche universitarie previsto dalle normative. I processi strutturali di questi ultimi decenni hanno però anche moltiplicato peculiarità e divergenze all’interno del sistema universitario nazionale, portando le governance dei singoli atenei a sviluppare punti di vista, interessi e prospettive diverse, se non contrapposte. Così, proprio quando le trasformazioni normative hanno assegnato ai singoli Atenei maggior indipendenza, anche in un’ottica competitiva, e si è attribuito ai Rettori maggiori poteri e responsabilità di governance, è cresciuta anche la loro difficoltà a costruire posizioni comuni. Prima del decennio perduto dei tagli di Tremonti e Gelmini (che hanno reso il nostro sistema universitario più piccolo, fragile e sperequato), si era addirittura affacciata l’ipotesi di una frammentazione della dimensione associativa delle università italiane, con la formazione nel 2008 di Aquis (una rete di atenei che si distinguono per produttività, competitività e solidità finanziaria, composta da Polimarche, Bologna, Calabria, Ferrara, Bicocca, Polimi, MoRe, Padova, TorVergata, Polito, Trento e Verona). Questo circuito si spense però con l’arrivo del lungo inverno dettato dalle ristrettezze economiche. Alla fine del 2022 è nata invece United, che riunisce sette atenei telematici (il gruppo Multiversity, e-Campus e Giustino Fortunato, oltre due di natura pubblica come IUL-Indire e LdV-Unich; fuori rimangono Unicusano, Marconi e le altre due di natura pubblica, UniTelma e UniNettuno).

In ogni caso, nell’ultimo decennio ci sono state evidenti discrepanze e tensioni nella CRUI, non solo nelle elezioni dei suoi presidenti ma anche nella difficoltà di portare avanti una sua azione coerente e consistente. Oggi, di fronte all’apertura di una nuova stagione di tagli e revisioni di sistema, con un impatto che rischia di esser ancora più significativo rispetto a quindici anni fa, è in fondo naturale che aumentino disaccordi e contraddizioni tra i diversi Rettori/Rettrici. Lo si è notato sottotraccia negli ultimi mesi: sulle università telematiche, con le posizioni nette e le decisioni formali di alcuni, i silenzi di altri; sulle risorse, con la forte presa di posizione sul taglio del FFO 2024, le dichiarazioni sui media e nelle inaugurazioni degli anni accademici di alcuni, i silenzi o l’enfatizzazione delle promesse sul recupero di nuove risorse di altri. Lo si è visto agli Stati generali dell’università, organizzati dalla CRUI proprio quando è stato pubblicato il nuovo decreto sulle telematiche e mentre si stava chiudendo la legge di bilancio 2025, nel silenzio su questo e sugli altri temi sensibili, nel tentativo di ricostruire una facciata di collaborazione tra le diverse istituzioni.

Eppure, non ci era mai capitato di vedere una CRUI che, nel giro di poche settimane, assumesse tre posizioni pubbliche diverse e contrapposte. E’ successo ora, su revisione del pre-ruolo e precariato universitario.

A novembre, la delegazione CRUI audita alla VII Commissione del Senato sul Ddl 1240 ha formalizzato, in un documento su carta intestata, un parere favorevole all’iniziativa del governo, arrivando a chiederne una sostanziale radicalizzazione: estensione della durata dei nuovi rapporti di lavoro atipici; trasformazione del passaggio da RTT a Professore Associato in un’occasione di selezione; inclusione dei contratti post-doc nei docenti di riferimento di un corso di laurea; eliminazione del requisito del titolo di dottorato per l’accesso ai contratti post-doc; conferma e lodi della figura del professore aggiunto. FLC, ADI, ARTeD e Rete29aprile hanno subito sottolineato la gravità di questo parere, che ha spezzato la comunità universitaria.

Lo scorso 10 gennaio, ad un incontro formale al Ministero sul DdL 1240 a cui erano presenti le diverse organizzazioni sindacali, il rappresentante della CRUI ha sostanzialmente corretto quelle valutazioni (non diversamente da quanto aveva già fatto la Presidente CRUI in un incontro con le società scientifiche), sottolineando forti perplessità sull’introduzione della figura del Professore Aggiunto e chiedendone la soppressione, oltre che esprimendo scetticismo sulla numerosità delle tipologie di contratto previste dal DDL, evidenziando quanto queste siano sovrapponibili a tipologie di rapporto di lavoro già previste. Una posizione che ha in qualche modo riecheggiato le critiche espresse non solo dalle organizzazioni associative e sindacali, ma anche dalle società scientifiche e da numerose delibere di Dipartimento.

Lo scorso 16 gennaio, CRUI e CoPER (la Conferenza dei Presidenti degli Enti di ricerca) hanno emesso un inusuale comunicato stampa congiunto, per far sapere che le comunità universitarie e dei centri di ricerca hanno intensificato il confronto sull'articolato del Ddl, sostenendo la necessità di superare la situazione attuale, caratterizzata da un unico strumento contrattuale, per loro insufficiente. Questa limitazione starebbe compromettendo la continuità dei progetti in corso e ostacolando l'avvio di nuove iniziative. Per questo CRUI e CoPER accolgono con favore il DDL che aggiunge ulteriori figure contrattuali accanto al contratto di ricerca, sottolineando l'urgenza di una soluzione che sia in linea con gli standard internazionali e che tenga conto delle specificità del sistema italiano, …garantendo la necessaria flessibilità nella scelta degli strumenti più idonei per garantire una ricerca di qualità e attrattiva [sic!]. Per concludere che, tuttavia, la CRUI esprime qualche perplessità sulla introduzione del professore aggiunto, sottolineando, inoltre, come l'introduzione di questa figura potrebbe generare confusione e disincentivare i giovani ricercatori.

Non vogliamo certo entrare negli evidenti stati di confusione che la CRUI sta attraversando in questa stagione, lasciando ai suoi componenti il compito di fare chiarezza su cosa pensa e su cosa comunica di pensare la Conferenza dei Rettori. Quello che ci preme sottolineare è la gravità delle posizioni oggi assunte, al piede di partenza della discussione del Disegno di Legge 1240 al Senato. L’iniziativa della Ministra Bernini e della Presidente del Consiglio Meloni, infatti, come abbiamo ripetutamente sottolineato moltiplica le figure precarie nell’università, confermando con altro nome ma identica configurazione gli attuali assegni di ricerca, creando assegnini meno retribuiti e più flessibili, introducendo un contratto post doc con obblighi didattici e la scandalosa figura del professore aggiunto, in cattedra per chiamata diretta di Rettore e CdA senza alcuna valutazione tra pari. Al di là delle perplessità su quest’ultima figura, CRUI e COPER avallano oggi impianto e dettaglio di questa moltiplicazione delle figure precarie, richiamando ma di fatto smentendo il riallineamento con gli standard internazionali: in nessun paese europeo, infatti, il lavoro di ricerca a tempo determinato prevede contratti atipici e spuri, come borse e assistentati. Di fatto, anche in forme peggiori di quelle attuali, si vuole riaffermare le specificità del sistema italiano, che è appunto l’unicum di decine di migliaia di giovani (e meno giovani) ricercatori e ricercatori costretti per molti anni in una terra di mezzo tra lo Stato giuridico e il Contratto nazionale, senza tutele, diritti e rappresentanza. Ecco, diversamente da CRUI e COPER noi crediamo che di questa specificità sia ora di fare a meno. Per questo ci opponiamo al tentativo di aggirare e di fatto svuotare una delle milestone del PNRR, cioè il DL 79/2022 e la figura del Contratto di Ricerca, come si propone il DdL Bernini/Meloni. Invece che rivendicare le risorse necessarie per portare nelle università retribuzioni e condizioni di lavoro dignitose, quelle che sono riconosciute come standard in tutte le altre università europee e nel resto della pubblica amministrazione, si pretende ancora una volta di sacrificare ricercatori e ricercatrici, caricando su di loro la tenuta dei conti dell’università italiana. Se la CRUI intende considerare, e non sfruttare, le generazioni più giovani, dovrebbe pretendere risorse per bandire contratti di ricerca e posizioni RTT, laddove sia necessaria anche la didattica.

Oggi invece la CRUI si assume la responsabilità di spaccare la comunità universitaria, rifiutandosi di considerare centrali le tutele e i diritti di decine di migliaia di lavoratori e lavoratrici impiegati negli atenei italiani.  Cercheremo di rispondere a questa scelta con la mobilitazione in corso: le iniziative nelle università, le assemblee precarie, lo sviluppo degli stati di agitazione dell’università. Una mobilitazione che, a questo punto, non può che avere come controparte non solo il Ministro Bernini e la Presidente del Consiglio Meloni, ma anche la CRUI, cioè Rettrici e Rettori che hanno scelto da che parte stare in questo frangente.

ADI, FLC CGIL, Rete29aprile

Torna l’appuntamento in cui le lavoratrici
e i lavoratori di scuola, università, ricerca
e AFAM possono far sentire la loro voce.

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