Cambiamo il Codice di comportamento dei dipendenti pubblici

Home » Università » Precari » "Riforma" dell'università, un futuro sempre più in bilico per i ricercatori precari

"Riforma" dell'università, un futuro sempre più in bilico per i ricercatori precari

Gli effetti della legge 240/10: ancora più precaria la figura del ricercatore e nessuna garanzia di ricambio generazionale.

12/02/2011
Decrease text size Increase  text size

La legge 240/10 del 30 dicembre 2010, meglio nota come legge Gelmini sull'Università, per quanto riguarda le nuove norme relative a personale accademico e reclutamento ha come principale effetto quello di precarizzare ulteriormente la figura del ricercatore nel nostro Paese, senza garantire il ricambio generazionale necessario all'interno del mondo accademico.

Infatti, da un lato, la legge non definisce una vera tenure track in grado di promuovere i giovani meritevoli; dall'altro, non prevede alcun riconoscimento del lavoro svolto dai cosiddetti "precari storici", cioè da coloro che svolgono da anni e in maniera continuativa didattica e ricerca nell'Università.

Innanzitutto viene introdotta l'abilitazione scientifica nazionale, superata la quale un giovane ricercatore acquisisce unicamente il diritto di poter concorrere per una posizione di professore associato. Inoltre, qualora entro quattro anni il suddetto giovane ricercatore non sia riuscito a diventare docente di seconda fascia, tale abilitazione scade e va eventualmente riconseguita.

In secondo luogo scompare la figura del ricercatore a tempo indeterminato (categoria messa "ad esaurimento") e viene sostituita da quella del ricercatore a tempo determinato, un ulteriore figura precaria che si aggiunge a quelle già esistenti (assegnisti, contrattisti, borsisti).

Più precisamente, viene istituito il ricercatore a tempo determinato "di tipo a)" (così chiamato in riferimento alla lettera dell'art. di legge) che dura tre anni ed è rinnovabile altri due, per un totale di cinque anni; ed il ricercatore a tempo determinato "di tipo b)", riservato a chi ha già avuto il tipo a) e con una durata di altri tre anni. Dopo il tempo determinato b) e conseguita l'abilitazione nazionale, l'Università può -e non deve- finalmente chiamare il non più giovane ricercatore come professore associato.

Gli anni di precariato del percorso pre-ruolo (tra assegni, contratti e TD) possono arrivare fino a dodici e alla fine di questo lungo iter non vi è per di più certezza di poter accedere ad un ruolo accademico stabile.

Presentazione del libro il 18 novembre, ore 15:30
Archivio del Lavoro, Via Breda 56 (Sesto San Giovanni).

LEGGI LA NOTIZIA