Università: precari, un Governo sordo che “proroga” politiche sbagliate
La FLC CGIL, ADI e Ricercatori Determinati sul possibile emendamento al Mille proroghe del Governo sul piano straordinario di reclutamento dei ricercatori universitari.
All’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università di Firenze il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha annunciato un piano straordinario per l’immissione in ruolo di 1.600 ricercatori universitari; questo piano dovrebbe concretizzarsi attraverso un emendamento al Decreto Milleproroghe, riguardo il quale, questa settimana, la Commissione Bilancio esaminerà l’ammissibilità degli emendamenti. Negli stessi giorni, il neo Ministro dell’Università Gaetano Manfredi aveva rilanciato, in una intervista a Repubblica.it e all’inaugurazione dell’anno accademico del Politecnico di Torino, la necessità di un piano straordinario di reclutamento di RTD-B delle stesse dimensioni. Ad una settimana dalla chiusura della discussione sul decreto Milleproroghe restano a referto solo generiche dichiarazioni, ma non sono ancora noti i contorni di questo piano.
Si tratta di un piano che spalma l’assunzione di 1.600 ricercatori in cinque anni?
Se così fosse si parlerebbe di un piano in grado di assorbire, ogni anno, appena l'1,6% del fabbisogno reale negli atenei. Se questa fosse la proposta del Governo, sarebbe gravemente insufficiente, un pannicello freddo seguendo la retorica del consenso basato sul paternalismo, che avrebbe come effetto maggiore quello di reiterare la selvaggia guerra del tutti contro tutti che da troppi anni ormai si verifica negli atenei italiani.
Una logica che da sempre avversiamo.
Si tratta di un piano per l’assunzione di 1.600 ricercatori all’anno per 5 anni?
In questo caso staremmo parlando di un investimento in linea con i (pochi) fondi messi a disposizione degli atenei negli ultimi anni e che non avrebbe altro scopo se non quello di coprire, almeno in termini numerici, i pensionamenti annui. Una prospettiva decisamente limitata rispetto alle reali necessità del sistema universitario. Inoltre, l’ultimo piano bandito (Ministro Bussetti) era caratterizzato da numerose criticità: circa il 18% dei posti assegnati in base ai risultati VQR, un altro 18% premiava gli atenei che avevano reclutato RTD-b, entrambe pratiche che non considerano l’involuzione dell’organico di molti atenei schiacciati dalla riduzione dei fondi e dal continuo crescere della quota premiale nel FFO.
Cosa serve?
In tutti gli atenei i ricercatori combattono quotidianamente con il problema del precariato, reso una condizione strutturale dalla riforma Gelmini: essi sono costretti ad un percorso alternato tra lavoro non pagato e lavoro precario, mentre interi segmenti di didattica, soprattutto al Sud, sono stati soppressi e la definizione dei bisogni di ricerca e selezione del personale sono lasciati a regimi ben poco trasparenti.
Di fronte alla scarsa chiarezza delle dichiarazioni di questa settimana ribadiamo i contenuti che abbiamo espresso nella straordinaria mobilitazione nazionale del 9 gennaio, per mezzo della quale ricercatrici e ricercatori assieme alle studentesse e agli studenti hanno manifestato un netto dissenso all’assenza scellerata di risorse nella legge di bilancio 2020.
Da larghe parti della comunità accademica nell’ultimo anno è invece emersa una forte richiesta di revisione dei meccanismi più distorsivi introdotti a partire dalla legge 240/10: c’è bisogno urgente di un piano di 20.000 assunzioni, che si accompagni alla separazione delle progressioni di carriera dal nuovo reclutamento e al superamento della logica dei punti organico, riformando infine le forme contrattuali con la previsione di un pre-ruolo unico con tempi certi di immissione in ruolo e la previsione di un transitorio per i precari storici. L’ulteriore necessità è l’abolizione delle quote premiali di ripartizione delle risorse, riconoscendo che il sistema universitario italiano ha vissuto una fase di grave compressione e perdita di biodiversità della ricerca ed è ora urgente immettere ossigeno soprattutto nelle situazioni più in sofferenza.
Solo così si può invertire la rotta rispetto alla marginalizzazione del sistema accademico nel Paese, fermare la fuga all’estero di molti ricercatori e si può porre fine politicamente all’umiliazione di intere generazioni che oggi reggono il sistema di didattica e di ricerca italiano, che sono l’orgoglio dell’intelligenza del nostro Paese in Europa e nel mondo.
Chiediamo ai membri della Commissione Bilancio della Camera di farsi carico delle nostre ragioni.
FLC CGIL Nazionale
ADI - Associazione Dottorandi e Dottori di Ricerca in Italia
Ricercatori Determinati