Legge di bilancio 2022: la proposta della FLC CGIL relativa all’università
I nostri emendamenti all’articolo 103 del disegno di legge in discussione in Parlamento.
Pur valutando positivamente il fatto che finalmente si sta andando decisamente verso un cambio di rotta rispetto agli interventi operati nel decennio successivo alla crisi economica del 2008, va comunque considerato che quanto previsto all’articolo 103 del Disegno di Legge 2448 dell’11 novembre 2021 (schede di approfondimento) non risulta ancora sufficiente alla necessaria decisa espansione del sistema universitario. A riguardo basti considerare che le assunzioni previste non coprono ancora i tagli all’organico operati dal 2009 e che anche allora, nel confronto internazionale, l’università italiana si collocava già agli ultimi posti per personale impiegato e per finanziamenti: infatti la stessa relazione illustrativa all’articolo 103 prevede in almeno 45.000 le assunzioni in ruolo necessarie per riportare al valore medio UE il rapporto tra docenti e studenti (senza tra l’altro prevedere la necessaria espansione anche della popolazione studentesca e il mantenimento di un equilibrato rapporto tra personale docente e personale tecnico amministrativo).
La nostra proposta emendativa all’articolo 103 intende essere un rafforzamento rispetto all’inversione di marcia che bisogna assolutamente operare sull’università, considerando che oggi per finanziamenti dell’università rispetto al PIL siamo all’ultimo posto tra i Paesi UE e che, nonostante il raddoppio dell’intervento sul reclutamento, non si arriverebbe nemmeno alla metà delle 45.000 assunzioni per riportare il parametro docenti/studenti alla media europea.
In questo quadro va segnalata l’incomprensibile assenza di finanziamenti destinati alla decisa riduzione delle tasse universitarie, considerato che anche per questo aspetto abbiamo il triste primato di essere il Paese nella UE con minor numero di giovani laureati e che contemporaneamente abbiamo un livello di tassazione tra le più alte. In un percorso che dovrebbe portare all’abolizione della tassazione studentesca, oltre che un più deciso rilancio degli interventi sul diritto allo studio, proponiamo per il 2022 un finanziamento per innalzare la no tax area a un valore ISEE di 30.000 euro.
Relativamente alle proposte di emendamenti relative al personale contrattualizzato afferente al comparto Istruzione e Ricerca, oltre quanto già evidenziato circa la necessità di evitare una ingiustificabile sperequazione all’interno delle sezione ricerca del CCNL, queste traggono motivazione dal fatto che gli importi previsti non sono sufficienti a raggiungere l’obiettivo prefissato di valorizzazione del personale, in relazione al sostanziale blocco della mobilità professionale protrattasi per lungo tempo, anche in conseguenza del fatto che sia le università che gli EPR non hanno potuto contare su alcun finanziamento relativo al rinnovo dei contratti nazionali. È il caso ad esempio dei ricercatori e tecnologi, rispetto ai quali oggi è doveroso intervenire per il superamento del terzo livello di inquadramento, che può essere considerato tuttalpiù un livello iniziale di transito, come riteniamo altrettanto coerente e doveroso che venga prevista anche una maggiore possibilità di transito dal secondo al primo livello, interventi entrambi in linea con le indicazioni contenute nel documento European Framework For Research Careers. Per quanto riguarda l’incremento previsto per il personale tecnico amministrativo delle università sui prossimi due trienni contrattuali, è dovuto alla necessità di aumentare la retribuzione media di questo settore che inspiegabilmente, per le professionalità richieste e presenti (il 49% del personale contrattualizzato ha il titolo di studio della laurea), risulta fanalino di coda e ben lontano dalla media retributiva degli altri settori e comparti del pubblico impiego.
A seguire gli emendamenti proposti, con commento se non trattati nella nota introduttiva.
ARTICOLO 103 (Misure per il rilancio e la competitività del sistema della formazione superiore)
Emendamento sostitutivo comma 1
[Fondo Funzionamento Ordinario]
1. Il Fondo per il finanziamento ordinario delle università, di cui all’articolo 5, comma 1, lettera a), della legge 24 dicembre 1993, n. 537, è incrementato di 500 milioni di euro per l’anno 2022, di 1030 milioni di euro per l’anno 2023, di 1530 milioni di euro per l’anno 2024, di 1630 milioni per l’anno 2025 e di 1730 milioni annui a decorrere dall’anno 2026.
Emendamento sostitutivo prima parte lettera a comma 1 articolo 103
[Risorse assunzioni personale.]
a) 150 milioni di euro per l’anno 2022, 600 milioni di euro per il 2023, 1280 milioni di euro per l’anno 2024, 1380 milioni di euro per l’anno 2025 e 1480 milioni di euro a decorrere dall’anno 2026, destinati all’assunzione di professori universitari, ricercatori di cui all’articolo 24, comma 3, lettera b), della legge 30 dicembre 2010, n. 240. e per l’assunzione di personale tecnico amministrativo delle università in deroga alle vigenti facoltà assunzionali, al fine di favorire il graduale raggiungimento degli standard europei in ordine al rapporto tra il numero dei docenti e del personale tecnico amministrativo delle università e quello degli studenti. Con riferimento alle assunzioni di professori universitari, le risorse di cui alla presente lettera sono riservate esclusivamente alle procedure di cui all’articolo 18 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, con vincolo, di almeno un quinto, per le chiamate ai sensi del comma 4 del medesimo articolo 18 della legge n. 240 del 2010. Le procedure di cui al secondo periodo finanziate con le risorse di cui al presente comma sono volte a valutare le competenze dell’aspirante nell’ambito della didattica, della ricerca e della terza missione.
Emendamento sostitutivo seconda parte lettera a comma 1 articolo 103
[Criteri distribuzione risorse tra gli atenei.]
(ultimo paragrafo comma a, cancellare da “tenendo conto” a “politiche di reclutamento” e sostituire). Con decreto del Ministro dell’università e della ricerca, da adottarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono individuati i criteri di riparto delle risorse di cui alla presente lettera anche al fine di ridurre i divari determinatesi sul reclutamento degli atenei negli ultimi 10anni.
Commento. Negli ultimi dieci anni la legge 240 del 2010 e la sua gestione effettiva hanno moltiplicato differenze e squilibri tra le diverse sedi universitarie: il lungo blocco del turnover ha portato a perdere dal 2012 al 2017 quasi 7mila punti organico, ma questa riduzione è stata distribuita in modo non omogeneo dal DL 49/2012, con alcuni Atenei che hanno visto una riduzione meno marcata di personale, altri che lo hanno visto crescere. Un processo amplificato da un FFO che ha visto non solo un suo significativo calo complessivo (più di 5 miliardi nel complesso), ma ancor più marcatamente una progressiva riduzione della sua quota base, con la conseguente continua espansione di interventi finalizzati legislativamente e meccanismi premiali (come nel caso dei c.d. “Dipartimenti di eccellenza”). L’Agenzia Nazionale di Valutazione (ANVUR), costruita in quest’ultimo decennio, ha infatti accompagnato e sospinto la progressiva divergenza fra gli Atenei, sviluppando un sistema accentrato di controllo che attraverso alcuni parametri (come la VQR) ha concentrato le (scarse) risorse su alcuni gruppi e settori di ricerca, ovvero su alcuni Atenei e territori, a spese degli altri. Oggi, a fronte di una prima inversione di tendenza, con un aumento del FFO di circa il 10% in cinque anni, si ritiene imprescindibile superare la logica delle (pseudo)eccellenze che, concentrando attenzioni e risorse su alcune strutture, rischia di amplificare ulteriormente e ad un diverso ordine di grandezza le divergenze già evidenziate nella lunga fase di austerità, portando così nonostante le nuove risorse ad un significativo degrado del complesso del sistema universitario italiano. Per questo, per garantire qualità della didattica, sviluppo della ricerca e diritto allo studio in tutte le sedi del Paese, si ritiene necessario prevedere che la distribuzione delle risorse in deroga alle attuali facoltà assunzionali, cioè in grado di espandere l’università nel suo insieme, non sia effettuata sulla base dei parametri valutativi usati nell’ultimo decennio (che premierebbero i soliti atenei e territori, allargando in modo insostenibile le attuali sperequazioni), ma tenendo presente al contrario l’obbiettivo di sistema di ridurre gli attuali divari nel reclutamento che si sono prodotti negli ultimi dieci anni.
Emendamento sostitutivo lettera b comma 1 articolo 103
[Risorse e criteri per valorizzazione personale tecnico amministrativo]
b) 50 milioni di euro a decorrere dall’anno 2022,100 milioni a decorrere dall’anno 2024 e 150 milioni a decorrere dall’anno 2026 finalizzati alla valorizzazione del personale tecnico-amministrativo delle università statali secondo i criteri stabiliti dalla contrattazione collettiva nazionale. Con decreto del Ministro dell’università e della ricerca, da adottarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono individuati i criteri di riparto delle risorse di cui alla presente lettera tra le singole istituzioni;
Emendamento aggiuntivo al comma 1 dopo lettera e)
[Risorse e criteri per valorizzazione CEL]
- f) 15 milioni euro a decorrere dall’anno 2022 finalizzati all’adeguamento della retribuzione, dei collaboratori esperti linguistici secondo i criteri stabiliti dalla contrattazione integrativa nazionale. Con decreto del Ministro dell’università e della ricerca, da adottarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definiti i criteri di riparto tra le università.
Commento. Viene evidenziata la necessità di un intervento risolutivo rispetto ad una vicenda che si trascina da circa quaranta anni e che ha visto il nostro Paese, dopo un lungo contenzioso a livello europeo ( Caso EU-pilot 2079/11/EMPL) adottare un intervento normativo sugli ex lettori di lingua straniera ( art.11 Legge 20 novembre 2017, n.167): poiché il personale collaboratore esperto linguistico svolge le stesse mansioni del personale ex lettore di lingua straniera, si ritiene necessario che il prossimo CCNL possa contare sulle risorse necessarie per adottare una soluzione equa per questo personale, ponendo così le basi per mettere la parola fine a questo lungo contenzioso!
Emendamento aggiuntivo comma 1 dopo lettera f)
[Norme e risorse per progressione carriera Ricercatori tempo indeterminato]
- g) 80 milioni di euro a decorrere dall’anno 2022 per il passaggio a professore di seconda fascia dei Ricercatori a tempo indeterminato in possesso dell’Abilitazione scientifica nazionale, secondo le procedure previste dall’art. 24 comma 5 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, e per i professori aggregati o ricercatori a tempo indeterminato che hanno comunque svolto attività didattica, secondo criteri e procedure previste da un apposito decreto del Ministro dell’università da adottarsi entro sessanta giorni, previo parere vincolante e obbligatorio del CUN.
Commento. Al momento sono presenti negli atenei circa 7850 ricercatori a tempo indeterminato, figura messa ad esaurimento dalla Legge 240 del 2010 (oltre 10 anni fa), ma che ancora rappresenta oltre il 15% del personale docente di ruolo negli atenei. Per molti anni questo personale è stato parte indispensabile dell’attività e del funzionamento delle università italiane, garantendo non solo un’attività di ricerca complessivamente di alto livello (come indicano tutte le analisi internazionali sulla produttività e la qualità della ricerca in questo paese), ma anche un’attività didattica senza la quale non si sarebbe potuto garantire il funzionamento della maggior parte (se non della totalità) dei corsi di laurea italiani. A partire dal 2022 dovrebbe trovare applicazione quanto previsto nelle leggi di Bilancio 2019 e 2021 (n 145 del 30 dicembre 2018 e numero 178 del 30 dicembre 2020), che stanzia complessivamente 30 milioni, per la progressione di carriera dei ricercatori universitari a tempo indeterminato in possesso di abilitazione scientifica nazionale, in deroga alle vigenti facoltà assunzionali (sono previsti complessivamente circa 2mila posti). Al di là di questo intervento, rimangono però diverse migliaia di RTI, abilitati e non abilitati, la cui carriera rischia di rimanere bloccata nonostante in questi anni continuino a garantire l’attività didattica, anche nel ruolo di professori aggregati. Si prevedono quindi le risorse necessarie, oltre che per garantire il passaggio a professore associato di tutti i RTI in possesso di abilitazione nazionale secondo le procedure già previste dall’attuale piano straordinario, per intervenire anche sui ricercatori non abilitati che svolgano attività didattica, con la definizione di specifiche norme per la valutazione di una loro progressione a professori associati, secondo parametri e criteri stabiliti con Decreto Ministeriale, previo parere obbligatorio del CUN.
Emendamento aggiuntivo dopo comma 1 dell’articolo 103
[Tasse universitarie]
1 bis. Il Fondo per il finanziamento ordinario delle università, di cui all’articolo 5, comma 1, lettera a), della legge 24 dicembre 1993, n. 537 è incrementato di 235 milioni dall’anno 2022, 1000 milioni dall’anno 2024 e di 1500 milioni dall’anno 2026 al fine di incrementare le risorse definite dal comma 518 della Legge n.178 del 30 Dicembre 2020 per riconoscere al maggior numero di studenti l’esonero, totale o parziale, del contributo omnicomprensivo con l’obiettivo di eliminarlo dall’anno accademico 2025/2026. Con decreto della Ministro dell’università e della ricerca, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge sentito il CUN sono individuale modalità di definizione degli esoneri, totali o parziali, da parte delle università e i criteri di riparto tra le università.
Emendamento aggiuntivo comma 1 dell’articolo 103
[Estensione delle procedure di chiamata secondo l’art. 24 comma 6]
1 tris. Le procedure di chiamata a professore associato e a professore ordinario secondo l’art. 24 comma 6 della Legge 240 del 31 dicembre 2010 sono prorogate al 31 dicembre 2026.
Commento. Nel 2014 un vasto arco di forze sindacali e della docenza universitaria (ADI, ADU, ANDU, ARTeD, CIPUR, CISL-Università, CNRU, CNU, COBAS-Pubblico Impiego, CoNPAss, CSA-CISAL Università, FLC CGIL, LINK, RETE29Aprile, SNALS-Docenti, SUN-Universitas News, UDU, UGL-INTESA FP, UIL – RUA) ha sottolineato la necessità e l’opportunità di istituire un ruolo unico della docenza. Nel quadro di quel ragionamento sull’università, si era allora sottolineata l’importanza di distinguere e svincolare le procedure di assunzione nella docenza universitaria (volte ad espandere il sistema o a garantire il necessario turn over) da quelle dedicate alla progressione di carriera, nel quadro comunque di una valutazione delle attività svolte in relazione alla ricerca, la didattica e le attività istituzionali. Nelle more di una revisione della legge 240 del 2010 (che si ritiene sempre più necessaria, non solo in relazione al pre ruolo ma anche più complessivamente alla configurazione degli attuali ruoli), ai piedi di partenza di quella che si auspica sia una nuova stagione di espansione del sistema universitario (avviata dai primi finanziamenti previsti in questa legge di bilancio), si ritiene necessario dotare le università nei prossimi cinque anni di uno strumento normativo in grado di programmare anche la necessaria progressione di carriera del personale attualmente in ruolo, permettendo così di riequilibrare il rapporto tra le diverse fasce, reso piramidale dai criteri previsti dal DL 49/2012 e ancor più gerarchizzato dai recenti piani straordinari RTDb. A questo fine, permettendo agli atenei una miglior programmazione anche in funzione della semplice considerazione dei differenziali di costo del personale, si prevede l’estensione sino al 2026 (cioè sino al termine del nuovo piano straordinario in deroga alle attuali facoltà assunzionali) delle procedure di chiamata previste dall’articolo 24 comma 6 della Legge 240 del 31 dicembre 2010, che sono in ogni caso procedure di valutazione comparative che tengono in considerazione il necessario requisito dell’abilitazione nazionale per il ruolo.